Mirco Pieralisi lavora come maestro alla scuola primaria e ancor prima ha lavorato alla scuola d'infanzia. Il suo interesse politico al tema nasce al tempo dell'università all'interno di movimenti cittadini. Oggi siede in consiglio comunale e presiede la commissione scuola e istruzione.
Come si trova a
lavorare dall'altra parte della barricata, quindi dalla parte della
politica?
Mi
trovo in pieno conflitto di interessi, di sentimenti e di emozioni.
L'istruzione e l'educazione rappresenta non solo una grande parte dell'impegno di bilancio del Comune ma
decenni della mia vita. Non è facile governare la passione... o
almeno io in questo ho una pessima "cultura di governo"
I nidi e le scuole d'infanzia a gestione comunale si trovano in una
situazione di difficoltà senza precedenti, i problemi sono i soliti:
impossibilità a spendere e ad assumere. Quest'anno si è passati ad
una gestione asp per ovviare i vincoli normativi e si è arrivati ad
un'apertura straordinaria per 144 posti che andranno ad alleggerire
la lunga lista di quasi 400 bambini esclusi dalla scuola. Una
soluzione per tamponare. Vede a livello nazionale sono in atto delle
strategie per salvaguardare nidi e scuole con un progetto che guarda
al futuro?
La
situazione è molto grave ancora di più per questioni politiche che
economiche. Direi che ci troviamo di fronte ad gruppo di potere
(comprendendo in questo molta parte di chi aspira a governare il
paese) che per interesse o per incapacità, per lucido disegno o per
subalternità culturale, non ha un progetto di futuro proprio a
partire da dove il futuro si costruisce. La crisi esiste in tutta
Europa perché è la crisi di un modello economico sociale, ma in
alcuni paesi la scuola e le politiche per l'infanzia non sono state
oggetto di tagli che per qualità e quantità aggrediscono il patto
costituzionale sul diritto universale all'istruzione. Questo fa
ancora più male se pensiamo, ad esempio, a come abbiamo costruito
creativamente i nidi facendo tesoro delle esperienze dei paesi del
nord Europa e a quanto abbiamo insegnato a quegli stessi paesi che
cosa significhi una scuola dell'infanzia come primo ingresso nel
mondo dell'istruzione.
L'articolo 33 sta portando
avanti un referendum per chiedere ai cittadini bolognesi di
esprimersi sui finanziamenti alle scuole paritarie. Nel mentre
l'Amministrazione e il Partito democratico contestano il
referendum oltre al tema. Lei cosa pensa: è giusto porre la
questione ai cittadini? Sarebbe bene togliere i finanziamenti al
privato che garantiscono comunque dei posti?
Pur
avendo la consapevolezza che l'oggetto del referendum è una piccola
parte di un tema (anzi di un problema) molto più grande, vedo
l'utilità del referendum non per togliere qualcosa a qualcuno
(all'atto pratico alcune scuole private, senza i finanziamenti
comunali diretti, potrebbero aumentare le loro rette di qualche
decina di euro, ma le stesse scuole potrebbero concorrere
all'acquisizione di nuove risorse presentando progetti specifici e
sperimentazioni). Penso che ANCHE il referendum possa stimolare una
riflessione sull'intero sistema e sul tema della sussidiarietà, che,
in particolare nella scuola, non può essere sostitutiva del pubblico. Ma se non si riapre un reale processo partecipato
sull'intero sistema dell'educazione e dell'istruzione anche il
referendum sarebbe poca cosa. Io credo che ci sia una grande
necessità di riappropriarci dal basso, come comunità, dei preziosi
beni comuni. Le attuali convenzioni danno per scontato che stato e
comuni non riusciranno a garantire la quantità e la qualità della
richiesta di scuola comunale e statale. Non basta un referendum ma a
volte anche una piccola "pubblica espressione di opinione"
può servire per costruire un giusto ordine del giorno.
La voce dei cittadini sul tema scuola e nidi è molto attiva, oltre
al comitato cittadino di nidi e scuole che ha presieduto in udienza
conoscitiva di recente, ci sono anche l'articolo 33, già citato, e
l'osservatorio delle mensa che chiede da tempo udienza e confronto
con i gestori del servizio mensa Seribo. In un momento storico in cui
i partiti sono al minimo della popolarità. Secondo lei da queste
attività si potrebbero gettare fondamenta per una politica che tenga
presente i cittadini non solo nel momento del voto?
La
libertà è partecipazione, che è fatta di domande, osservazioni,
indignazione, protesta, rivendicazione, proposte, disponibilità e
pazienza. Sarebbe opportuno che tutte queste cose convivessero e che
la politica istituzionale smettesse di scegliere tra partecipazione
buona (costruzione di consenso) e cattiva (messa in discussione di
equilibri consolidati). Certo, a volte l'interlocutore, nella sua
anche legittima parzialità, non aiuta la politica istituzionale a...
ribellarsi a se stessa, ammesso che sia possibile. A volte invece ci
sono dei preziosi tentativi che vanno coltivati, come l'esperienza di
qualche anno fa del movimento di genitori e insegnati delle scuole
primarie o la vostra esperienza all'interno dei nidi e della scuola
dell'infanzia. Se permetti però, visto che avremo altre volte la
possibilità di tornate sui rapporti tra amministrazione e "popolo
della scuola", mi preme fare una considerazione sulla
costruzione partecipazione in un territorio... ad alta intensità
affettiva, dove i soggetti che si incontrano sono genitori,
insegnanti e "dade" che ruotano attorno alla crescita delle
bambini e dei bambini. Quello che mi è piaciuto osservando alcuni
incontri tra voi e le maestre, è stato il condividere uno spazio
comune di costruzione. Non è facile. Le bambini e i bambini che
abbiamo in casa come genitori non sono gli stessi che abbiamo in
sezione o in classe come insegnanti/educatori. Modi di vivere e modi
di vedere sono diversi e questo può alimentare l'umana tentazione di
"insegnare" l'uno all'altro il mestiere invece che
accettare fino in fondo l'irriducibile individualità e la graduale
separazione del bambino dalle proprie guide naturali e affettive. Lo
sforzo comune e la sfida della partecipazione è quello di costruire
un ambito e un ambiente dove le diverse sensibilità adulte
trasformano un prezioso "limite" ("il mio bambino", "il mio alunno") in una risorsa. Se questo patto funziona tra genitori e
chi fa scuola, si è molto più forti nel rapportarsi
all'amministrazione e alle sue fallibili regole e politiche, non solo
per far pesare il proprio voto ogni qualche anno ma per mettere
reciprocamente a disposizione i propri punti di vista. Non esiste una
formula magica che renda una regola più democratica di un'altra, in
astratto. Esistono modi per rendere le scelte politiche e
amministrative più consapevoli.