Professoressa Silvia Nicodemo: i beni di
interesse comune
Ringrazio
l’associazione Bologna nidi e la sua Presidente, che hanno promosso
e permesso a questa iniziativa di realizzarsi. E’ un esempio
concreto di come opera la sussidiarietà orizzontale. Una
associazione che decide di perseguire un interesse generale e mette a
disposizione le proprie risorse, le proprie competenze e conoscenze.
Si rivolge ad un soggetto pubblico, l’università e coinvolge enti
pubblici.
Così, è nata
l’odierna occasione, quale momento di sintesi e partenza della
riflessione sulla gestione dei servizi o-6
1. L’infanzia
Tradizionalmente,
parliamo di servizi per l’infanzia, servizi rivolti all’utenza
0-6 anni. Tali servizi perseguono un interesse generale, della
comunità,
della collettività
Utilizzare questa
locuzione, importa fare delle scelte.
Parlare di servizi,
significa pensare all’erogazione di una prestazione, attraverso
quindi un intervento positivo che comporta una spesa. D’altra
parte, lo stesso art. 31 Cost. prevede che la Repubblica (e quindi
tutti i soggetti, ai vari livelli di governo) deve proteggere
l’infanzia. Nella ricostruzione delle modalità di intervento, si
deve poi tenere conto del fatto che l’utente del servizio – il
bambino- non coincide con il soggetto che fa la domanda del servizio,
il genitore, sul quale ricade la scelta educativa, proprio per
previsione costituzionale.
Si tratta peraltro
di interventi preposti a soddisfare un interesse generale. Infatti,
seppure diretti di volta in volta all’utenza specifica- i bambini
nei primi anni di vita- sono intesi a perseguire una finalità che
non è solo interesse del singolo e della famiglia, ma è un
interesse della collettività.
Ed in questo senso è
orientata la stessa Unione Europea, che chiede espressamente agli
stati di “investire” nell’infanzia: si pensi alla
Raccomandazione della Commissione del 20 febbraio 2013, Investire
nell’infanzia per spezzare il circolo vizioso dello svantaggio
sociale. L’unione Europea ha ha il compito quello di proteggere
i diritti del’infanzia, quale momento essenziale per la promozione
del benessere dei cittadini. Per pervenire la trasmissione di
disuguaglianze da una generazione all’altra, l’Unione Europea
richiede un intervento precoce sull’infanzia, attraverso interventi
diretti all’inclusione ed al sostengo dei bambini e delle famiglie,
non solo attraverso approcci mirati, ma anche e soprattutto mediante
l’adozione di misure universali, destinate a tutti i minori.
La raccomandazione
si colloca nella strategia “Europa 2020”, in quanto la
prevenzione della trasmissione delle disuguaglianze da una
generazione all’altra, determina una “crescita intelligente
sostenibile e inclusiva, e genera vantaggi di lungo periodo per i
minori l’economia e per la società nel suo insieme”.
La Commissione è
anche consapevole che gli stati membri incontrano degli ostacoli
all’attuazione di politiche adeguate ed efficienti, hai diversi
livelli di governo, in considerazione degli sforzi di risanamento
delle finanze pubbliche imposte dai crescenti vincoli di bilancio.
Evidenzia tuttavia, che l’investimento nell’infanzia è
sicuramente meno oneroso per la spesa pubblica, piuttosto che
l’intervento successivo, all’atto della rimozione del disagio
sociale.
Tra i pilastri su
cui basare le strategie di intervento, viene indicato l’investimento
nei servizi di educazione ed i accoglienza della prima infanzia ,
attraverso la creazione di “servizi di educazione e accoglienza
per la prima infanzia inclusivi e di qualità”. Di conseguenza,
agli stati è chiesto l’impegno a vigilare affinchè l’offerta
dei servizi avvenga a costi sostenibili e secondo modalità adeguate
alle esigenze delle famiglia.
Dunque la
Raccomandazione della Commissione, individua nella “istruzione
prescolastica, inclusiva, di qualità a costi sostenibili”
uno degli strumenti per la creazione di condizioni di benessere
suggerisce interventi integrati, precisa che l'investimento in questo
settore, costituisce parte integrante di una strategia di uscita
dalla crisi attuale e di costruzione di un futuro per l’Europa.
