L'educazione non è una pillola che si prende ogni tanto...












 


Intervista a  Questa settimana abbiamo registrato due notizie di gravi violenze tra i minori. Una a scuola e l'altra al nido. Le immagini dei tre studenti, minorenni, di un istituto tecnico di Lucca che umiliano il professore, sono negli occhi di tutti. Il lancio della ciabatta in testa ad un bambino, al nido di Gavirate, è un'altra immagine che rimarrà impressa nelle nostre menti, almeno fino al prossimo al nuovo "caso" di violenza. Cosa sta succedendo? Secondo Prisciandaro occorre  fare educazione e usare la pedagogia come medicina. Ma mi avverte fin da subito "non è una pillola che si può dare una volta ogni tanto". Oggi incontro il pedagogista Alessandro Prisciandaro di Apei (Associazione pedagogisti educatori italiani).



Violenza al nido di Gavirate. Violenza alla scuola di Lucca: due facce dello stesso problema?

Ogni violenza ha una sua storia, una sua origine e una sua crescita. Ogni situazione è diversa. La storia va ricercata nel contesto in cui si sviluppa. Non sono mai cose che capitano dall'oggi al domani. Hanno un'evoluzione.


Che tipo di evoluzione?

Il fenomeno va ricercato nel contesto e dobbiamo indagarlo. E chiederci: che rapporti c'erano con i genitori? Come si stava in classe? Cosa si faceva? Che tipo di routine c'era durante la giornata? Quali controlli si facevano? Quale formazione aveva l'insegnate? Dovremmo conoscere e verificare tutte queste componenti e altre ancora per capire davvero le cause.

Come dovrebbe essere un buon contesto educativo?

Aperto, con grandi finestre che si affacciano al mondo, con continue relazioni con i genitori, con i colleghi, con i pedagogisti. Le relazione con i genitori non dovrebbero fermarsi al solo scambio d'informazione sulla cura: ha mangiato, ha dormito...Il dialogo e il confronto dovrebbe essere costruito su una relazione profonda e duratura.

La violenza a scuola non è da condannare?

E chi ha detto questo? No, educatori e insegnanti, così come studenti, che picchiano a scuola vanno condannati, allontanati subito e per sempre!


Condannati e allontanati però…

Però dobbiamo cercare di capire le cause. Se il sistema c'è, se tutte le procedure funzionano, queste cose non succedono. Non succedono non per una strana magia, ma perché la maestra in difficoltà, in un contesto dove tutto funziona, chiede aiuto.

Episodi di violenza accadono in contesti isolati e trascurati?

Si, la pedagogia non lavora mai da sola. La pedagogia e l'educazione si basano sulla relazione e il confronto continuo tra le persone. Se formiamo maestre e educatrici, se diamo al loro lavoro un senso profondo, se c'è un equipe con cui confrontarsi, se c'è buon coordinamento pedagogico, allora stress e depressione si individuano prima e si interviene tempestivamente.

Nel caso di Gavirate l'educatrice lavoravano in un nido famiglia

Quando le tagesmutter hanno tentato di aprire a Palermo hanno trovato la mia ferma opposizione. Cosa significa mandare un bambino da una signora, in un luogo isolato e chiuso, come può essere un appartamento? Si favoriscono situazioni di isolamento e trascuratezza che possono sfociare in violenza.

Secondo lei nella scuole manca educazione perché?

Perché la mia generazione, io ho più di 60 anni, si è scordata di educare i figli. Non li abbiamo educati alla democrazia, al senso della partecipazione, al bene comune, ai diritti... Abbiamo dato tutto per scontato che le nostre conquiste sarebbero state le loro. Noi facciamo così, abbiamo pensato, faranno così anche i nostri figli.

Detta così pare che il dilagare di violenza sia "colpa" dei nuovi genitori che a loro volta sono stati figli non educati…

Non sono in cerca di colpe. Cerco solo di descrivere la realtà che vedo. Quello che mi preme sottolineare è che dobbiamo educare tutti i giorni non una volta ogni tanto! Educare significa anche "inventare" tutti i giorni. Restituire alle cose che facciamo un senso profondo e radicato nel presente. Su questo gli insegnati avrebbero bisogno di tanta formazione continua e invece...

E invece?

Invece spesso si formano gli insegnanti a riconoscere i "casi" psichiatrici o ad individuare le patologie. Così si guarda a quell'incredibile miracolo di dio, che sono i bambini, come ad un problema da risolvere. Così si sottrae alla pedagogia il proprio lavoro: prendere spunto da una situazione anche difficile e problematica, per educare. e non per incasellare il bambino in una patologia.


Laura Branca