richard_b |
Bologna. Sciopero della mensa atto secondo: a
distanza di qualche mese ci risiamo. Il primo sciopero a suon di
panino, è stato consumato all'aria aperta, era primavera, e la cosa
è riuscita molto bene. I bambini che non hanno aderito sono rimasti
in aula a consumare il pasto normale e gli altri
sono usciti. Non si
è trattato di un capriccio. Dividere i bambini è stata una
necessità dettata da più fattori "tecnici" quali: la
contaminazione dei cibi, il personale coinvolto e altro ancora.
Queste motivazioni oggi non ci sono più e l'Amministrazione dà
disponibilità a consumare i diversi pasti nei medesimi spazi.
E noi ci poniamo delle domande: Come mai non ci
sono più ostacoli di sorta? E se i bambini che consumano panino e il
pasto possono star vicini durante lo sciopero, perché non possono
farlo sempre?
Pare una domanda banale ma non lo è, tant'è che
a Torino i genitori hanno fatto un ricorso al TAR anche sulla
medesima questione. “Il Tar- racconta l'avvocato Giorgio
Vecchione che ha seguito la pratica per 700 genitori- ci ha
rimandato ad un giudice ordinario. Attualmente siamo in attesa di
decisione”.
E se la
domanda dovesse essere
accolta , si aprirebbe
un varco enorme per “dismettere” le mense che risultano
inefficienti in tanti parti d'Italia, per essere scavalcate dal
pranzo al sacco.
Ma torniamo a Bologna. Un servizio caro, tra i più
cari in Italia e un servizio senza apparente controllo del pubblico,
attira l'attenzione. Perché mai una situazione del genere deve
ricadere sulle tasche dei cittadini? Le aziende partecipate numerose
in tutto il paese hanno vari difetti, non in teoria, ma nella pratica
dei fatti.
Il socio privato e il socio pubblico sembrano
rimbalzarsi le responsabilità di utili e di una qualità che fa
acqua da tutte le parti.
Se a
contratto è scaduto e prorogato:
perché il comune non interviene con nuova gara a scegliere
nuovi soci? E’ fisiologico il rinnovo del rapporto e le società
partecipate comunali già l’hanno conosciuto si pensi al caso della
società che gestisce le farmacie comunali.
Potrebbe aprirsi questa strada? Il comune potrebbe
rimpiazzare “l'indisciplinato” socio privato per far posto a
qualcun altro?
La via sarebbe percorribile liquidando la parte
del privato ma con quali costi?
Si potrebbe aspettare che il contratto
scada? E seguendo questa prospettiva che ci pare la più
percorribile, invitiamo a fare un'attenta analisi per il futuro. Nei
contratti si potrà tener presente la possibilità di scindere
l'accordo in casi di mala gestione? Si potranno tutelare gli
interessi e le economie del socio pubblico che fino a prova
contraria, sono anche gli interessi di tutti i cittadini. E una
buona volta si potrebbe pensare ad una soluzione che che tenga
presente davvero la voce dei cittadini attraverso l’applicazione
di un modello democratico? O quantomeno tenga conto della voce di
quella parte dei cittadini che sono l’utenza e che sono costretti
ad utilizzare strumenti quali uno sciopero per dar voce ad una
profonda insoddisfazione nel servizio. Siamo di fronte ad una
disillusione verso l'amministrazione e la politica che pare essere
sempre più difficile da gestire e invece di aprire nuove strade sta
causando un irrigidimento e chiusure sempre più forti.
Prof Avv Silvia Nicodemo e Laura Branca