Tre parole con Chiara Saraceno

Chiara Saraceno










Se lei è d'accordo, procederei con una specie di gioco. Dirò tre parole che riguardano tre temi, per ognuno di questi, vorrei ci raccontasse la realtà e quello che si dovrebbe fare per renderla migliore. Così mi rivolgo a Chiara Saraceno,sociologa di fama internazionale, che non ha certo bisogno di presentazioni. Partiamo con il gioco, le tre parole che si incatenano saldamente l'una all'altra e la Saraceno ci mostra, con narrazione sicura, il ritratto di un paese reale e molto poco romantico.

La prima parola è: Famiglia.  
La famiglia è un tema che si può affrontare da molti punti di vista, ma facciamo così, partiamo da un fatto: l'Italia ha retto bene l'impatto con la crisi, grazie alla famiglia. Oggi però questi soggetti sono in grandissima difficoltà. Difficoltà dovute a questioni ben note e a tutti. I dati Istat rivelano un incremento delle povertà assoluta e relativa, ed evidenziano un aumento esponenziale dal 2010. Le famiglie oggi hanno poco da ridistribuire e hanno intaccato i risparmi. Questo affanno ha messo in luce la debolezza del sistema. Abbiamo pochissimi ammortizzatori sociali e sempre meno servizi. Il sovraccaricato di lavoro e le troppe responsabilità hanno semplicemente esaurito le famiglie. Le politiche di sostengo poi sono spesso frammentarie e la frammentazione crea diseguaglianza. Faccio un esempio: qualche tempo fa il ministro Giovannini ha introdotto il redditto minimo (presente in molti paesi della CE) subito c'è stata una reazione dei sindacati che hanno chiesto maggior sostegno ai cassa integrati. E' solo un esempio. Ogni volta che si ipotizza un sostengo o un incentivo, c'è chi chiede attenzione rispetto al suo interesse specifico. Manca un approccio universalistico. Alle famiglie si è dato un grandissimo carico, senza tenere presente, ad esempio, le diversità che esistono tra famiglia a famiglia. Si pensa poi alla famiglia basata su un modello tradizionale, che oggi non risponde più alla "normalità". Manca poi una tutela legale che riconosca le famiglie nella sua complessità.  La Corte Europea ci multa spesso per queste mancanze. Qualcosa è stato fatto ma c'è ancora molto da fare.
Veniamo ora alla seconda parola che è: Donna
Per le donne il problema non è tanto legale, anche se rispetto all'attuale legge elettorale in discussione, tra i tanti aspetti critici, ce n'è uno che voglio citare. Nella proposta si inserire la necessità di introdurre il 50% di presenza femminili, si stabilisce che nelle liste non ci possono essere più di due persone dello stesso sesso di fila. (es: a uomo e uomo deve seguire donna o viceversa) . Le liste però devono essere brevi e composte al massimo da tre persone. La possibilità che le liste si compongano da due uomini in testa, e una donna in coda, mi pare realistica. Detto questo, penso che in generale, dovremmo fare più attenzione all'uso delle parole. Ad esempio perché non parliamo di diminuire le quote blu invece di aumentare quelle rosa? Sono due modi di dire la stessa cosa, ma così si ribalta la prospettiva. Ci sono troppi uomini non poche donne! Cerchiamo di andare dietro le apparenze o i luoghi comuni. Togliere i servizi ha precise ripercussione, significa aumentare il carico di lavoro di cura, oggi sulle spalle delle donne. Taglio un servizio qua, un nido là... scelte sporadica, ma solo in apparenza. Faccio un altro esempio: quando chiude l'ElettroLux, situazione gravissima non voglio certo sminuire, tutti ne parlano, è una notizia. Quando chiude un servizio, si tratta di pochi posti di lavoro e in fondo, c'è la convinzione che si tratta di un lusso che non possiamo più permetterci. I sindacati poi non si occupano più di tanto del tema perché non è evocativo, si occupano preferibilmente di pensioni o dei lavoratori di fabbrica. Per troppi motivi il tema non riesce a conquistare e ad emergere a livello Nazionale.    
E' arrivato il momento di introdurre la terza e ultima parola: infanzia
Abbiamo pochi bambini e investiamo pochissimo sull'infanzia. Chiudono servizi e tagliano il tempo pieno della scuola. Queste sono scelte politiche che non sono certo di investimento. Poi dobbiamo fare i conti con una mentalità diffusa, nel nostro paese, è radicata la convinzione che se la mamma lavora, il bambino soffre. In pratica succede che se la mamma non potrà occuparsi del bambino direttamente lo farà la nonna. Così torniamo al discorso di partenza. Le nonne sono sempre più occupate dal lavoro e se è vero che si dedicano sempre più spesso dei nipoti, lo fanno per meno ore al giorno.C'è poi da riconoscere che un servizio poco diffuso, come lo sono i nidi, soprattutto nel mezzogiorno, porta a fare meno domande d'accesso, meno domande, significa giustificare possibili chiusure su un servizio già poco radicato. Si tratta di un ciclo vizioso davvero poco virtuoso.