D’altra parte, la
raccomandazione, nel collocarsi in modo coerente
ed organico nel sistema di cui alla
comunicazione della Commissione Europa 2020 del 3 marzo 2010,
recante “Una
strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva,”
individua nell’investimento nell’infanzia, uno srtumento per la
crescita:
le misure per la tutela e promozione dell’infanzia, già previste
dal nostro costituente, s collocano ne contesto del patto di
stabilità e crescita, che – fin da ora si può notare che -ai
vincoli affianca strumenti per promuovere la crescita.
Nell’ambito
dell’unione, si avverte quindi, un orientamento sicuramente in
controtendenza con i tagli dei servizi rivolti a infanzia,
educazione, famiglia e genitorialità
2. I beni di
interesse comune.
Entrano in gioco
beni materiali quali scuole, edifici scolastici, spazi verdi, aree
attrezzate, sedi di coinvolgimento per genitori e bambini, strumenti
per l’apprendimento (p.e.giocattoli) e beni immateriali, quali
l’educazione, la conoscenza, la cultura, che sono beni
costituzionali e per le quali la Costituzione prevede interventi di
tutela e di promozione.
Per perseguire
l’interesse generale e per offrire un servizio inclusivo, di
qualità ed a costi sostenibili, i beni strumentali devono essere
accessibili, il loro uso deve essere orientato al raggiungimento di
una finalità di intesse generale. Pertanto deve essere garantito
l’accesso e la fruizione da parte di tutti, ad un livello
quantomeno “standard”; la conservazione ; la riproduzione; la
trasmissione e la fruizione da parte delle generazioni future
Alla base della
attività di organizzazione e gestioni di questi beni vi è un
interesse generale, della comunità stanziata sul territorio,
composta dai cittadini presenti e futuri e quindi portatori di un
interesse comune. Si tratta di attività necessarie per assicurare
la piena attuazione dei principi fondanti la nostra Costituzione, ma
anche per dare attuazione a norme sovranazionale. Ci troviamo quindi
innanzi a beni strumentali al soddisfacimento di interessi della
comunità.
Se l’acquisizione
di conoscenze e l’accesso alla cultura si configurano quali
interessi individuali per l’elevazione morale della persona ed il
riconoscimento della sua dignità personale, pur tuttavia tale
processo ha una dimensione collettiva. Infatti, la dimensione
individuale non può che affermarsi all’interno di una società
capace di riconoscere il valore della persona come singolo, in
condizioni di uguaglianza. Pertanto, al fine di garantire il
permanere ed anzi, lo svilupparsi di condizioni tali da permettere la
piena affermazione della dignità umana, è interesse collettivo il
trasferimento
intergenerazionale della conoscenza, del sapere, che implica il
coinvolgimento dell’individuo fin dalla sua prima infanzia. La
conoscenza è allora bene di “interesse comune” comune di una
collettività, in quanto i singoli devono essere messi nelle
condizioni di acquisire e sviluppare un livello di conoscenza
adeguato per essere messi nelle condizioni di partecipare in modo
libero e dignitoso alla società. Poiché le esigenze sono quelle
della collettività, è alla collettività che si chiede un
intervento responsabile. Quindi, il bene comune “conoscenza” è
poi funzionale alla “qualità dell’esistere” e viene in rilievo
per il suo fine sociale.
Il perseguimento di
tali obiettivi presuppone attività tradizionalmente qualificate come
servizi di interesse generale.
Sotto questo
profilo, i soggetti chiamati a produrre e diffondere conoscenza
devono garantire l’offerta di prestazioni accessibili a tutti,
secondo un modello di equità, in un contesto globale. La fruizione
da parte di ciascuno non può essere concorrenziale, nel senso che
non può essere intesa ad escludere altri dall’accesso e dall’uso
del bene stesso.
3)
L’intervento pubblico e la partecipazione dei privati.
Dalla
lettura della Carta costituzionale emergono le competenze dei
soggetti della repubblica, ai vari livelli di governo. L’art. 117
Cost definisce le competenze legislative. Quindi, solo per accennare,
si ricorda lo spazio di competenza legislativa statale per fissare i
livelli standard, le norme generali sull’istruzione ed i principi
fondamentali; gli spazi per il legislatore regionale secondo la
giurisprudenza della Corte costituzionale. Per quanto riguarda
l’esercizio delle funzioni amministrative, l’art. 118 Cost.
richiede l’applicazione del principio di sussidiarietà verticale,
tenuto conto che tra le funzioni fondamentali degli enti locali (il
cui esercizio è obbligatorio per gli enti locali) vi sono oggi le
funzioni inerenti l’edilizia scolastica (per quanto non attribuito
alle province), l’organizzazione e gestione dei servizi
scolastici. I servizi 0-3 che sono propriamente educativi e non
scolastici, si possono comunque far rientrare tra le funzioni
interenti l’“organizzazione dei servizi pubblici di interesse
generale di ambito comunale”. Tale classificazione rileva anche
ai fini della copertura di spesa.
