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kevinrosseel |
Molto si discute attorno al tema della fondazione. Un tema
entrato nella cronaca dei quotidiani da quando Modena per difficoltà
varie, ha creato Cresci@mo, una fondazione
partecipata per gestire 4
scuole dell'infanzia. Le difficoltà che sta vivendo Modena non sono
isolante al contesto locale, anzi riguardano molte realtà città sul
territorio nazionale, sia per la gestione delle scuole dell'infanzia
sia per la gestione dei nidi. La fondazione è un bene o un male? La
questione sembra andare avanti per contrapposizioni, ma non è così semplice e il tema richiede attenzione. La fondazione in
sé è uno strumento che può essere "riempito" di diversi
contenuti. Per chiarire una serie di punti abbiamo interpellato
il professor dell'università di Trento Alceste Santuari che ha gentilmente risposto.
Per quali caratteristiche si distingue la
fondazione partecipata dalle altre fondazioni?
Questo è presto detto, la fondazione partecipata
nasce con più fondatori. Ciò che comunemente intendiamo per
fondazione è quel soggetto che gestisce un lascito di tipo
testamentario o di tipo patrimoniale.
La fondazione partecipata invece ha più soggetti che la
costituiscono. I fondatori possono essere pubblici, privati o più
facilmente un misti tra i due. Come la si organizza, quali tipo di
soggetti la costituiscono e con che scopo, sono scelte decise
nell'atto costitutivo.
Tra i sindacati e non solo, c'è molto
preoccupazione sul fatto che la fondazione possa nascere pubblica e
subisca una scalata da parte dei privati senza troppi controlli. Può
verificarsi?
Spesso si confondono i piani. La fondazione è
privata in termini di diritto e risponde a scopi di pubblica utilità.
Lo statuto è il confine entro cui ci si muove. Se lo statuto
prevede solo soggetti pubblici la fondazione rimane tale, senza che
alcun soggetto privato possa tentare una scalata. L'importante è
stabilire i fondatori, i beni mobili, immobili, patrimoniali
e lo scopo per cui si lavora. Il tutto è scritto nello statuto.
Non è una novità che i servizi alla persona
siano gestiti da soggetti altro rispetto al pubblico. Ci può fare
una cronistoria?
Storicamente i servizi socio educativi, sanitari e
in generale quelli rivolti alla persona, sono stati gestiti da
società senza scopo di lucro. Possiamo dire a grandi linee, che
queste società sono state regolamentate con la legge Crispi alla
fine '800. Le Opere Pie tanto per citare, hanno gestito per
lungo tempo questi servizi. Poi si sono istituiti i servizi sanitari
statali e precisamente nel 1978. L'accesso è stato a quel punto di
tipo universalistico. Ciò non toglie che i servizi erogati da altri
abbiano continuato ad esistere sotto forma di imprese sociali,
fondazioni... Quello che dovrebbe preoccupare nello scenario attuale
è che alcune pubbliche amministrazioni, hanno lasciato gestire i
servizi a soggetti che hanno assunto personale sottopagandolo.
Questo crea un abbassamento delle qualità. Mi sembra anche
che ci sia un'offerta rigida attorno ai servizi educativi, un'offerta
sorpassata, con orari fissi e giorni fissi. Questa rigidità è
tipica dell'ente pubblico. Ci si deve rendere conto che non esiste un
modello di famiglia, che lavora sempre in orari da ufficio, ci sono
molte altre esigenze. Dovremmo imparare a parlare non di famiglia, ma
di famiglie. Sono molte sono diverse e con esigenze svariate. Dare
una risposta diversificata è un buon modo di rispondere.
Può la fondazione partecipativa scavalcare il
patto di stabilità e i limiti di assunzione del personale?
Non è facile dare una risposta. Nella legge di
conversione si scrive che solo le aziende speciali che offrono un
servizio educativo o altri, stanno fuori dai vincoli del personale e
del patto di stabilità. La Corte dei conti dal suo è molto attenta
a forme di tentata elusione rispetto a questo tema. Mi viene da
rispondere con una domanda perché non pensare ad una gestione ai
servizi con aziende speciali?