Lettera di un'educatrice: anticipare fa male

BolognaNidi














Cara BolognaNidi,
Sono educatrice di nido e per vent'anni ho avuto al fortuna di lavorare sotto la guida attenta e competente del pedagogista Lorenzo Campioni a Riccione. Ho lavorato con passione e tentato sempre di integrare e accogliere i genitori. Gli ultimi anni li ho trascorsi a Rimini  dove in alcuni nidi abbiamo avviato un progetto di accoglienza dedicato alle famiglie. Ogni settimana ospitavano per un giorno un genitore, se riuscivano ad esserci entrambi meglio ancora. Loro passavano un giorno con noi, fino al momento del pasto quando mangiavamo tutti insieme. Finita la giornata chiedevamo di lasciare testimonianza con appunti scritti, o fotografie o disegni, per raccontarci la loro esperienza. E' stato un progetto faticoso ma ha dato risultati straordinari. L'unica cosa che chiedevamo era la presenza tutti i genitori a turno. Non ci sono mai stati particolari problemi, anzi, le famiglie erano entusiaste e i bambini contenti. Il vostro post Cosa ha da  insegnare il nido alla scuola? mi ha fatto riflettere e vorrei che questa lettera, proseguisse il ragionamento, seguendo però, un'altra
strada. Personalmente credo che troppo spesso, sia nei nidi che nelle scuole d'infanzia, ci sia la volontà di anticipare saperi e competenze. E' una tendenza diffusa che crea non pochi problemi. Alcune colleghe del nido insegnano ai piccoli tutto sui colori e capitava anche che quegli stessi bambini facciano fatica, a tre anni, a separarsi in modo sereno dai genitori, o non sappiano aspettare. Ci sono alcune competenze, che al nido si dovrebbero acquisire e sono fondamentali per proseguire il percorso formativo successivo. I colori, la seconda lingua, possono aspettare! Al nido non sono importanti le cose che il bambino fa o non fa. Non è importante il bel disegno da appendere alla parete, o andare in giardino. E' più importante la strada che il bambino ha intrapreso per tracciare  il disegno, o tutte le azioni che deve svolgere in autonomia per prepararsi ad uscire in giardino: togliere le scarpe, prendere e infilare gli stivalini ecc ecc. Questa tendenza ad anticipare non diminuisce alla scuola d'infanzia, dove spesso si fa pre-scrittura. Ma prima di imparare a scrivere è più importante fare motricità. Se il bambino impara a muoversi con competenza nello spazio, non avrà difficoltà a compilare le schede che chiedono di indicare dove collocare gli oggetti: sopra, sotto, dietro il banco, o a tracciare la manino sul foglio ... Insomma sia al nido ed alla scuola dell'infanzia credo importante anche la pedagogia dell'ozio, alcuni momenti non organizzati in cui il bambino si organizza in autonomia ed invece noi organizziamo ogni attimo. Questo è quello che ho potuto vedere personalmente. Per il resto del percorso scolastico ho la testimonianza di una parente che ha insegnato alle medie per molti anni. Mi diceva sempre "Arrivano a scuola senza sapere le 4 operazioni che sono le sole cose importanti da imparare alle elementari"  E invece sapevano di tutto un po' e male. I ragazzi arrivano alle medie, e oltre, senza saper scrivere testi semplici o fare le 4 operazioni. Quanti dislessici e disgrafici stiamo creando a forza di prescrittura?
Oggi possono fare liberamente tutte queste considerazioni. Purtroppo non lavoro più al nido. E' stata una scelta sofferta, ma con ernie discali, non me la sentivo più di stare con i bambini. Non riuscivo a lavorare come avrei voluto, non potevo più prenderli in braccio, o stare con loro seduta sul tappetone. Ho lasciato consapevole di non poter più reggere questo impegno. Sono passata a lavorare in un ufficio. Qui si lavora ma certo la fatica fisica non è paragonabile e e finito l'orario, spengo il PC, e basta! Fino al giorno dopo al lavoro non penso più. Al nido è vero che si hanno due mesi di riposo, ma il lavoro durante l'anno non finisce mai. Quando uscivo dal nido ero sempre affaccendata a progettare nuovi percorsi e attività da proporre ai bambini. Certo questo accade quando svolgi il lavori con amore e passione, l'unico modo per stare davvero con i bambini.                      
Riccarda Rastelli