Relazione della
Professoressa Silvia Nicodemo
(testo a
soli fini didattici)
Sommario:
Inquadramento
e definizioni; 2 Il servizio pubblico nell’ordinamento nazionale.
3. In particolare: i servizi a rilevanza non economica 4, Il servizio
farmaceutico ed i servizi a rilevanza socio sanitaria (cenni) 5. Gli
strumenti di gestione dei servizi pubblici locali; 6. La gestione in
economia; 8. In particolare: le società partecipate; 7.
Segue: l’esternalizzazione dei pubblici servizi.
9. Il sistema di gestione dei servizi sociali; 10. La concorrenza e
le procedure ad evidenza pubblica nell’affidamento nei servizi
sociali. 11. I mezzi e gli strumenti di gestione dei servizi sociali
.
12. Il Ruolo dell’ente locale ed il rapporto con il soggetto
gestore.
1.
Definizioni ed inquadramento
Il
tema dei servizi pubblici è complesso, già a livello definitorio,
profilo comunque importante , perché la disciplina applicabile, è
condizionata dalla natura e tipologia del servizio. Si pensi, fin da
ora, alla diversa disciplina cui è assoggettata l’erogazione dei
cd. servizi
sociali,
settore rilevante, per le profonde ripercussioni sul sistema
economico generale. L’ordinamento nazionale peraltro, si deve
rileggere alla luce dell’ordinamento dell’Unione Europea.
Il
diritto dell’Unione europea si esprime in termini di servizi di
interesse generale, ed in particolare di servizi di interesse
economico generale. Sono definiti “Servizi di interesse generale”,
i servizi di interesse economico generale quei servizi
di natura economica, forniti dietro retribuzione, che assolvono
missioni d'interesse generale e sono quindi assoggettati dagli Stati
membri a specifici obblighi di servizio pubblico, intesi, questi
ultimi, come quei requisiti specifici imposti dalle autorità
pubbliche al fornitore del servizio per garantire il conseguimento di
alcuni obiettivi di interesse pubblico1.
L’art.
14 del TfUE chiede agli stati membri di garantire che tali
servizi funzionino in base a principi e condizioni che consentano
comunque di assicurare il raggiungimento di finalità di interesse
pubblico. L’Unione europea, infatti, considera l’importanza dei
servizi
di interesse economico generale nell’àmbito dei valori comuni
dell’Unione, nonché del loro ruolo nella promozione della coesione
sociale e territoriale2,
ma
attribuisce alla
responsabilità degli organi nazionali l’erogazione ed il
finanziamento dei servizi economici di interesse generale. Sotto
altro punto di vista si deve ricordare che l’art. 106.2 del
Trattato sottopone all’applicazione delle norme sulla concorrenza
le imprese incaricate
della gestione di servizi di interesse economico generale .
Le
istituzioni comunitarie hanno poi elaborato la più ampia espressione
di servizi
di interesse generale
con riferimento sia ai servizi di mercato che a quelli non di
mercato, che le autorità pubbliche considerano di interesse generale
e assoggettano a specifici obblighi di servizio pubblico.
Le
sopracitate disposizioni devono essere lette alla luce del Protocollo
n. 26 sui servizi di interesse generale, annesso al Trattato3.
Gli Stati membri, «desiderando sottolineare l’importanza dei
servizi di interesse generale», hanno offerto alcune indicazioni
circa i valori comuni dell’Unione in relazione al settore dei
servizi di interesse economico. Tali valori comuni riguardano,:
“—
il
ruolo essenziale e l’ampio potere discrezionale delle autorità
nazionali, regionali e locali di fornire, commissionare e organizzare
servizi di interesse economico generale il più vicini possibile alle
esigenze degli utenti;
—
la
diversità tra i vari servizi di interesse economico generale e le
differenze delle esigenze e preferenze degli utenti che possono
discendere da situazioni geografiche, sociali e culturali diverse;
—
un
alto livello di qualità, sicurezza e accessibilità economica, la
parità di trattamento e la promozione dell’accesso universale e
dei diritti dell’utente”.
Per
l’effetto, i paesi dell’Unione hanno il potere di individuare i
servizi che intendono considerare come pubblici nonché il livello
territoriale al quale intendono prestarli.
Il
Libro bianco sui servizi di interesse generale4,
nel definire i criteri adottati dall'Unione europea per favorire lo
sviluppo di servizi di interesse generale di alta qualità,
Individua
poi i principali elementi di una strategia tesa a garantire che tutti
i cittadini e tutte le imprese dell’Unione Europea possano
beneficiare di servizi di alta qualità e a prezzi accessibili... Ha
chiarito che la definizione degli obblighi e delle funzioni del
servizio pubblico deve competere alle autorità pubbliche ai relativi
livelli di competenza, essendo necessario rispettare la diversità
delle tradizioni, delle strutture e delle realtà che esistono negli
Stati membri:
Diverso
trattamento è riservato ai servizi di interesse generale non
economico, ovvero servizi non destinabili alla vendita.
.
Il protocollo 26 , infatti, stabilisce che ”le
disposizioni dei trattati lasciano impregiudicata la competenza degli
Stati membri a fornire, a commissionare e ad organizzare servizi di
interesse generale non economico”.
Nello stesso senso va anche la Direttiva 2006/123/CE (direttiva
Bolkestein), il cui ’art. 2, comma 2, lett. a),
prescrive espressamente la non applicabilità ai servizi non
economici d’interesse generale. Le modalità di erogazione del
servizio possono essere effettuate in collaborazione con il settore
privato o affidate ad imprese pubbliche o private. Mentre, rimane in
capo al soggetto pubblico, ai diversi livelli di competenza, definire
gli obblighi e le funzioni di pubblico servizio.
Sempre
in sede comunitaria viene delineato anche il concetto di servizio
universale, inteso come un insieme minimo di servizi di buona qualità
che deve essere fornito in ciascuno Stato membro così da garantire,
una offerta capillare e l’accesso a determinate prestazioni
essenziali, di qualità e con prezzi che rendono il medesimo servizio
agevolmente fruibile per la collettività. Il riferimento al servizio
universale è rilevante nella fase di transizione dal monopolio alla
situazione di mercato aperto alla concorrenza, in quanto funzionale a
mantenere livelli di qualità e di accessibilità del servizio a
vantaggio dell’utenza, seppure in una logica di mercato5..
2
Il servizio pubblico nell’ordinamento nazionale.
A
livello definitorio, si è fatta strada in un primo momento una
teoria
c.d. soggettiva, che
qualificava come servizio pubblico una attività resa dal soggetto
pubblico. La , tesi
risultò
inadeguata in quanto escludeva dal concetto di servizio pubblico quei
servizi che, seppure gestiti per un interesse della collettività,
venivano esercitati da soggetti privati. A tale definizione, si
affianca una tesi di derivazione oggettiva,
che
pone l’attenzione sull’interesse pubblico. Per l’effetto, un
servizio poteva assurgere alla qualifica di servizio pubblico sia se
gestito da soggetti pubblici sia se gestito da soggetti privati,
purché vi fosse una destinazione
unitaria dell’attività esercitata
e questa attività fosse sottoposta al potere
di direzione dello Stato o degli altri enti pubblici.
I
principi che sono a fondamento della teoria oggettiva sono contenuti
già nel dettato costituzionale, dove di ammette l’intervento
pubblico diretto nella gestione dei servizi, affiancato
dall’intervento del privato, questi soggetto a regole di diritto
pubblico (art. 43 e 41 Cost). Le norme costituzionali, nella nella
loro interpretazione evolutiva, hanno condotto ad un progressivo
amplimento dell’intervento del privato, finalizzato a soddisfare
bisogni di interesse generale, anche in caso di servizi in monopolio.
Progressivamente
si è avuta, la sostituzione dei modelli organizzativi di monopolio
legale (in applicazione del principio della riserva di cui all’art.
43 Cost.) con modelli organizzativi che lasciano al mercato
concorrenziale lo svolgimento di determinate attività di interesse
generale.
Rimane
poi che , il conseguimento dei fini
sociali
legittima interventi pubblici regolatori, intesi a sottoporre
l’attività svolta dal privato ad un regime giuridico tutto
peculiare6
(art. 41 c. 3 Cost.), anche in ossequio all’esigenza di assicurare
la piena attuazione dell’art. 2 Cost. .
E’
anche vero, che se da un lato si è assistito alla progressiva
applicazione dei principi concorrenziali attraverso l’adozione di
norme giuridiche a ciò orientate, di fatto, in molti settori il
grado di concorrenza effettiva è ancora assai limitato, sia perché
i settori sono caratterizzati alla presenza di reti uniche, sia
perché sono mantenute posizioni dominanti da precedenti monopolisti,
in capo ai quali è rimasto l’affidamenti dei servizi, senza
ulteriore gara.
All’amministrazione
rimane ampia scelta, anche a livello politico, nella determinazione
di ciò che sia da qualificarsi come servizio pubblico, delle
modalità di gestione, se in modo remunerativo o non, degli strumenti
di gestione. Nelle stesse scelte operative, l’amministrazione deve
comunque rispettare i principi imposti dall’art. 97 Cost, riletti
nell’ottica del rispetto del principio di equilibrio di bilancio.
