Il 25 aprile nei ricordi di una bambina










Mia madre è del '40 ricorda poco della guerra. E' cresciuta in un piccolo paese sul lago di Como vicino al confine svizzero. Mio nonno per portare a casa la "pagnotta" si inventava di tutto, dalla pesca di frodo notturna, alla raccolta di legna e sopratutto "portava il sacco". Faceva contrabbando di merci oltre confine con riso e farina, materie che al mercato nero venivano pagate bene. Tutto sommato tra giochi e piccole attività casalinghe, l'infanzia di mia madre non ha subito grandi traumi... eppure la fine della guerra la ricorda molto bene. "Nel cuore della notte si sentono le sirene e gli aerei passano sopra i nostri tetti. Mio padre mi svegliò era agitato come non l'avevo mai visto, mi prese in braccio e trascinò mia madre fuori da casa. Il cielo era illuminato a giorno e tutti
erano fuori da casa, chi con sacchi, chi in sottana... non si capiva cosa stesse succedendo, eravamo soliti svegliarci con le sirene che suonavano durante i bombardamenti, ma quella notte c'era un movimento eccezionale. Molti si erano radunati in piazza che era poco distante da casa nostra. Mio zio Piero, che viveva con noi, si era voltato dall'altra parte, non voleva sapere di alzarsi, era tornato da poco dalla Germania e ormai non gli faceva più paura niente nemmeno delle bombe. Non capivo la sua indifferenza mentre tutto intorno a noi si muoveva rapidamente. Sentivano il fragore degli aerei Pippo che perlustravano la zona in cerca di cosa? Generalmente andavano verso la ferrovia a bombardare, che era sull'altra sponda del lago. Noi correvamo veloci su per le montagne diretti al confine, c'erano molti punti dove si poteva passare senza varcare la frontiera e mio padre li conosceva tutti e molto bene. Quella notte durò il tempo di un soffio e fu anche lunghissima. Solo la mattina dopo,  sapemmo cosa era successo: Benito Mussolini era stato catturato poco lontano a Dongo. Ancora non avevamo notizia se l'avessero ammazzato, e a me poco importava, volevo solo tornare a casa per ritrovare la bambola che mi aveva cucito mia zia". Era il 27 aprile del 1945 quando i partigiani, riuscirono a intercettare la fuga disperata di Mussolini, dell'amante Claretta Petacci insieme al "bottino", un vero tesoro, che è passato alla storia come "l'oro di Dongo". Un tesoro che non fu mai ritrovato e sparì insieme a tanti documenti. "Noi bambini dopo quella notte, passavamo interi pomeriggi dopo la scuola a ricercare l'oro nelle acque del lago, per noi era un bel gioco." Ci sono ancora molti misteri intorno a quei giorni e al tesoro che non fu mai trovato. E ancora oggi c'è chi lo cerca nelle scure acque del Lario che difficilmente restituiscono qualcosa dopo averlo inghiottito.