Educazione di genere? Partiamo dal nido


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Parola a…  Scosse è un'associazione giovane eppure conta già a suo credito tantissime iniziative condotte dentro e fuori le scuole. Tutte le attività mirano a contrastare le discriminazioni di genere.

Per farvi un'idea più precisa potete scorrere il sito da qui. Molte iniziative si concentrano sull'educazione e sulla primissima infanzia.

"E' fondamentale - ci spiega Sara Marini vicepresidente dell'associazione- partire dai bambini piccoli e fare formazione fin dal nido per proseguire alla scuola d'infanzia".

Oggi abbiamo incontrato Marini per parlare di genere e formazione, di educazione e pedagogia, di infanzia e genitorialità per poi approdare alla politica e all'economia.



Come nasce scosse e perché?

Nasce da un'esigenza pratica: portare il sapere teorico della cultura di genere alla prassi quotidiana. Ci siamo associati nel 2011 in una start-up universitaria che raggruppava diversi professionisti. Inizialmente pochi di noi si occupano di educazione, ma abbiamo capito fin da subito, che era un momento evolutivo strategico su cui investire.


Perché strategico?

Perché è importante che ci siano adulti competenti e ben formati e perché educare bambini così piccoli restituisce risultati molto solidi. Il gender è un tema molto delicato, complesso e trasversale a molti saperi.


Come si deve intervenire per avere buoni risultati?

E' fondamentale fare formazione continua agli adulti che operano con i bambini, sostenere i genitori e fare attività con i bambini. E' importante però precisare che un corso, un aggiornamento, ogni tanto non possono bastare. I preconcetti che ci "portiamo dietro" per cultura, per formazione, per tradizione, sono tanti e si manifestano nei modi più svariati.


Ad esempio come?

Ad esempio verbalmente con commenti del tipo "Se piangi sembri una femminuccia" oppure con azioni concrete: scegliere di fare molte attività motorie per i maschi solo perché sono maschi.


Noi adulti cosa dovremmo fare?

Il primo passo è riconoscere i nostri preconcetti, gli steriotipi che fanno parte della nostra cultura per poi imparare a conviverci in modo sereno, senza giudizio.


I preconcetti iniziano dal nido?

Direi che normalmente al nido non ci sono grossi problemi. Sia i genitori che gli educatori propongono ai bambini e alla bambine gli stessi giochi e attività. Si rivolgono a loro allo stesso modo. Le differenze e le difficoltà emergono alla scuola d'infanzia.


Cosa succede alla scuola d'infanzia?

Il bambino forma la sua identità sessuale. Faccio un esempio: se la bambina che frequenta il nido di fronte alla nascita commenta con frasi del tipo "Mio fratello ha il pisellino, poi me lo presta" alla scuola d'infanzia questo ragionamento non c'è più. Il bambino e la bambina scoprono il loro corpo e lo confrontano con gli altri bambini stabilendo le differenze fisiche. Alla scoperta del corpo segue la "catalogazione" dei comportamenti legati alle differenze di genere. Gli adulti a questo punto rafforzano restituendo un'immagine steriotipata del genere.


Le maestre cosa "sbagliano"?

Spesso commentano e giustificano certi comportamenti in base al sesso.


Ad esempio?

Con frasi del tipo: è un maschio quindi picchia...


E i genitori?

Il nostro retaggio culturale non riguarda solo gli insegnanti ma anche i genitori.


In genere le mamme dei maschi sono più permissive?

Si, questo succede sempre per una questione culturale. Se pensiamo che i maschi facciano più a botte, siano più semplici, li educhiamo di conseguenza. Senza aiutarli ad individuare o esprimere i sentimenti e le emozioni.


A cosa porta un'educazione di questo tipo?

Può portare ad adulti incapaci di gestire sentimenti e relazioni.


Vi basate su teorie pedagogie consolidate?

Si, come ad esempio quella di Reggio Emilia che ci insegna che alla domanda del bambino noi adulti rispondiamo con tanti esempi, non con uno, perché il mondo è complesso.


E quindi?

Quindi un maschio non è per forza un bambino che gioca a pallone e fa a botte, così come una bambina non è per forza bella come una principessa.
Avete altri metodi educativi di riferimento?

Molti. Ad esempio la pedagogia dell'ascolto della Ginzburg, che ci insegna che se ascolto il bambino non proporrò a lui la macchinina e a lei la bambola, solo perché sono maschio e femmina. Imparerò a proporre quel che piace, per offrire, lo strumento più adatto allo sviluppo di quel particolare bambino e bambina.


Quanto è diffusa oggi la formazione alle differenze di genere nelle scuole?

E' discontinua, dipende delle scelte dei singoli comuni.


A che punto è il disegno di legge sull'educazione di genere nella scuole?

E' ancora una proposta. Il Ministro Fedeli ha annunciato di voler concertare un tavolo di confronto con istituzioni e associazioni, ma siamo ancora alla teoria. Per ora noi soggetti privati, abbiamo istituito una rete di associazioni che da nord a sud si muove in questa direzione.


La rete si chiama?

Educare alla differenze, sempre a livello nazionale abbiamo istituito un osservatorio che si chiama Leggere senza Steriotipi. Da qui portiamo avanti un altro incredibile e potente strumento di educazione: quello della lettura. Uno strumento eccezionale quando è concepito da illustrazioni e una scrittura qualitativamente alta.

Laura Branca