Quanto poi agli
strumenti di intervento, si deve ricordare che l’art. 31 Cost.
prevede l’intervento pubblico per proteggere infanzia e favorire
istituzioni a tale scopo; l’art. 33 Cost. prevede che la
repubblica istituisce scuole di ogni ordine e grado. Ammette quindi
l’intervento pubblico di gestione, ma poi, i commi successivi
introducono un intervento pubblico di regolazione. L’art. 34
prevede interventi pubblici finanziari a sostegno dei bisognosi e
meritevoli. L’art. 43 Cost. ammette l’intervento pubblico in
gestione diretta per lo svolgimento di attività di interesse
generale.
Rileva altresì
l’art. 41 Cost, in presenza di privati che agiscono nello
svolgimento delle loro attività economiche, rispetto ai quali è
previsto un intervento pubblico conformativo ai fini di tutelare
l’interesse generale. Quindi rileva l’art. 118 Cost. u.c.
relativo alla sussidiarietà orizzontale, che indica un modo diverso
di partecipazione da parte dei privati.
In questo quadro,
l’intervento pubblico diretto è necessario per tutelare beni
essenziali ed infungibili, quando altri non siano capaci di farlo, in
modo tale da soddisfare pienamente gli interessi generali. Si pensi
alle affermazioni del Procuratore presso la procura regionale per la
Campania, quando ha adottato provvedimento di archiviazione
(provvedimento del 13/5/2013, nel procedimento n.2O12|O3O26) rispetto
alla vicenda occorsa nel comune di Napoli, che nell’autunno 2012,
aveva proceduto alla assunzione di personale per garantire l’avvio
dell’anno scolastico, a dispetto dei vincoli di finanza pubblica.
E’ certo vero che la situazione di fatto era connotata da
specificità e straordinarietà. La determinazione del comune di
Napoli era stata assunta in condizioni di somma urgenza e di
temporaneità, teneva conto del particolare contesto del territorio
napoletano, quanto a offerta di servizi, domanda e relativa
incapacità di copertura dei bisogni, esigenza di arginare la
dispersione scolastica, considerato peraltro che la popolazione
utente era caratterizzata da condizioni economiche e sociali tali da
non poter consentire risposte diverse da quelle pubbliche ed in
assenza delle quali sarebbe compromesso il delicato equilibrio socio-
economico dell’intera comunità amministrata. Per l’effetto, la
giunta deliberava di concludere contratti a tempo determinato, nel
numero necessario all’atto di avvio dell’anno scolastico
2012-2013 e tali contratti venivano poi stipulati tra il settembre ed
il dicembre 2012. L’assunzione risultò giustificata da circostanze
eccezionali oltre al fatto che era già stato affidato il servizio di
refezione scolastica, per cui in mancanza di una ulteriore
integrazione di personale, la relativa spesa si sarebbe vanificata.
Nella operazione contabile, secondo la procura della corte dei
conti, la spesa è apparsa ridotta all’essenziale e
l’amministrazione comunale aveva prodotto un documento dal quale
risulta che – nell’ambito della manovra concernete il
riequilibrio finanziario- erano state adottate specifiche azioni per
soluzioni strutturali del problema contingente che si è dovuto
affrontare per l’anno scolastico 2013. In ogni caso, il decreto di
archiviazione valorizza la funzione che l’ente locale è chiamato a
svolgere per quanto riguarda l’offerta dei servizi in materia
scolastica rivolti a bambini di età compresa tra gli zero ed i sei
anni, qualificandoli come “servizi
infungibili ed essenziali”
(locuzione utilizzata anche per i servizi sociosanitaria, in
circolare della conferenza
delle regioni e delle province autonome 10/133/CR6/C1 del 18/11/10).
Dunque, ed in
concreto, assistiamo alla affermazione esplicata per cui i servizi
per l’infanzia hanno la funzione di tutelare beni essenziali per la
collettività. Le modalità di intervento vanno valutate in concreto,
in relazione alle specifiche esigenze del territorio e della
popolazione, con l’obiettivo comunque di garantire che sia fruibile
un servizio di educazione ed i accoglienza, inclusivo, di qualità ed
accessibile alle famiglie.
