Intervista a Francesca Puglisi

Francesca Puglisi











I problemi che i nidi e la scuola d'infanzia stanno attraversando sono molti e sono complessi. Vedendo il servizio da vicino, dall'osservatorio del comune, si
colgono le difficoltà che il patto di stabilità e il groviglio normativo stanno costringono tanto spesso ad esternalizzare. Se lo sguardo lo allarghiamo al panorama nazionale si colgono molti, moltissimi altri problemi. Elencarli tutti quasi spaventa, cerchiamo con sintesi di vederne alcuni. Partiamo dai nidi: ad una legge nazionale la 1044 che determina le linee generali, si irradiano leggi regionali che specificano i termini di organizzazione e gestione. Molte di questi leggi risalgono agli anni '70 e non riescono a cogliere le grandi trasformazioni che il servizio ha vissuto in 40 anni di attività. Lo Stato non finanzia nel 2011 per intenderci, l'investimento è stato uno zero tondo. L'Europa ci ha chiesto di dare una copertura di almeno il 33% per i nidi, ci attestiamo al 23%, ci è stato  chiesto di diffondere il lavoro femminile al 60%, siamo al 45% e di dare scuola dell'infanzia al 90%. Qui siamo bravi e andiamo a coprire con un 94%. Visto il quadro generale, incontriamo chi di nidi e scuole dell'infanzia se ne occupa: Francesca Puglisi responsabile nazionale della scuola per il Pd.


Se nulla cambia a cosa si andrà incontro?
Rischiamo di perdere un ottimo servizio costruito in tanti anni e da tanti saperi. Siamo di fronte ad un cambiamento che non possiamo ignorare, c'è un incremento democrafico nel centro e nel nord del paese. La conseguente è una crescita della domanda dei servizi sia per i nidi che per le scuole dell'infanzia. Questo dato ha portato per la prima volta dopo molto ad una lista d'attesa ad esempio in 'Emilia-Romagna una tra le regioni più virtuosi di oltre 1800 bambini per le scuole d'infanzia. I comuni sono ingessati in spese e gestione del personale. I servizi così non rispondono alla richiesta. Si va incontro ad una contrazione, ad un esternalizzazione e a un pericoloso abbassamento della qualità. Il genitore che non trova risposta in un buon servizio, la cerca altrove e si basa sull'offerta di un mercato libero spesso non controllato. Sto parlando del privato non convenzionato.    

Quale dovrebbe essere la prima azione d'intervento?
Investire. Fare un piano d'investimento come quello fatto durante il governo Prodi nel 2007. Questo investimento dovrebbe essere pensato per raggiungere il 33% dettato dalla comunità europea, e per generalizzare il diritto alla scuola dell'infanzia, diritto  riconosciuto anche dalla legge e non rispettato. Si dovrebbero anche togliere i vincoli di spesa e gestione del personale posti agli enti.
Questi vincoli stratificati nel tempo hanno uno scopo?
Certo. Sono frutto di un governo di destra che pensa agli enti come qualcosa da tenere sotto controllo in fatto di spesa. Le normative sono state pensate come se tutti gli enti fossero mal gestiti così non è. Oggi chi i soldi li ha amministrati bene si trova con le mani legate e deve rendere i capitali allo Stato. Il risultato ultimo è che si è costretti ad esternalizzare per non chiudere.
Francesco Errani consigliere del Pd a Bologna ha proposto di investire i capitali sottratti all'evasione fiscale nei servizi educativi e nella scuola. Idea poi sposata da lei e portata su scala nazionale. A che punto è questo passaggio?
Fermo, l'attuale governo non sta investendo nella scuola. Il recupero dell'evasione fiscale è andato a risanare il debito pubblico. Purtroppo le scelte di tipo economiche, come quelle che sta facendo il governo, sono scelte politiche, e queste scelte non vedono la scuola o i servizi come un investimento di rilancio per l'economia.
L'associazione pari e dispare si sta battendo con una certa perseveranza su una questione delicata: i capitali recuperati dal ritardato pensionamento delle donne impiegate nella  amministrazione pubblica, avrebbe dovuto essere impiegato per aprire nuovi nidi aziendali per i bambini delle dipendenti, andando così a favorire la conciliazione di tempo lavoro e famiglia. Che fine hanno fatto quei soldi? E perché non se ne parla?      
Noi del Pd abbiamo interrogato più volte il governo sulla questione. Le risposte sono state parziali. I soldi recuperati sono andati a risanare il debito pubblico e le donne e i nidi devono aspettare.
La partecipazione della famiglia è molto richiesta a tutti i convegni, un canale sempre aperto teoricamente e che nelle vie di fatto è poco praticata. Anche durante dal Pd durante il convegno tenutosi a Torino la famiglia è stata chiamata alla partecipare. Come dovrebbe partecipare? In che forma? A che livello? 
Le famiglie hanno una tradizione storica di partecipazione fin dalla nascita del servizio. I nidi sono nati dalla volontà popolare e dalla forza politica delle amministrazioni. Oggi i genitori dovrebbero tornare a partecipare per esprimersi sugli standar qualitativi, su un percorso educativo del proprio figli. Abbiamo ripensato ad una legge  che veda unita l'età dello 0-6 anni e questa fascia dovrebbe allacciarsi ad un percorso educativo e partecipativo che vada a comprendere tutto il percorso scolastico dell'obbligo: Questo per riformulare anche una diversa suddivisione dei cicli scolastici. In Italia abbiamo un forte abbandono scolastico del 20% non possiamo permettercelo.
C'è una scollatura tra il pensiero di chi la scuola la fa e il pensiero dei genitori. I nidi per i tecnici hanno bisogno di un ripensamento strutturale e organico, i genitori sono preoccupati dalla massiccia esternalizzazione. Come mai questa focalizzazione differente del problema?
I comuni devono rispondere alle liste d'attesa per farlo, visti i problemi normativi e di capitale esternalizzano. I genitori che conoscono un ottimo sistema pubblico sono in dubbio. Le amministrazioni devono guadagnarsi la fiducia non solo come gestori diretti ma anche come governatori dei servizi pubblici e privati. Non si devono solo definire gli standar di qualità in termini di spazio arredo ecc ma c'è bisogno di pensarlo in termini di formazione del personale, e di un costante coordinamento pedagogico.
E la disparità dei contratti di lavoro tra educatrici o insegnanti del pubblico e del privato?
Certamente è un tema da rivedere e essere reso il più possibile trasparente.