L’individuazione
di quale sia servizio pubblico, viene fatta in concreto, caso per
caso, tenuto conto di alcuni parametri di riferimento. Sicuramente è
servizio pubblico la
prestazione resa alla generalità da parte di un soggetto anche
privato, […] inserito o collegato al sistema dei pubblici poteri,
sottoposta ad un regime giuridico derogatorio del diritto comune”7
“e
la cui erogazione presuppone la
presenza della p.a. che agisce come autorità, in funzione
dell’istituzione e/o organizzazione
della prestazione, in quanto attività
istituzionalmente e direttamente finalizzata a soddisfare i bisogni
della collettività”8.Fattori
distintivi sono “la
connotazione del servizio, sul piano finalistico, dall’idoneità a
soddisfare in modo diretto esigenze proprie di una platea
indifferenziata di utenti”, e,“la
sottoposizione del gestore ad una serie di obblighi, tra i quali
quelli di esercizio e tariffari, volti a conformare l’espletamento
dell’attività a norme di continuità, regolarità, capacità e
qualità, cui non potrebbe essere assoggettata, invece, una comune
attività economica”
9.
La
nozione di pubblico servizio individua la prestazione resa alla
generalità da parte di un soggetto, anche privato, che sia inserito
nel sistema dei pubblici poteri o sia a questi collegato e che sia
sottoposto ad un regime giuridico derogatorio dal diritto comune”10.
Fermi
gli elementi essenziali sopra menzionati, la configurazione del
servizio pubblico è compatibile con diversi schemi giuridici e con
differenti modalità di
remunerazione
" della prestazione. Ai fini della qualificazione, rileva che
l'attività del gestore sia diretta ad una platea indifferenziata di
utenti e che esso fosse destinatario di obblighi funzionali alla
destinazione al pubblico dell'attività dovuta".
Quindi,
sono servizi pubblici non solo i servizi specificamente denominati
tali dalla legge e riservati ai comuni e alle province, ma tutte le
attività di produzione di servizi rispondenti a fini di utilità e
di promozione sociale11,
riferiti in concreto ai bisogni della collettività di riferimento.
Dunque,
in quest’ottica è servizio pubblico l’attività svolta per il
soddisfacimento immediato e diretto di interessi della collettività,
avendo coscienza del contesto tecnico e sociale. Tuttavia gli
elementi distintivi di un servizio, percepito come pubblico possono
essere annullati dall’innovazione tecnologica o dal contesto
sottoposto nel quale il servizio viene materialmente svolto. Con
l’espressione “servizio pubblico” deve intendersi il
servizio di cui la legge riconosce l’utilità generale reso da enti
pubblici o da privati concessionari o comunque gestori autorizzati
nei confronti della collettività indistinta o comunque di una certa
massa di utenti. Quando, la pubblica amministrazione non gestisca
direttamente il servizio, si
viene a costituire un rapporto trilaterale tra la P.A. che pone le
regole o che affida il servizio, il soggetto che lo gestisce ed gli
utenti
12.
“
L’attività
comunque deve essere espletata in ossequio al principio
di imparzialità
e si concretizza nella previsione di una puntuale serie di obblighi
gravanti, sul gestore del pubblico servizio tra i quali si
annoverano, non solo quello di svolgere
l’attività con carattere di continuità e regolarità,
ma anche e soprattutto quello di non
operare forma di discriminazione,
ammettendo alle prestazioni
cui il servizio stesso è preordinato,
tutti
coloro che vi hanno titolo, nel rispetto, peraltro, del principio
di uguaglianza dei diritti dell’utenza”13
Contrariamentee,
non è servizio pubblico una attività svolta a favore della
amministrazione che la richiede. E’ appalto di servizi: attività
di smaltimento
dei fanghi derivanti dalla depurazione delle acque,
in quanto strumentale all’erogazione del servizio idrico integrato
da parte di Metropolitana Milanese s.p.a., che ne era titolare, in
assenza di qualunque beneficio diretto, né soggezione ad onere di
contribuzione, da parte dell’utenza.
In
sintesi e schematicamente, un’attività si caratteristica come
servizio pubblico quando:
•
è
assorbita in area pubblica per una decisione politica;
•
non
è svolta nell’esercizio di una funzione amministrativa e quindi
non è espressione di poteri autoritativi dell’Amministrazione;
•
consiste
nell’espletamento di un’attività materiale nei confronti di una
collettività indeterminata secondo criteri di doverosità,
universalità ed accessibilità;
•
viene
espletata attraverso un’organizzazione complessa che sempre più
diffusamente assume dimensioni imprenditoriali.
3.
In particolare: i servizi a rilevanza non economica
Se
i servizi
di rilievo economico
permettono nella gestione degli stessi una copertura dei costi con i
ricavi, i servizi
privi di rilievo economico che
ammettono una forma di gestione che non consente una copertura dei
costi e, in caso di gestione indiretta, l’ente deve provvedere
compensando direttamente il gestore (si pensi ai cd. servizi
sociali).
Per
"servizi
sociali"
si intendono tutte le attività relative alla predisposizione ed
erogazione di servizi, gratuiti ed a pagamento, o di prestazioni
economiche destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno
e di difficoltà che la persona umana incontra nel corso della sua
vita, ivi comprese le attività di prevenzione, nonché le
prestazioni socio-sanitarie, con esclusione delle di quelle del
sistema previdenziale e da quello sanitario.
La
distinzione tra attività economiche e non economiche, però, ha
carattere
dinamico ed evolutivo,
cosicché non è possibile fissare a priori un elenco definitivo di
servizi riconducibili all’una o all’altra categoria. .E’
rimesso prima all’ente locale, poi se del caso al giudice
nazionale, valutare circostanze e condizioni in cui il servizio viene
prestato, tenendo conto, in particolare, dell’assenza
di uno scopo precipuamente lucrativo,
della mancata
assunzione dei rischi
connessi a tale attività ed anche dell’eventuale
finanziamento pubblico
dell’attività in questione14.
La giurisprudenza ha anche sostenuto che il fatto che i servizi
socio-assistenziali
siano destinati ad essere resi a beneficio di taluni settori “deboli”
della collettività, senza oneri corrispettivi diretti a carico degli
assistiti, non costituisce necessario indice di servizio privo di
rilevanza economica. Infatti, ragionando in tal modo, si arriverebbe
alla assurda conclusione per cui qualsiasi tipologia di servizio
reso gratuitamente a favore della collettività, in base a scelte di
opportunità di volta in volta operate dall’amministrazione,
potrebbe essere riguardato quale servizio privo di rilevanza
economica. I servizi
a carattere assistenziale ed erogativo,
in buona sostanza,
non
possono essere ricompresi, in via automatica, nell’ambito della
categoria servizi
privi di rilevanza economica in
quanto, in essi, è intrinseca la rilevante componente economica tesa
ad assicurare, oltre alla copertura delle spese sostenute, anche un
potenziale profitto d’impresa attraverso la copertura forfetaria
dei costi di gestione. La valutazione relativa al carattere privo o
meno di rilevanza economica del servizio in affidamento non può
andare disgiunta da una considerazione
globale
dell’attività posta dal soggetto cui viene affidata, e quindi,
dell’interesse
economico globalmente perseguito15.
.
L’esame
viene fatto in concreto, in considerazione delle modalità attraverso
le quali viene organizzato il servizio, il modo in cui l’ente
locale affida il servizio a terzi16.
E’
invece predeterminato normativamente, l’elenco dei servizi a
domanda individuale, quali attività gestite direttamente dall'ente,
che siano poste in essere non per obbligo istituzionale, che vengono
utilizzate a richiesta dell'utente e che non siano state dichiarate
gratuite per legge nazionale o regionale; con esclusione dei servizi
a carattere produttivo17
Un’altra
criterio di classificazione fa riferimento all’ambito di
operatività del servizio, considerato che si configurano servizi a
rilevanza nazionale ed a rilevanza locale.
I servizi a rilevanza nazionale sono specificamente individuati e
disciplinati da leggi speciali. Tra questi si annoverano, a titolo
esemplificativo, energia, trasporti ferroviari, gestione delle reti
autostradali. Il servizio
pubblico è
a rilevanza locale
quando
è imputabile all’ente locale; l’ oggetto del servizio consiste
nella produzione di beni ed attività destinati alla comunità
locale; il cui scopo consiste nella realizzazione di fini sociali e
nella promozione e sviluppo delle comunità locali.
4,
Il servizio farmaceutico ed i servizi a rilevanza socio sanitaria
(cenni)
Peculiare
è la disciplina del servizio
territoriale farmaceutico
., in quanto ha una componente di gestione
imprenditoriale,
diviso tra esigenze pubbliche di assistenza sanitaria alla persona e
interessi personali patrimoniali del farmacista-imprenditore. Si
colloca in posizione intermedia tra i tradizionali servizi di
interesse economico generale e i servizi sociali di interesse
generale, caratterizzati dalla circostanza che l’erogazione della
prestazione si basa su elementi di tipo redistributivo, fondati
complessivamente sul principio di solidarietà18
.
I
servizi
socio sanitari si inseriscono nel quadro modelli
del
modello
di welfare locale, a livello regionale. L’integrazione
socio-sanitaria è una modalità di erogazione delle prestazioni per
promuovere migliori condizioni di salute: una concezione della
qualità della vita che contempla sia aspetti sanitari, che
psicologici, relazionali e sociali.