L’intervento del
privato è ammesso nell’esercizio della propria libertà economica
(art. 33 Cost ed art. 41 cost) , ma affiancato dall’intervento
pubblico conformativo, perché l’attività non sia mero valore di
scambio, ma sia orientata ed integrata al perseguimento della
finalità di interesse generale. Certo è che l’intervento del
privato non è di per sé orientato all’interesse generale, ma può
essere attività imprenditoriale rivolta alla propria finalità di
lucro. E’ comunque ammesso dalla Carta costituzionale, in quanto
l’intervento pubblico diretto permette il pluralismo “interno”;
l’intervento privato crea il pluralismo esterno. Infatti,
l’intervento del privato finalizzato ad un lucro proprio e non
integrato alla realizzazione dell’interesse generale, può
determinare il depauperamento del bene di interesse comune. Quindi,
quando si assiste all’intervento di privati, si deve verificare
se è
aggiuntivo, o integrativo, o sostitutivo di quello pubblico. Entrano
in gioco, allora, le funzioni regolatorie ed autorizzatorie pubbliche
per garantire
la
continuazione e il non depauperamento del bene e l’offerta in
condizioni di equità, di accessibilità a tutti a costi ragionevoli.
All’intervento
privato diretto ad uno scopo “egoistico”, si affianca
l’intervento del privato in sussidiarietà orizzontale, ovvero un
intervento diretto a soddisfare una finalità di interesse generale,
costituito da una autonoma iniziativa dei cittadini, al di fuori del
mercato. Il principio di sussidiarietà orizzontale ha una portata
relazione, un principio “relazionale”, in quanto disciplina i
rapporti tra soggetti dotati di autonomia- i privati ed i soggetti
della repubblica (art. 5 Cost) . In tale ottica è intesa a superare
il paradigma bipolare tra autorità e libertà, ponendo sullo stesso
piano amministrazione e privato. Una volta individuato il livello di
governo dell’amministrazione, non c’è antagonismo ma
collaborazione. Il cittadino mette a disposizione le proprie risorse
e l’amministrazione lo sostiene, con conseguente guadagno netto per
l’amministrazione.
Si tratta di uno
strumento ulteriore di cittadinanza attiva, attraverso un nuovo modo
di intervenire che si aggiunge all’esercizio del diritto di voto ed
alla partecipazione al procedimento –procedimento che si conclude
comunque con un provvedimento amministrativo.
L’autonoma
iniziativa non costituisce un obbligo di legge, ma si configura come
attività che promana da soggetti che sono allo stesso tempo utenti
ed agenti. L’amministrazione per parte sua è chiamata a
predisporre strumenti, a non estromettere realtà private; ad
intervenire in funzione di coordinamento e di controllo per l’intesse
da perseguire.
L’intervento in
sussidiarietà orizzontale non è necessariamente un intervento “al
posto” del soggetto pubblico, anzi non può essere sostitutivo
dell’intervento pubblico. Si può manifestare attraverso iniziative
di vario genere e quindi, mediante la promozione di iniziative,
partecipazione all’interno delle scuole, e dei nidi ed all’esterno,
in modo tale da realizzare un intervento di “governo del bene di
interesse comune”, che concorre con strumenti diversi all’azione
pubblica nei suoi momenti di gestione, di regolazione di controllo,
di accreditamento e di affidamento a strutture private.
4. I costi e
la spesa pubblica.
La crisi economica,
obblighi di riduzione della spesa pubblica, i vincoli imposti
dall’Unione Europea, inducono ad un ripensamento delle modalità di
intervento pubblico.
E’’ vero anche
che all’amministrazione viene chiesto un risparmio di spesa e
quando possibile di rivolgersi al mercato, anche dall’Unione
Europea. Nel settore dell’infanzia, non si deve dimenticare la
comunicazione della commissione che un investimento pubblico,
peraltro supportato da risorse dell’Unione. Tale investimento deve
essere realizzato in una ottica di sostenibilità del debito pubblico
e deve essere realizzato al fine della crescita economica e del
benessere dei cittadini. Spesso si dimentica che il patto di
stabilità è però “patto di stabilità e crescita”.
Per parte sua il
nuovo art. 97 Cost. relativo al principio di equilibrio di bilancio e
la sostenibilità della spesa pubblica, conduce ad una rilettura del
buon andamento dell’azione amministrativa, che deve essere
orientato verso l’attuazione del principio di equilibrio e
sostenibilità.
