Maleducati o educati male? Parola all'autrice Isabella Milani




















Intervista a... E' un libro semplice, diretto ed estremamente chiaro. Maleducati o Educati male?  (Vallardi Editore) indaga a tutto tondo il tema dell'educazione. Non lo fa in modo astratto, ma con esempi pratici e citando esperienze dirette e vissute in classe. Isabella Milani è l'autrice e non fa sconti a nessuno: non ai genitori, non alla scuola non ai colleghi. Il libro indaga la nostra società e la scuola per arrivare a capire come stiamo educando la nuova generazione. Per certi aspetti è una lunga lezione, mai noiosa, a volte difficile da "digerire" perché coinvolge emotivamente, fa riflettere e mostra delle cose su cui non vorremmo posare lo sguardo. Vale la pena di essere letto, consultato e riletto, perché ha la rara capacità di individuare i tanti problemi sull'educazione, che incontriamo nel vivere quotidiano, dentro e fuori dalla scuola. Oggi incontriamo l'autrice per parlarne. (Il libro potete acquistarlo qui)



Educare. Cosa è cambiato rispetto al passato?

È cambiato tutto: prima degli anni ‘80/’90 l’idea su come i figli dovessero comportarsi era diffusa e, giusta o sbagliata che fosse, era la stessa che i bambini trovavano a casa, a scuola e anche per strada, e comunque si basava su Valori condivisi: l'onestà, la lealtà, il senso del dovere, la gentilezza, il rispetto. Oggi il mondo economico influenza i genitori e di riflesso i figli e li spinge a diventare consumatori acritici e a crescere bambini viziati, anche loro consumatori acritici, mossi non da Valori, ma da interessi economici.

A chi è rivolto "Maleducati o educati male"?

È rivolto ai genitori, agli insegnanti, a tutti coloro che si occupano in qualche modo di educazione, ma anche a quelli che osservano dal di fuori la Scuola e gli insegnanti e si permettono di giudicare, tirandosi fuori dal problema; e a quelli che chiamano i ragazzi “maleducati, fannulloni, ecc. “mentre sono stati soltanto “educati male”, dagli adulti di questo tipo di società.

Nel libro individua cosa è giusto insegnare ai bambini: il rispetto, la responsabilità, la tolleranza...Chi deve insegnare questi valori?

Prima di tutto i genitori. I bambini dovrebbero arrivare alla scuola d'infanzia avendo chiari almeno due concetti: il primo è "non puoi fare quello che vuoi". Da questo derivano “se non è tuo devi chiedere se puoi usarlo”, “devi dire 'grazie, per favore', “devi fare quello che ti dice la maestra”; “non devi andare dove vuoi”, ecc. Il secondo concetto è “non si deve picchiare”. Troppi bambini ricevono ceffoni quando sbagliano. A troppi bambini viene permesso – a casa- di usare le mani per ottenere quello che vogliono. Anche contro i genitori.
Naturalmente il lavoro educativo dei genitori deve continuare, aggiungendo, man mano che il bambino cresce, il concetto che “quando si sbaglia ´normale essere rimproverati”.

Consiglia di rimproverare?   
Suggerisco un deciso ritorno al rimprovero, che è indispensabile per insegnare al bambino qual è la strada giusta. E soprattutto, suggerisco ai genitori di non accontentare i bambini su tutto, soprattutto quando fanno i capricci.

Gli insegnanti che compito hanno? 
Agli insegnanti tocca il compito di insegnare i Valori all’interno di una comunità più grande. Ma non possono e non devono svolgere il compito che è dei genitori.

Nel suo libro scrive che la rivoluzione del '68 ha portato un profondo ripensamento delle scuola. Per la prima volta i genitori e gli studenti possono discutere con gli insegnanti durante il consiglio di classe e di Istituto. Cosa rimane oggi di quel modello di partecipazione? E' ancora valido?

Credo che il ’68 sia stato molto importante e che fosse necessario permettere a studenti e genitori di partecipare attivamente alla vita scolastica. Purtroppo questo tentativo si è dimostrato - nel tempo - soltanto un modo per i genitori di protestare, e di accusare e di pretendere dalla scuola anche quello che dovrebbe essere compito della famiglia. Molto raramente i genitori sono propositivi e collaborativi con gli insegnanti. E questa è decisamente una conseguenza negativa che andrebbe rivista.

Nel testo "Maleducati o educati male?" scrive che la scuola dovrebbe avere più fondi. Se lei avesse potere e avesse tanti finanziamenti da investire nella scuola: da dove comincerebbe? dalle strutture? dalla formazione degli insegnanti? dal sostegno?

Il discorso è lungo, ma credo che comincerei dal ridurre molto il numero di alunni per classe, che non dovrebbero superare i 15 alunni; dal ridurre la mole di burocrazia permettendo finalmente agli insegnanti di dedicare tutto il tempo agli alunni, senza perdere tempo in attività che nulla hanno a che vedere con la didattica; aggiungerei personale, perché la riduzione di maestri e professori è stata un disastro per la scuola. E naturalmente metterei a norma gli edifici scolastici e renderei più accoglienti tutte le scuole.

Scrive ancora: a scuola ci sono pochi insegnanti "fannulloni" e questi andrebbero allontanati. Come individuarli e allontanarli? E come valutare in generale gli insegnanti?

Come individuarli? È semplice: in ogni scuola tutti sanno chi sono i cattivi insegnanti. Lo sanno i dirigenti e lo sanno i colleghi. Ma attualmente i pochi cattivi insegnanti non possono essere mandati a casa in nessun modo, neanche se il dirigente chiama un ispettore. L'ispettore viene, verifica, fa una relazione, se ne va e non accade nulla. Spesso l’unica soluzione che viene trovata è quella di “mandarli a fare danni in un’altra scuola”, e così via, di scuola in scuola. Questo i genitori dovrebbero saperlo. Invece lo Stato dovrebbe licenziare chi palesemente non fa il suo dovere. E non sono gli i genitori quelli che devono decidere, ma gli ispettori, chiamati dai dirigenti per casi gravi. Ma il problema sta a monte: perché non c’è una selezione già all’università? Perché non si verifica se chi vuole entrare nella scuola ha i requisiti necessari a un lavoro così delicato?