Sotto
il profilo della spesa è di immediata percezione che la spesa
sanitaria è il capitolo che maggiormente pesa sui bilanci regionali,
mentre la spesa sociale costituisce il cuore dei costi, che i comuni
sostengono per i servizi alle persone:
In
questo quadro per prestazioni socio-sanitarie “si intendono tutte
le attività atte a soddisfare mediante percorsi assistenziali
integrati i bisogni di salute della persona, che richiedono
unitariamente prestazioni sanitarie e azioni di protezione sociale in
grado di garantire anche nel lungo periodo la continuità tra le
azioni di cura e quelle di riabilitazione
Tradizionalmente,
nel nostro paese i servizi socio-sanitari sono erogati in via
prevalente dal soggetto pubblico, ma possono anche essere erogati da
privati, talora in regime di autorizzazione, talora in convenzione
con il servizio pubblico,che acquista beni e servizi da offrire ai
cittadini)
I
servizi forniti direttamente dalla pubblica sanità sono costituiti
da servizi ospedalieri e da servizi medici ambulatoriali.
Quelli
convenzionati consistono in servizi di assistenza farmaceutica,
medico-generica, medico-specialistica, ospedaliera in case di cura,
protesica, balneo-termale o di altro tipo, come l’assistenza
integrativa domiciliare e residenziale, semiresidenziale o
riabilitativa. Gli stessi servizi erogati dalla sanità pubblica e in
convenzione possono essere forniti anche dal settore privato.
Le
prestazioni socio-sanitarie, si suddividono in tre tipologie (e si
pone il problema delle competenze e del riparto dei relativi costi):
1)
prestazioni
sanitarie a rilevanza sociale
erogate dalla ASL, finalizzate "alla promozione della salute,
alla prevenzione, individuazione, rimozione e contenimento di esiti
degenerativi o invalidanti di patologie congenite o acquisite”;
2)
prestazioni
sociali a rilevanza sanitaria,
di competenza dei Comuni, che hanno l'obiettivo di supportare le
persone in stato di bisogno e con problemi di disabilità o di
emarginazione e si esplicano attraverso interventi di sostegno
economico, di aiuto domestico e di ospitalità alberghiera;
3)
prestazioni
sociosanitarie a elevata integrazione sanitaria,
“caratterizzate da particolare rilevanza terapeutica. Esse
riguardano prevalentemente le seguenti aree: materno-infantile,
anziani, handicap, patologie psichiatriche, per infezioni da HIV,
dipendenze da droga, alcool e farmaci, patologie in fase terminale e
disabilità, conseguenti a patologie cronico-degenerative”. Tali
prestazioni sono assicurate dalle ASL.
5.
Gli strumenti di gestione dei servizi pubblici locali
Fu
all’inizio del 1900 che lo Stato cominciò ad assumersi la
responsabilità dell’offerta dei servizi pubblici. Con la l.
n. 103/1903,
venne dettata una prima disciplina organica, incentrata
sulla figura delle cd. aziende
municipalizzate,
cui Comuni e Province avrebbero potuto affidare il servizio. Esse si
configuravano come organi dell’ente locale, privi di personalità
giuridica, dotate di autonomia sul sul piano amministrativo e
contabile. Altre modalità di gestione vennero poi individuate con il
T.U.
n. 2578/1925, elencati
a titolo esemplificativo 19 servizi che il comune poteva assumenre a
gestione diretta19,
aggiunse
e disciplinò, la gestione
in economia, attraverso
mezzi ed uffici interni all’ente e la concessione
a terzi, mediante
l’adozione di un provvedimento amministrativo discrezionale
adottato sulla base di criteri e condizioni stabiliti
dall’amministrazione stessa, in modo tale da assicurare
remunerazione economica al concessionario. . Veniva prevista la
possibilità di affidare il servizio al consorzio
ed all’azionariato
pubblico, mentre
la normativa
Fu
la l.
n. 142/1990
che, per la prima voltatipizzò alcune forme di gestione dei servizi
di interesse pubblico locale, introducendo anche le società di
capitali, a partecipazione pubblica prevalente. Il modello era visto
come strumento per una gestione imprenditoriale dei servizi pubblici
locali, ritenuta più efficiente e capace di colmare le lacune
generate dalle aziende municipalizzate. La legge prescriveva che
l’erogazione dei servizi rispondesse ai criteri generali
dell’efficacia,
dell’efficienza,
nonché
separasse la scelta politica, di competenza degli organi di governo
dalla scelta gestionale, di competenza dei dirigenti e dei
responsabili dei servizi. Il legislatore aveva costruito un modello
che ammetteva l’affidamento del servizio alla società così
costituita in modo diretto e senza gara. La Commissione europea ne
dichiarò il contrasto con i principi comunitari in materia di
concorrenza. orientamento fatto proprio dalla Presidenza del
Consiglio dei Ministri soltanto nel 2001. Considerato infatti che la
società
era
da considerare comunque una entità distinta rispetto alla P.A.
erogatrice del servizio pubblico,
l’affidamento
della gestione del servizio pubblico alla società mista doveva
ritenersi integrare un contratto di appalto di pubblico servizio, a
titolo oneroso, con conseguente obbligo di sottoporre alla
applicazione delle direttive comunitarie dettate in materia (dir.
92/50CEE; 93/38/CEE)20.
Le
disposizioni della l. n. 142/1990 confluirono negli artt.
112 ss. del d.lgs. n. 267/2000,
disposizioni successivamente più volte modificate. L’art. 35 della
l. 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria per l’anno 2002)
introdusse la distinzione tra servizi a rilevanza industriale,
soggetti e vincolati dalla normativa a tutela della concorrenza, e
servizi privi di rilevanza industriale. Il socio privato o, in
difetto, la società dovevano essere individuate con procedure ad
evidenza pubblica, per ottenere la gestione del servizio, così
assumendo un ruolo autonomo e non più in sostituzione
dell’amministrazione21.
La
Corte costituzionale22
dichiarò poi l’illegittimità dell’art. 113 bis
del T.U.E.L., relativo alla disciplina dei servizi pubblici privi di
rilevanza economica, per avere il legislatore nazionale invaso la
competenza legislativa regionale esclusiva nella materia. Rimaneva la
disciplina nazionale relativa alla gestione dei servizi pubblici
locali di rilevanza economica. In particolare, gli strumenti di
gestione del servizio erano indicati (art. 113 c. 5 TUEL)nelle
società con capitale privato, individuate attraverso l’espletamento
di gare con procedure ad evidenza pubblica; nelle società con
capitale misto pubblico-privato, nelle quali il socio privato è
scelto attraverso l’espletamento di gare con procedure ad evidenza
pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e
comunitarie in materia di concorrenza secondo le linee di indirizzo
emanate dalle autorità competenti attraverso provvedimenti o
circolari specifiche; nelle società a capitale interamente pubblico
rispondenti al modello “in
house providing”.
Dall’erogazione del servizio doveva rimanere separata l’attività
di gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni
patrimoniali. Questa poteva avvenire con l’affidamento
a:
-
soggetti allo scopo costituiti, nella forma di società
di capitali con la partecipazione totalitaria di capitale pubblico,
con affidamento diretto se riconducibili alla categoria delle società
in house, ovvero in quanto oltre ad essere interamente partecipate
dal soggetto pubblico, gli enti pubblici titolari del capitale
sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello
esercitato sui propri servizi e la società realizza la parte più
importante della propria attività con l’ente o gli enti pubblici
che la controllano;
-
imprese
idonee, da individuare mediante procedure
ad evidenza pubblica.
Era
prescritto altresì che l’esecuzione dei lavori comunque connessi
alla gestione della rete dovesse avvenire con scelta del contraente a
mezzo di procedure ad evidenza pubblica, per la sottoscrizione dei
contratti di appalto o di concessione di lavori pubblici. In
alternativa e ricorrendone i presupposti d legge, i lavori potevano
essere eseguiti in economia. Il Parlamento è intervenuto più volte
a modificare ed integrare la disciplina, con l’intento di adeguarsi
ai vincoli dell’Unione europea ed esporre il settore alla
concorrenza. L’art. 23 bis
del
d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito in l. 6 agosto 2008, n. 133,
e poi sostituito dall’art. 15, comma 1, lett. b),
d.l. 25 settembre 2009, 135, convertito in l. 20 novembre 2009, n.
135, senza formalmente abrogare, l’art. 113, comma 5, del testo
unico sugli enti locali, introduceva una disciplina che imponeva
l’esternalizzazione, prevedendo al limite l’affidamento ad una
società mista, il cui socio privato doveva essere scelto con gara
unica a “doppio oggetto” ovvero con scelta del socio ed
attribuzione dei compiti operativi. La partecipazione del privato non
poteva essere inferiore al quaranta per cento. La norma fu poi
abrogata a seguito dell’esito del referendum del 12/13 giugno 2011,
politicamente costruito come referendum “contro la privatizzazione
dell’acqua”, ma che in concreto travolgeva l’intera
disposizione. Nell’estate, il legislatore (l’art. 4 d.l. 13
agosto 2011 n. 138 conv. con modif. in l. 14 settembre 2011 n. 148) a
fronte del vuoto normativo reintroduceva disposizione di fatto
identica, ad esclusione della specifica disciplina sul servizio
idrico integrato. Il divieto di introdurre in via legislativa
disposizioni abrogate con referendum, popolare, induceva la Corte
costituzionale a dichiarare la illegittimità della nuova
disposizioni. Le disposizioni di cui all’art. 4 d.l. n. 138 del
2011 sono quindi costituzionalmente illegittime per violazione del
divieto di ripristino della normativa abrogata dalla volontà
popolare23.