Ai sensi dell’art.
81 e 119 Cost, il
raggiungimento dell’equilibrio di bilancio costituisce obiettivo
per permettere una spesa pubblica sostenibile, ma comunque orientata
alla fruizione dei beni essenziali per il godimento dei diritti
fondamentali.
Quindi, le finanze
pubbliche sane vanno configurandosi come ulteriore bene di interesse
comune., che deve essere bilanciato con gli altri beni di tale natura
a rilevanza costituzionale. Il bilanciamento verrà fatto in
concreto, ai vari livelli di governo, individuati in base alle
rispettive competenze. Quindi, a fronte
di un norme positive che attraggono verso il centro le scelte
inerenti l’attuazione della costituzione finanziaria, si configura
un
nuovo modo di intendere l’autonomia per l’ente locale, che deve
tenere conto in quanto le finanze pubbliche sane sono un bene di
interesse generale.
Non si può
escludere però, che nel bilanciamento – per quanto specificamente
si riferisce ai servizi per l’infanzia- si debba altresì
considerare quanto ha scritto la Commissione: ovvero che investire
nell’infanzia, riduce la spesa per l’inclusione sociale nella età
adulta e permette di fatto di creare l’uomo del futuro in una
ottica di crescita culturale con riflessi diretti sull’economia
globale.
Quando tuttavia, per
la tutela di beni di interesse generale è necessaria la garanzia di
un intervento di spesa, sono compatibili meccanismi di flessibilità
per la garanzia dei diritti fondamentali, anche in un sistema di
finanza rigida. Così, il procuratore della corte dei conti di Napoli
ha suggerito una differenziazione tra “vincoli” che pongono
obiettivi non derogabili e vincoli che possono essere derogati,
seppure posti da norme statali finanziarie, se si tratta di
assicurare funzioni fondamentali non altrimenti adempibili. La
individuazione in concreto della diversa natura di vincoli, basata su
una interpretazione costituzionalmente orientata, vien però lasciata
all’autonomia e quindi alla responsabilità degli enti locali.
D’altra parte, in sede comunitaria la Corte di Giustizia “ha
intrapreso un percorso diretto a graduare i diritti nel senso che i
pur fortissimi diritti di contenuto economico e finanziario posti a
salvaguardare l’integrità dei bilanci pubblici, non possono
incidere sui diritti fondamentali deal persona (Corte di Giustizia da
Omega- 14.10.04, in C36- 02).
In concreto, a titolo esemplificativo, gli interventi per asili nido
e per
la scuola dell’infanzia devono annoverarsi tra i servizi
obbligatori alla persona (Corte conti sez. controllo Veneto parere
979 del 28.11.2012).
Lo stesso
legislatore talora consente deroghe all’applicazione di regimi
limitativi in relazione alla gestione di servizi socio-assistenziali
ed educativi, scolastici e per l'infanzia, culturali e alla
persona (ex IPAB) e le farmacie, previa assunzione di
respoanbilità dell’ente locale, mediante l’adozione di specifica
deliberazione motivata e comunque fermo l'obbligo di garantire il
raggiungimento degli obiettivi di risparmio e di contenimento della
spesa (cfr. per la spesa del personale, art. 1 c. 557 l. n. 147/13).
Quindi, è poi in
concreto il soggetto cui è demandato l’esercizio della funzione
che deve effettuare la scelta e quindi il bilanciamento. D’altra
parte, ritorna proprio alla responsabilità dell’ente locale, che è
chiamato a motivare in sede deliberante la scelta, nel rispetto del
raggiungimento degli obiettivi finanziari e nel rispetto del
principio di invarianza dei servizi ai cittadini.
La valorizzazione
del momento di partecipazione di coloro che sono portatori
dell’interesse generale, in modo tale che da utenti si facciano
attori, costituisce allora ulteriore momento per orientare le scelte
pubbliche. Permette l’acquisizione dei contenuti dell’interesse
comune nelle sede istituzionali, per orientare chi è chiamato ad
operare il bilanciamento. Allo stesso tempo, sensibilizza i cittadini
titolari di quell’interesse ad un intervento attivo e collaborativo
e quindi responsabile verso la tutela di beni la cui fruizione
potrebbe determinarne il depauperamento o comunque impedirne il
godimento alle generazioni future, alle stesse condizioni attuali.