Il
legislatore nazionale non è più intervenuto in modo organico per
quanto riguarda i servizi a rilevanza economica, né è potuto
intervenire per quanto riguarda i servizi a rilevanza non economica
di competenza regionale. Manca,quindi, una disciplina nazionale
unitaria. Gli enti locali possono comunque scegliere tra le tre forme
di gestione compatibili con l’ordinamento comunitario, ovvero
l’affidamento ad un gestore, scelto con gara; l’affidamento ad
una società mista il cui socio privato è scelto con gara;
l’affidamento diretto ad una società in house. , disciplina non
dissimile a quella di cui all’art. 113, c. 5 del d.lgs. n. 267 del
2000, nella formulazione vigente nel periodo compreso tra il 2003
(come introdotta dall’art. 14 del d.l. n. 269 del 2003) e il 2008
(quando è entrato in vigore l’art. 23-bis).
Inoltre,
per effetto della prescrizione di cui all’art. . 34 c. 20 e 21 d.l.
179 del 2012, l’ente locale affidante è comunque obbligato a
motivare in modo adeguato le ragioni della scelta del modello di
gestione ed a darne conseguente pubblicità.
6.
La gestione in economia
La
gestione in economia è consentita solo in caso di “modeste
dimensioni del servizio o ovvero per la gestione di un servizio per
il quale non è necessaria la predisposizione di una struttura
organizzativa di vaste dimensioni, con organico apposito, strutturato
ed organizzato verticalmente ed orizzontalmente con non più di due o
tre unità operative distribuite sul territorio comunale.
Disciplinato dai regolamenti degli enti locali la sua gestione è
affidata ad un settore specifico dell’amministrazione comunale,
sotto la conduzione e responsabilità di apposito funzionario o
dirigente preposto. La scelta è effettutata da parte dell’organo
consiliare, che approva il progetto tecnico e finanziario di massima
e la copertura di spesa.
7.
Segue: l’esternalizzazione dei pubblici servizi.
A
fronte della sempre maggiore complessità del sistema dei servizi per
l’emergere di nuovi e più articolati bisogni da soddisfarsi
attraverso interventi anche sovra comunali, della insostenibilità
dei costi connessi alla gestione diretta dei servizi; dell’esigenza
di utilizzare modelli di gestione dei servizi più agili ed estranee
ai vincoli del diritto amministrativo e non da ultimo la generale
crisi del modello dell’intervento pubblico in economia, aggravata
in alcuni casi da fenomeni degenerativi quale quello della
corruzione, si è assistito alla crisi del tradizionale modo di
gestione dei servizi, connotato da un intervento diretto. Ha
determinato una ulteriore spinta verso l’esternalizzazione il
processo di integrazione europeo e la relativa pressione comunitaria
per l’apertura del mercato dei servizi alla concorrenza, con
conseguente richiesta di liberalizzazione a livello nazionale di
alcuni settori dei servizi pubblici.
Il
processo di esternalizzazione si è manifestato attraverso momenti di
- privatizzazioni
formali,
che si sono realizzate con la creazione di società di capitali a
totale partecipazione pubblica, frutto spesso della trasformazione
societaria di enti pubblici economici o aziende speciali, cui
affidare direttamente la gestione del servizio. Si sono realizzate
poi vicende di privatizzazioni
sostanziali,
consistenti nella cessione a soggetti privati della società
affidataria del servizio o del controllo di essa. A completamento, si
è assistito al progressivo ricorso al mercato attraverso
l’affidamento del servizio a soggetti terzi, a capitale privato,
pubblico o misto, scelti a seguito di gara ad evidenza pubblica.
8.
Le società partecipate
La
scelta del modello organizzativo della società partecipata è
giustificata dalla opportunità di promuovere la collaborazione con
altri soggetti apportatori di capitali, di tecnologie, di competenze
imprenditoriali e tecniche specifiche per conseguire una maggiore
economicità ed efficienza del servizio prestato; dalla volontà
degli enti locali titolari del servizio di essere comunque presenti
nella compagine societaria, sia quali soci che quali organi di
governo, per poter indirizzare l’attività sociale dall’interno,
nei modi consentiti dalla disciplina civilistica, verso il
conseguimento degli obiettivi di interesse pubblico che
l’amministrazione locale intende perseguire. La società di
capitali che si viene a strutturare garantisce autonomia
imprenditoriale e statutaria. Preliminare alla costituzione della
società è la redazione di uno studio economico finanziario
sull’opportunità e la convenienza dell’iniziativa e sulla
necessità di predisporre un’organizzazione di tipo imprenditoriale
per la gestione delle attività. E’ richiesta altresì la stesura
di uno statuto, approvato degli dagli enti locali in sede
consiliare, la definizione dei contenuto del contratto di servizio
per disciplinare i rapporti tra l’amministrazione comunale e
l’organismo societario, con approvazione dell’atto da parte degli
enti locali in sede consiliare. E’ richiesta la forma pubblica per
lo statuto. La società di capitali può essere costituita nella
forma di spa o srl, con partecipazione pubblica maggioritaria o
minoritaria. Laddove manchi il ricorso a procedura ad evidenza
pubblica per la scelta del socio privato, la società pubblico-
privato così costituita dovrebbe partecipare al mercato e non
sarebbe legittimata a ricevere l’affidamento del servizio in modo
diretto.
Una
ipotesi in via eccezionale che rende legittimo l’affidamento
diretto del servizio è data dall’esistenza di società in house24:
La
legittimità dell'affidamento in house del servizio va valutata con
riferimento allo stato di fatto e di diritto esistente al momento
dell'adozione del provvedimento. A quella data devono sussistere
tutti i requisiti e presupposti legittimanti l'affidamento diretto e
quindi
la detenzione, da parte dell'ente pubblico, del capitale
sociale
, l'esercizio di una forma di controllo
sull'attività analoga a quella svolta sui propri servizi;
l'esercizio, da parte della società affidataria
della sua attività con, o per conto dell'ente pubblico.
L’art.
12 della dir. appalti 2014/24/UE (in corso di recepimento in Italia)
ammette l'in
house pluripartecipato,
purché si verifichi che le amministrazioni pubbliche, anche in
possesso di partecipazioni di minoranza, esercitino il controllo
analogo in modo congiunto con le altre amministrazioni e
contestualmente si verifichino le seguenti condizioni:
a)
gli organi decisionali dell'organismo controllato siano composti da
rappresentanti di tutti i soci pubblici partecipanti, ovvero, siano
formati tra soggetti che possono rappresentare più o tutti i soci
pubblici partecipanti;
b)
i soci pubblici siano in grado di esercitare congiuntamente
un'influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle
decisioni significative dell'organismo controllato;
c)
l'organismo controllato non persegua interessi contrari a quelli di
tutti i soci pubblici partecipanti.
Seppure
il modello societario sia stato accolto con favore, oggi abbiamo una
rilettura e di ripensamento, nell’ottica della spendig review,
della efficacia ed efficienza, nonché anche a fronte delle
problematiche della corruzione e del cumulo degli incarichi. Già la
legge di per il 2014 (art. 1. C. 569 l. n. 147 /2013), irrigidiva i
limiti alla costituzione di società , all’assunzione ed al
mantenimento di partecipazioni da parte degli enti locali. La
normativa infatti introduceva una procedura speciale per la
dismissione delle partecipazioni societari,compiuta già espressione
del ripensamento del legislatore, preoccupato che lo schermo
societario potesse essere utilizzato, con un vistoso sviamento dalla
sua finalità precipua, per eludere regole poste a tutela della
concorrenza e del mercato ovvero essere utilizzato in settori
estranei alle missioni istituzionali delle pubbliche amministrazioni.
Da
ultimo, nell’agosto 2014, Cottarelli presentava un piano inteso a
chiedere un forte ridimensionamento delle società partecipate,
eliminando quelle costose e inefficienti.
La
legge di stabilità per il 2015 (legge n. 190 del 2014), portando
avanti un orientamento già espresso negli anni scorsi, ma in modo
meno incisivo rispetto a quanto sembrava chiedere il “piano
Cottarelli” dispone che le amministrazioni, a partire dal 1 gennaio
2015, avviano un processo di razionalizzazione delle società e delle
partecipazioni societarie in modo da conseguire la riduzione delle
stesse entro il 31 dicembre 2015.
Individua
precisi criteri di cui gli enti pubblici devono tenere conto nel
promuovere tale processo (art. 1 c. 611 l. n. 190/14), indicando
misure premiali intese a favorire la dismissione. Infatti, prevede
l’esclusione dai vincoli del patto di stabilità interno delle
spese di investimento effettuate dagli enti locali con i proventi
derivanti dalle dismissioni di partecipazioni totali o parziali
(anche a seguito di quotazione) in società (sia di gestione di
servizi pubblici locali che di altre imprese), con la conseguenza che
la liquidazione diventa più semplice ed economicamente più
conveniente..
L’art.
1 c. individua
nei Sindaci e negli altri organi di vertice delle amministrazioni, in
relazione ai rispettivi ambiti di competenza le persone chiamate a
procedere alla redazione di un piano operativo di razionalizzazione,
finalizzato a ridurre le società partecipate e quindi ad eliminare
le società non indispensabili; sopprimere le le società che
risultino composte da soli amministratori o da un numero di
amministratori superiore a quello dei dipendenti; eliminare
partecipazioni in società con oggetto analogo o similare; aggregare
su scala più vasta per le società che svolgono servizi pubblici
locali, contenere i costi di funzionamento, anche mediante
riorganizzazione degli organi amministrativi e di controllo e delle
strutture aziendali, nonché attraverso la riduzione delle relative
remunerazioni.
Il
piano operativo è costituito da una apposita relazione tecnica che
evidenzia le società coinvolte;i tempi di attuazione delle azioni
previste nel piano, l’indicazione delle modalità di attuazione in
via specifica per le singole azioni (cessioni,fusioni, scissioni
ecc); il dettaglio dei risparmi da conseguire.
Per
l’effetto, gli enti locali sono chiamati a redigere , entro il 31
marzo 2015,il piano operativo di razionalizzazione di competenza del
sindaco, da trasmettersi alla Corte dei conti. Entro il 31 dicembre
2015 deve essere conseguito il risultato della riduzione; ed entro
il 31 marzo del 2016 deve essere redatta una relazione
sull’attuazione del piano operativo contenente i risultati ottenuti
al 15 marzo 2016.
9.
Il sistema di gestione dei servizi sociali
Come
noto i legislatori regionali hanno dato una prima attuazione alla
legge quadro statale sui servizi sociali (l. n. 328/00), introducendo
successive modifiche a seguito della riforma del titolo quinto della
costituzione che ha riconosciuto nella materia competenza legislativa
esclusiva alle regioni. E’ pur vero, che il legislatore regionale
ha dovuto rispettare la normativa statale, a competenza esclusiva,
nelle materie cosiddette trasversali che incidono nel settore, quali,
per esempio, tutela della concorrenza, determinazione dei livelli
essenziali delle prestazioni che devono essere garantite sul
territorio nazionale.
Il
modello adottato dai legislatori regionali oggetto disegna un
sistema integrato. Con si intende riferirsi ad un insieme di
interventi e servizi sociali con il concorso dei soggetti della
cooperazione sociale, dell'associazionismo di promozione sociale e
del volontariato, delle Aziende pubbliche di servizi alla persona,
delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, delle
Fondazioni, degli Enti di patronato e degli altri soggetti del terzo
settore. Tale sistema, nelal sua ratio, è finalizzato a migliorare
la qualità degli interventi e della spesa.
I
Comuni sono titolari delle funzioni amministrative e dei compiti di
programmazione, progettazione e realizzazione del sistema locale dei
servizi sociali a rete, dell'erogazione dei servizi e delle
prestazioni sociali.
Le
Province partecipano alla programmazione regionale e promuovono
l'integrazione delle politiche sociali con le altre politiche
settoriali, con particolare riferimento alle politiche del lavoro,
della casa, della formazione professionale, dell'istruzione,
dell'educazione e della pianificazione territoriale.
La
Regione, nell'ambito dei propri strumenti di programmazione, con il
concorso degli Enti locali e dei soggetti di cui all'articolo 2,
comma 2, definisce politiche integrate tra i diversi settori della
vita sociale ed in particolare in materia di politiche sociali,
sanitarie, educative e formative, del lavoro, culturali, urbanistiche
ed abitative. A tal fine gli atti di programmazione regionale di
settore dovranno contenere una specifica valutazione di impatto della
programmazione stessa nei confronti dei soggetti socialmente più
deboli. La Regione esercita le funzioni di programmazione,
coordinamento ed indirizzo in materia di servizi sociali,
Sotto
il profilo della programmazione, viene prevista la redazione di un
piano regionale degli interventi e dei servizi sociali. integrato con
il Piano sanitario regionale ed in raccordo con gli atti di
programmazione in materia educativa e formativa, del lavoro,
culturale ed abitativa.. Il Piano regionale, di durata triennale,
stabilisce gli indirizzi per la realizzazione e lo sviluppo del
sistema integrato.
Il
Piano di zona, di ambito distrettuale, ha durata triennale ed è
predisposto sulla base delle indicazioni del Piano regionale. Il
Piano di zona: a) definisce, tenuto conto dell'intesa triennale da
sancirsi in sede di Conferenza Regione-Autonomie locali, il sistema
locale dei servizi sociali a rete che garantisce i livelli essenziali
delle prestazioni sociali. Provvede inoltre alla localizzazione dei
servizi e può integrare, nel rispetto della compatibilità delle
risorse, i livelli essenziali delle prestazioni sociali indicati dal
Piano regionale; b) definisce le modalità organizzative per
l'accesso dei cittadini al sistema locale dei servizi sociali a rete,
secondo c) individua le modalità per il coordinamento delle attività
con gli organi periferici delle amministrazioni statali, con
particolare riferimento all'amministrazione scolastica, penitenziaria
e della giustizia; d) indica gli obiettivi e le priorità di
intervento, inclusi gli interventi socio-sanitari, gli strumenti e le
risorse necessarie alla loro realizzazione, tenendo conto delle
risorse finanziarie disponibili, comprese quelle provenienti dal
Fondo sanitario regionale, nonché la ripartizione della spesa a
carico di ciascun soggetto firmatario dell'accordo; e) indica gli
interventi sociali da attuarsi nell'ambito dei programmi di
riqualificazione urbana previsti all'articolo 30; f) indica, sulla
base del Piano regionale, le forme e le modalità di partecipazione
dei cittadini e degli utenti al controllo della qualità dei servizi;
g) individua i fabbisogni di formazione professionale degli operatori
da segnalare alla Provincia, ai fini della programmazione della
relativa offerta formativa; h) indica, in ordine di priorità, gli
interventi di costruzione e ristrutturazione finanziabili ai sensi
dell'articolo 48, inerente al fondo sociale regionale per le spese
d'investimento.
10.
Concorrenza e procedure ad evidenza pubblica nell’affidamento dei
servizi sociali.
La
materia degli appalti pubblici nei servizi sociali è disciplinata
dagli articoli 20 e 27 del dlg.s 163/06.
In
particolare, ai sensi del c. 1 dell’art. 20, l’aggiudicazione
degli appalti aventi per oggetto i servizi elencati nell’allegato
II B25,
tra
cui sono ricompresi i servizi sociali,
è disciplinata esclusivamente dall’art. 68 relativo alle
specifiche tecniche, dall’art. 65 relativo all’avviso sui
risultati della procedura di affidamento e dall’art. 225, sugli
avvisi relativi agli appalti aggiudicati.
L’art.
27 del dlg.s 163/06,individuando i principi relativi ai contratti
esclusi in tutto o in parte alla disciplina del codice dei contratti
pubblici stabilisce:
1)
che l’affidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori,
servizi forniture, esclusi, in tutto o in parte, dall’applicazione
del codice stesso, avviene nel rispetto dei principi di economicità,
efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza,
proporzionalità;
2)
che l’affidamento deve essere preceduto da un invito
ad almeno cinque concorrenti,
se compatibile con l’oggetto del contratto;
3)
che, anche nell’ambito dei contratti esclusi, il principio di
economicità può essere subordinato, entro i limiti in cui sia
espressamente consentito dalle norme vigenti, ai criteri, previsti
dal bando ispirati a esigenze
sociali,
nonché alla tutela della salute e dell’ambiente e alla promozione
dello sviluppo sostenibile;
4)
che le procedure di affidamento e le altre attività amministrative
in materia di contratti pubblici si espletano nel rispetto delle
disposizioni sul procedimento amministrativo di cui alla l.n. 241/90
5) che nelle aree non espressamente disciplinate dal dlgs. 163/06,
l’attività contrattuale tra le parti si svolge nel rispetto delle
disposizioni stabilite dal codice
civile;
6)
che le amministrazioni aggiudicatrici stabiliscono se è ammesso o
meno il subappalto, e, in caso affermativo, le relative condizioni di
ammissibilità.
Sul
tema quindi, sembrerebbe che in definitiva, nel caso di contratti
aventi ad oggetto prestazioni riconducibili ai servizi sociali,
l’applicazione del principio di economicità possa prevedere in
alcuni casi delle deroghe in relazione ad esigenze sociali.
In
relazione al quadro normativo delineato fino a questo momento è
utile precisare che, seppur risulta evidente un regime differenziato
per gli appalti nei servizi sociali rispetto alla disciplina generale
degli appalti, risulta altrettanto chiara la considerazione per cui
la sola specificità di questi servizi, non
legittima
di per sè la pubblica amministrazione a procedere al di fuori di
qualsiasi confronto competitivo all’affidamento
diretto
del servizio.
Tale
posizione è stata più volte ribadita sia dall’Autorità di
Vigilanza sui Contratti Pubblici (cfr. deliberazione AVCP, 8 marzo
2012, n. 25) che dalla giurisprudenza26
(cfr. C.d.S., 25 gennaio 2012 n. 324, C.d.S., Adunanza Plenaria, 3
marzo 2008 n. 1 , T.A.R. Lazio, 8 luglio 2008 n. 6424).
In
effetti, seppur i principi di libera concorrenza e non
discriminazione non sono sul piano formale direttamente richiamati
tra i principi applicabili ai contratti esclusi, è da ritenere che,
compatibilmente con l’oggetto del contratto, l’applicazione dei
principi comunitari di economicità, efficacia, imparzialità, parità
di trattamento, trasparenza e proporzionalità, determini
ad ogni modo la
necessità di un leale confronto competitivo27
().In relazione al principio di pubblicità, rimangono anche
applicabili principi generali in materia di affidamenti pubblici
desumibili dalla normativa comunitaria e nazionale, espressione dei
principi di imparzialità e buon andamento dell’azione
amministrativa di cui all’art.97 Cost. 28.
Pertanto,
la amministrazione potrà provvedere all'affidamento di un servizio
mediante una procedura
semplificata
che
si concretizza in un invito ad almeno cinque concorrenti a cui
peraltro, nel caso in cui solo alcuni degli operatori consultati
abbiano inteso presentare la loro offerta, non deve obbligatoriamente
seguire l’acquisizione di un numero minimo di offerte29
.
Inoltre,
la lettura della disciplina contenuta nel dlgs. 163/06 deve essere
coordinata con la l. n. 328/00, e specifiche disposizioni, relative
all’affidamento nel caso di cooperative sociali o soggetti del
Terzo settore (cfr. art. 5 l. n. 381/91).In particolare, quest’ultima
disposizione consentiva all’amministrazione, quando
ricorrono le condizioni specificamente indicate,
di
affidare direttamente alle cooperative sociali di tipo B (per
reinserimento dei lavoratori svantaggiati),
mediante
convenzioni,
appalti di fornitura di beni e servizi pubblici. La norma in esame,
derogando ai principi generali di tutela della concorrenza che
presiedono alla svolgimento delle procedure di gara, ha
valenza eccezionale
ed
in
quanto tale deve essere
interpretata
in maniera restrittiva.
30
Da
ultimo, l'obbligo
di confronto nella scelta tra le cooperative è stato stabilito
dall’art.
1 c. 610 della legge di stabilità per il 2015, cha ha integrato
l’art. 5 della l. n. 381/91.
11.
I mezzi e gli strumenti di gestione nei servizi sociali .
Lasocietà
partecipata. Compatibile
con la gestione dei servizi sociali è il modello di società
partecipata (di cui si è detto), per la costituzione della quale è
comunque richiesto il rispetto dei principi ad evidenza pubblica come
sopra delineati.
In
ragione della natura del servizio, partecipa di disciplina
derogatoria a quella dettata dal dlgs 163 del 2006 e lo statut può
prevedere aumento del capitale sociale per ragioni derivanti dalla
gestione non lucrativa della società. Ed in ogni caso la società è
chiamata a realizzare situazioni quantomeno di pareggio.
L’Istituzione
L’istituzione
è strumento tradizionale per la gestione dei servizi pubblici a
rilevanza non economica. L’art. 114 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n.
267, la qualifica come organismi strumentali dell’ente locale per
l’esercizio di servizi sociali che godono di autonomia gestionale.
Organi
dell’istituzione sono: il consiglio di amministrazione, il
presidente e il direttore, al quale compete la responsabilità
gestionale. Le modalità di nomina e revoca degli amministratori sono
stabilite dallo statuto dell’ente locale. L’istituzione informa
la sua attività a criteri di efficacia, efficienza ed economicità
ed ha l’obbligo del pareggio di bilancio da perseguire attraverso
l’equilibrio dei costi e dei ricavi, compresi i trasferimenti.
Nell’ambito
della legge, l’ordinamento ed il funzionamento delle istituzioni
sono disciplinati dallo statuto e dai regolamenti dell’ente locale
da cui dipendono.
L’ente
locale conferisce il capitale di dotazione; determina le finalità e
gli indirizzi; approva gli atti fondamentali; esercita la vigilanza;
verifica i risultati della gestione; provvede alla copertura degli
eventuali costi sociali.
Il
collegio dei revisori dei conti dell’ente locale esercita le sue
funzioni anche nei confronti dell’istituzione.
Si
prevede il ricorso all’istituzione solo se il servizio da erogare
abbia natura “sociale” e sia privo di rilevanza imprenditoriale
(rectius:
rilevanza economica). Si tratta, evidentemente, di servizi che non
comportano alcuna necessità di predisporre un “complesso di beni
organizzati”, in cui il soggetto erogatore agisce come
“agente-intermediario”tra la Pubblica Amministrazione e gli
utenti, limitandosi la sua attività al “fatto” dell’erogazione
ed esaurendo in esso ogni funzione.
L’azienda
per i servizi alla persona (ASP) ,
ha personalità giuridica di diritto pubblico, è dotata di autonomia
statutaria, gestionale, patrimoniale, contabile e finanziaria e non
ha fini di lucro. L'Azienda svolge la propria attività secondo
criteri di efficienza, efficacia ed economicità, nel rispetto del
pareggio di bilancio da perseguire attraverso l'equilibrio dei costi
e ricavi.(in alcuni casi nasce dalla trasformazione delle IPAB:
L'Azienda subentra negli obblighi, nei diritti e nei rapporti attivi
e passivi della o delle Istituzioni trasformate)
L'Azienda,
nell'ambito della propria autonomia, adotta tutti gli atti e negozi,
anche di diritto privato,funzionali al perseguimento dei propri fini
ed all'assolvimento degli impegni assunti nei Piani di zona ed in
sede di programmazione regionale.
Sono
organi di governo dell'Azienda il Consiglio di amministrazione; il
Presidente;l'assemblea dei soci, o altro organismo di rappresentanza
già previsto dallo statuto dell'Istituzionetrasformata.
Il
suo statuto disciplina l'ambito di attività, la composizione degli
organi di governo, le modalità di elezione e durata in carica degli
stessi, l'attribuzione al direttore delle funzioni e delle
responsabilità proprie, le modalità di recepimento dei regolamenti
di organizzazione.
E’
previsto un organo di revisione contabile la cui composizione
numerica è commisurata alle dimensioni dell'Azienda ed il cui
Presidente, o revisore unico, è nominato dalla Regione.
L'Azienda,
nell'ambito della propria autonomia, si dota di regolamenti di
organizzazione e di sistemi di valutazione interna della gestione
tecnica e amministrativa.
La
fondazione.
Anche
il modello della fondazione può essere utilizzato per la gestione
dei servizi a rilevanza economica, ed in particolare è utilizzato
per servizi culturali e tempo libero.La
fondazione
è una stabile organizzazione privata senza scopo di lucro, dotata di
un patrimonio vincolato al perseguimento dei suoi scopi statutari. La
denominazione di ente no-profit è data dal fine istituzionale non
lucrativo, ma rivolto a compiti assistenziali, culturali, ricreativi,
sportivi ecc., di natura ideale che gli amministratori realizzano non
mirando al profitto, ma cercando di utilizzare al meglio le risorse
disponibili.
Per
completezza, si ricorda che, in passato, il legislatore nazionale –
in ottica di revisione di spesa pubblica- ha imposto il divieto di
costituire nuove persone giuridiche da parte degli enti locali ,
anche per la gestione di servizi sociali. In particolare, L'art.
9, c. 6 del d. l. n. 95/2012, conv. nella l. n. 135/2012 (c.d.
spending review), infatti aveva introdotto il divieto, per gli enti
locali, di "istituire enti, agenzie e organismi comunque
denominati e di qualsiasi natura giuridica, che esercitino una o più
funzioni fondamentali e funzioni amministrative loro conferite ai
sensi dell'articolo 118, della Costituzione". Secondo la Corte
dei conti31,
l'amplissima latitudine operativa della disposizione, nel quadro
dell'opzione legislativa favorevole alla reinternalizzazione dei
servizi, non poteva che comprendere anche le fondazioni ed in genere
tutti gli organismi strumentali creati dall'ente locale (salvo, per
le società, il riferimento contenuto nel c. 7). La disposizione
venen poi abraogata dalla l. n. 147 del 2013.
L’autorizzazione.
I
privati che vogliono svolgere attività diretta a soddisfare
interessi generali corrispondenti ai servizi sociali sono tenuti ad
ottenere autorizzazione (ar.t 1 l. n. 328/00). L’autorizzazione si
configura quale strumento per verificare che l’attività posta in
essere dal privato non confligga con diritti o interessi che devono
essere tutelati. Il relativo provvedimento presuppone una attività
riconognitiva relativa alla sussistenza dei requisiti richiesti.
Così, il funzionamento di servizi e strutture residenziali e
semiresidenziali, pubbliche e private, che svolgono attività
socio-assistenziali e socio-sanitarie è subordinato al rilascio di
specifica autorizzazione, al fine di garantire la necessaria
funzionalità e sicurezza, nel rispetto delle norme statali e
regionali in materia, con particolare riguardo alla sicurezza e
salute dei lavoratori. Competente ad esaminare la domanda è
l’amministrazione comunale
L’accreditamento
Il
provvedimento di accreditamento è volto a verificare l’idoneità
dei privati all’esercizio di una attività al cui titolarità è
dei soggetti pubblici, che attraversi la programmazione, hanno
individuato e definito i bisogni da soddisfare per la tutela di
determinati diritti sociali, sanciti costituzionalmente.
L’accreditamento è quindi un modo per riconoscere rispondenza
dell’attività privata ad un interesse pubblico della collettività.
E’ infatti attraverso l’accreditamento che discende la
possibilità per i soggetti provati di essere inseriti nel sistema
integrato e quindi essere inseriti nella programmazione dei sistemi
da erogare, di stipulare accordi con gli enti pubblici e di ricevere
da questi- quindi a carico dei bilanci pubblici – tariffe per le
prestazioni erogate. L’accreditamento costituisce un meccanismo
applicato nei servizi sociali, ma mutuato dall’esperienza del
settore sanitario dove venne introdotto dal dlgs. 502/92. Attraverso
questo sistema il legislatore statale ha cercato di promuovere una
concorrenza regolata che tra gli erogatori di servizi sociali.
L’accreditamento riguarda tanto le strutture pubbliche che quelle
private e presuppone il possesso di specifici requisiti connessi ala
tipologia del servizio da svolgere32.
12.
Il Ruolo dell’ente locale ed il rapporto con il soggetto gestore.
La
scelta delle soluzioni che, compatibilmente con la disponibilità di
risorse dell’ente affidante o dell’utenza (sopportabilità della
tariffa), possono meglio soddisfare le legittime aspettative dei
cittadini, non termina con l’affidamento dell’esecuzione del
servizio. Spetta, infatti, all’Amministrazione la valutazione della
bontà e/o attualità e adeguatezza dei servizi previsti nei
contratti di affidamento. Ogni soluzione adottata, tanto più se
innovativa (come nel caso di settori ad alta innovazione tecnologica
o nei quali la variabilità socio-culturale sia alta) contiene
elementi di previsione di fatti futuri che sono da verificare.
È
compito dell’ente affidante, pertanto, la costante verifica della
bontà delle soluzioni adottate e l’iniziativa di adeguare il
servizio alle mutate esigenze dei cittadini.
Esso
si avvarrà del supporto tecnico-operativo dell’erogatore, poiché
dovrà operare scelte che si riferiscono non solo al servizio vero e
proprio, ma anche ai servizi connessi ed alle politiche generali o
intersettoriali; non dovrà né delegare al gestore né rendere
vacante questa funzione.
L’ente
locale dovrà esercitare, limitandosi esclusivamente agli aspetti
prestazionali e non a quelli organizzativi interni del gestore,
l’effettiva e corretta erogazione di quanto previsto
contrattualmente. Tale attività, che assume particolare importanza
in una visione temporale pari a quella della durata dell’affidamento,
dovrà essere svolta attraverso una serie di strumenti di rilevamento
e controllo che garantiscano un reale e costante monitoraggio delle
prestazioni erogate e dei loro risultati.
L’ente
locale potrà avvalersi del gestore per ottenere, contrattualmente,
dati relativi alla gestione.
L’integrazione
di questi con quanto risultante da altri sistemi di informazione
permetterà di attivare la fase di valutazione dei risultati e di
indirizzo precedentemente descritta.
Per
parte sua il gestore
organizza
l’erogazione del servizio seguendo gli indirizzi
dell’amministrazione affidante, ma mantenendo piena autonomia nella
gestione. Sulla base della propria autonomia organizzativa e seguendo
gli indirizzi ed obiettivi fissati dall’Amministrazione affidante,
eroga il servizio, garantendo il conseguimento degli standard
prestazionali pattuiti.
Il
rapporto tra l’affidatario e l’ente locale è regolato da un
contratto di servizio. Il legislatore ha introdotto il concetto di
contratto come strumento per la “regolazione dei rapporti tra Ente
e azienda speciale” per effetto della previsione contenuta
nell’art. 4 L. 95/95 (art. 114 TUEL).
Un
riferimento allo stesso come “convenzione con le società miste”
si trova anche nell’art. 5 D.P.R. 533/96. Le normative di settore
(“Ronchey” L.4/93, “Galli” L.36/94, “Burlando” D.Lgs.
422/97, “Letta” D. Lgs. 164/00) fanno riferimento allo strumento
contrattuale rapportandolo agli elementi di valutazione dei risultati
del servizio affidato.
L’art.
35 L.448/01 (riformando gli artt. 113 e 113 bis TUEL) ha•
introdotto l’obbligo di contratto di servizio per la regolazione
dei rapporti tra P.A. e soggetto erogatore del servizio pubblico in
relazione ad ogni ipotesi di affidamento di servizio pubblico locale.
LA norma ha altresì previsto che il contratto di servizio vada
allegato al bando di gara, nella fase di scelta del soggetto gestore.
Pertanto,
alla luce delle evoluzioni normative descritte, il contratto di
servizio ha acquisito una determinante centralità nel sistema dei
servizi pubblici locali.
Il
contratto di servizio è una particolare tipologia negoziale
rientrante nell’ambito dei contratti conclusi dalla P.A. che trova
una compiuta definizione nelle norme di diritto pubblico (contratti
ad evidenza pubblica). Si può definire contratto di servizio il
contratto mediante il quale un Ente pubblico
affida
ad un erogatore (il gestore) lo svolgimento di determinati servizi
pubblici, con contestuale [eventuale] trasferimento di pubbliche
funzioni, nonché di beni pubblici strumentali allo svolgimento del
servizio affidato.
L’interesse
perseguito dal contratto in esame consiste proprio nel
soddisfacimento di un interesse generale a che una determinata platea
di utenti usufruisca di un servizio pubblico. In tale ottica, gli
utenti sono tutelati in quanto collettività e portatori di un
interesse comune. Seppur destinatari, in ultima analisi, delle
prestazioni oggetto del contratto di servizio non rivestono la
qualifica di parti contraenti. Tuttavia la previsione di eventuali
obblighi inerenti al servizio affidato (quali ad esempio la
previsione di livelli minimi di qualità del servizio o determinati
obblighi di informazione nei confronti degli utenti) potranno essere
fatti valere dal singolo utente o perché riproposti tra le
disposizioni che verranno poste per la disciplina dei rapporti
contrattuali con i singoli utenti o comunque perché da questi
richiamati per
relationem.
Il
contratto di servizio ha ad oggetto quindi i rapporti con la pubblica
amministrazione, le finalità ed i compiti demandati al soggetto
gestore. Definisce le modalità organizzative dell’attività;i
livelli essenziali di qualità e quantità del servizio, anche con
riferimento agli strumenti informativi da consegnare all’utente
(es. rendiconti, bollette); le eventuali risorse economiche che
devono essere riconosciute al soggetto gestore per lo svolgimento del
servizio;le clausole di risoluzione per motivi di pubblico interesse,
ovvero in seguito a gravi e persistenti inadempimenti degli obblighi.
Ogni
operatore è altresì tenuto a redigere la
carta
di servizi. Si tratta di un documento per dare informazioni agli
utenti sui servizi offerti, sui diritti e sugli obblighi discendenti
dal rapporto contrattuale e sulla qualità che s'impegna a garantire
agli utenti.
La
Carta dei servizi, in attuazione tra l’altro del contratto di
servizio, deve contenere informazioni sui servizi, termini e
modalità di erogazione del servizio e di pagamento delle fatture,
eventuali limitazioni tecniche per certi tipi di servizi; condizioni
di recesso e di rinnovo, le modalità per ricevere assistenza e
presentare reclami;indennizzi riconosciuti in caso di inadempimento
da parte del gestore possibilità di attivare strumenti di controllo
della spesa o di limitazione dell'accesso al servizio (ad esempio per
i minori); inserimento negli elenchi telefonici
Al
pari del contratto, la Carta dei servizi è vincolante per gli
operatori ed è parte integrante della disciplina del rapporto. Il
contratto e la Carta dei servizi costituiscono, quindi, il
riferimento per ogni informazione, obbligo e diritto che l'utente
voglia conoscere e far valere. Per questa ragione, la Carta dei
servizi deve essere resa disponibile agli utenti prima della
conclusione del contratto e deve essere sempre consultabile nel corso
del rapporto contrattuale.
1
Libro verde sui servizi di interesse generale, e nella Relazione al
Consiglio europeo di Laeken del 17/10/2001
2
Cfr. anche l’’art. 36 della Carte dei diritti di Nizza (allegata
al TFUE) che richiama i servizi di interesse economico generale
riferendosi al ruolo di promozione
della coesione sociale e territoriale,
che impone all’Unione Europea di riconoscere
e rispettare l’accesso ai servizi di interesse economico generale,
così come disciplinato dalle legislazioni e dalle prassi nazionali
3
PROTOCOLLO (n. 26)- SUI SERVIZI DI INTERESSE GENERALE -LE ALTE
PARTI CONTRAENTI, DESIDERANDO sottolineare l'importanza dei servizi
di interesse generale, HANNO CONVENUTO le disposizioni
interpretative seguenti, che sono allegate al trattato sull'Unione
europea e al trattato sul funzionamento dell'Unione europea:
Articolo 1: I valori comuni dell'Unione con riguardo al settore dei
servizi di interesse economico generale ai sensi dell'articolo 14
del trattato sul funzionamento dell'Unione europea comprendono in
particolare:- il ruolo essenziale e l'ampio potere discrezionale
delle autorità nazionali, regionali e locali di fornire,
commissionare e organizzare servizi di interesse economico generale
il più vicini possibile alle esigenze degli utenti;
-
la diversità tra i vari servizi di interesse economico generale e
le differenze delle esigenze e preferenze degli utenti che possono
discendere da situazioni geografiche, sociali e culturali diverse;-
un alto livello di qualità, sicurezza e accessibilità economica,
la parità di trattamento e la promozione dell'accesso universale e
dei diritti dell'utente.
Articolo 2 Le
disposizioni dei trattati lasciano impregiudicata la competenza
degli Stati membri a fornire, a commissionare e ad organizzare
servizi di interesse generale non economico.
4
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al
Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato
delle regioni, del 12 maggio 2004, intitolata «Libro bianco
sui servizi d'interesse generale» [COM(2004) 374 def. - Non
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale]
5
Per il concetto di servizio universale in Italia, cfr. d.P.R.
n. 318/1997
“ Regolamento
per l’attuazione di direttive comunitarie nel settore delle
telecomunicazioni”.,
con la conseguenza che nel settore delle telecomunicazione il
servizio universale comporta un serie di obblighi a carico
dell’operatore che deteneva la maggior quota di mercatoCfr. oggi
il d.lgs. n. 259/2003 - Codice delle comunicazioni elettroniche, e
in particolare gli artt. 54-57 e 59). Per il servizio universale di
Poste
e Telecomunicazioni,
cfr. d.lgs. n. 261/1999(di recepimento della dir.1997/67/CEE,
modificata dalla dir. 2002/39/CE) concernente Regole
comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali
comunitari e per il miglioramento della qualità del servizio.
7
Cass. civ., sez. un., n. 16831/2002; n. 14032/2001; n. 71/2000;
Cons. Stato, sez. V, n. 260572001; T.A.R. Campania, Napoli, sez. I,
n. 2841/2004 e n. 5111/2001; T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, n.
1588/2004; T.A.R. Marche, n. 2/2001
8
Cons. Stato, sez. IV, n. 6489/2004; T.A.R. Basilicata, Potenza, n.
598/2002; T.A.R. Lazio, sez. III, n. 473/2004
11
Consiglio
di Stato, Sez. V, 8/9/2008 n. 4265 Consiglio di Stato, Sez. V,
8/9/2008 n. 4265. Un centro sportivo strutturato in una piscina, di
proprietà comunale, è un bene che per sua natura è destinata ad
essere adibita ad un uso pubblico. L'attività ad essa inerente,
pertanto, ha tutte le caratteristiche per essere qualificata come un
servizio pubblico.
12
T.A.R. Veneto, sez. I, n. 2025/2005; T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, n.
3397/2005; T.A.R. Liguria, n. 484/2005, n. 362/2005 e n. 312/2004
13
Cons. Stato, sez. V, n. 4152/2002; Id., sez. VI, n. 1303/2002;
T.A.R. Lombardia, Brescia, n. 673/2005
16 Laddove
il settore di attività sia economicamente competitivo e la libertà
di iniziativa economica appaia in grado di conseguire anche gli
obiettivi di interesse pubblico sottesi alla disciplina del settore,
al servizio dovrà riconoscersi rilevanza economica, cfr. T.A.R.
Liguria, Sez. II, n. 527/2005. Sono stati considerati servizi
pubblici con rilevanza economica:
a)
la gestione della comunità alloggio per minori, del centro
educativo diurno per minori e della mensa sociale;b) l’assistenza
domiciliare in favore di persone anziane e/o svantaggiate, la
consegna di pasti caldi a domicilio, le attività di lavanderia e
stireria, nonché la gestione del centro di aggregazione per
anziani;in quanto trattasi di attività suscettibili, in astratto,
di essere gestite in forma remunerativa e per le quali esiste
certamente un mercato concorrenziale, a maggior ragione se
aggiudicati con gara precedentemente al loro affidamento ad un
soggetto gestore partecipato dall’Ente Locale.
17
Cfr. l’elenco contenuto nel Il D.M. 31 dicembre 1983 del Ministro
dell’Interno, che li elenca in 1) alberghi, esclusi i dormitori
pubblici; case di riposo e di ricovero;2) alberghi diurni e bagni
pubblici; 3) asili nido;4) convitti, campeggi, case per vacanze,
ostelli; 5) colonie e soggiorni stagionali, stabilimenti termali; 6)
corsi extra scolastici di insegnamento di arti e sport e altre
discipline, fatta eccezione per quelli espressamente previsti dalla
legge; 7) giardini zoologici
e botanici;
8) impianti sportivi: piscine, campi da tennis, di pattinaggio,
impianti di risalita e simili; 9) mattatoi pubblici; 10) mense,
comprese quelle ad uso scolastico; 11) mercati e fiere
attrezzati;12) parcheggi custoditi e parchimetri; 13) pesa pubblica;
14) servizi turistici diversi: stabilimenti balneari, approdi
turistici e simili; 15) spurgo di pozzi neri; 16) teatri, musei,
pinacoteche, gallerie, mostre e spettacoli; 17) trasporti di carni
macellate; 18) trasporti funebri, pompe funebri e illuminazioni
votive ; 19) uso di locali adibiti stabilmente ed esclusivamente a
riunioni non istituzionali: auditorium, palazzi dei congressi e
simili.
19
R.D.
15 ottobre 1925, n. 2578, art. 1 I comuni possono assumere nei modi
stabiliti dal presente testo unico, l'impianto e l'esercizio diretto
dei pubblici servizi e segnatamente di quelli relativi agli oggetti
seguenti: 1° costruzione di acquedotti e fontane e distribuzione di
acqua potabile; 2° impianto ed esercizio dell'illuminazione
pubblica e privata; 3° costruzione di fognature ed utilizzazione
delle materie fertilizzanti; 4° costruzione ed esercizio di
tramvie a trazione animale o meccanica; 5° costruzione ed esercizio
di reti telefoniche nel territorio comunale; 6° impianto ed
esercizio di farmacie; 7° nettezza pubblica e sgombro di immondizie
dalle case; 8° trasporti funebri, anche con diritto diprivativa,
eccettuati i trasporti dei soci di congregazioni, confraternite ed
altre associazioni costituite a tal fine e riconosciute come enti
morali; 9° costruzione ed esercizio di molini e di forni normali;
10° costruzione ed esercizio di stabilimenti per la macellazione,
anche con diritto di privativa; 11° costruzione ed esercizio di
mercati pubblici, anche con diritto di privativa; 12° costruzione
ed esercizio di bagni e lavatoi pubblici; 13° fabbrica e vendita
del ghiaccio; 14° costruzione ed esercizio di asili notturni; 15°
impianto ed esercizio di omnibus, automobili e di ogni altro simile
mezzo, diretto a provvedere alle pubbliche comunicazioni; 16°
produzione e distribuzione di forza motrice idraulica ed elettrica e
costruzione degli impianti relativi; 17° pubbliche affissioni,
anche con diritto di privativa, eccettuandone sempre i manifesti
elettorali e gli atti della pubblica autorità; 18° essiccatoi di
granturco e relativi depositi; 19° stabilimento e relativa vendita
di semenzai e vivai di viti ed altre piante arboree e fruttifere.
21
Sulla normativa intervennero anche l’art. 14 d.l. n. 269/2003
(conv. con mod. in l. n. 326/2003) l’art. 4 l.350/03, , - legge
finanziaria 2004
23
Corte Cost.sent 17-20 luglio 2012, n. 199
24
Si richiama la sentenza del Consiglio di Stato, sez. III, 27/4/2015
n. 2154, ma sul punto la giurisprudenza è copiosa.
25
Nello specifico, l’allegato II B individua i
servizi sanitari e sociali
come servizi di categoria 25 – numero di riferimento CPC 93. Il
numero C.P.C. corrisponde alla classificazione comune dei prodotti
delle Nazioni unite, Health
and social services.
(Direttiva 92/50/CEE del Consiglio del 18 giugno 1992). Pertanto, i
servizi sanitari e scoiali di cui all’all. B, sono definiti in
dettaglio richiamando il Vocabolario comune degli appalti pubblici
(CPV)che è stato approvato con un regolamento comunitario (C.E.
2151/2003 e s.m. C.E. 213/2008), per standarizzare i riferimenti
utilizzati dalle amministrazioni aggiudicatrici per descrivere
l’oggetto dei loro appalti.
26
deliberazione AVCP, 8 marzo 2012, n. 25) che dalla giurisprudenza
(cfr. C.d.S., 25 gennaio 2012 n. 324, C.d.S., Adunanza Plenaria, 3
marzo 2008 n. 1 , T.A.R. Lazio, 8 luglio 2008 n. 6424
30
Pertanto, non era possibile fare rientrare nel suo campo di
applicazione contratti diversi da quelli specificamente indicati-
così Cons. St. n. 2829 dell’11.5.2010. Inoltre, l'affidamento
diretto alle cooperative di tipo B) andava a valere per i soli
appalti sotto soglia comunitaria, altrimenti prevalendo l normativa
dell’Unione euroepa, così Cons. St. Sent. n. 794 del 14.2.03
31
Corte
dei conti, sez. regionale di controllo per la Regione Lombardia,
18/9/2012 n. 403, che peraltro precisa che le funzioni fondamentali
comprendono l’organizzazione di servizi pubblici di interesse
generale in ambito ocmunale e nello specifico la progettazione e
gestione del sistema locale dei servizi sociali ed erogazione delle
relative prestazioni ai cittadini. -
32
Sul tema cfr. A. ALBANESE (2007). Diritto all'assistenza e servizi
sociali. Intervento pubblico e attività dei privati. MILANO:
Giuffre,