la pappa dei bambini |
Bologna. Il professor Antonio Carullo è uno dei massimi esperti in fatto di diritto pubblico ed economia. Già direttore del dipartimento di discipline giuridiche dell'azienda e dell'economia, insegna Diritto pubblico e tra i vari incarichi ricoperti, che sono davvero tanti sia a Bologna, che non, è componente del Comitato dei Garanti del Comune di Bologna. L'abbiamo incontrato per chiedergli un parere a proposito della scelta dell'Amministrazione di abbandonare Seribo e cercare di capire quale possibilità future si affacciano, anche rispetto alle richieste dell'osservatorio della mensa.
Come
giudica la liquidazione di Seribo da parte dell'Amministrazione?
E'
un atto dovuto perché l’autorità
nazionale anticorruzione, rispondendo
ad un quesito posto dal Comune di Bologna, ha
espressamente escluso la possibilità di rinnovare
il
contratto con Seribo e segnalato la necessità di andare a nuova
gara. Fra l’altro il contratto con Seribo era già scaduto...
Ora si possono e si debbono pensare e impostare soluzioni innovative
oltre che interessanti.
Il
professor Zamagni in una recente intervista a Repubblica ha
dichiarato che si può avviare una società sottoposta al controllo
di qualità dagli utenti. Lei cosa pensa? E' una strada possibile sul
piano giuridico?
E'
una soluzione suggestiva. Questa ipotesi è definita sussidiarietà
orizzontale, nel caso in questione perfezionata ed evoluta perché
incentrata sull'attività dell'utente che può esprimere una
valutazione sul servizio erogato. Una sussidiarietà in cui tre
soggetti: pubblico, privato e utente si relazionano in modo coeso. Si
un'innovazione certamente coerente con l'attuale ordinamento
giuridico. Questa relazione di soggetti che hanno diverse finalità,
che sono: il privato quella di far utili, il pubblico di creare un
buon servizio e l'utente di esercitare un controllo continuo ed
efficace, potrebbe funzionare molto bene se ben studiato. Oggi siamo
di fronte ad una situazione molto differente, e in parte difficile da
fare comprendere alle famiglie, con uno scoperto del 30% per il
pubblico e di forti utili da parte del privato. Le cose vanno certo
cambiate.
Tra
le varie ipotesi che avanzava i genitori dell'osservatorio della
mensa, c'è anche quello di portare il pasto da casa. Cosa ne pensa?
E'
una soluzione utile principalmente per i due seguenti motivi: intanto
si garantisce, a chi fa fatica a pagare il pasto al bambino, di
farglielo portare da casa; poi credo che questa sia un buon modo per
spingere i futuri gestori a mantenere costi competitivi, cioè
contenuti, e una sempre migliore qualità. Solo così sarà davvero
l'utente a giudicare la qualità in modo continuo. Semmai ci sarà da
valutare con attenzione come mantenere e fissare un dato numero di
pasti in tempo utile per la necessaria programmazione dell'attività
del gestore privato.
Oggi
sono circa 18mila i pasti al giorno...
E se
un domani dovessero calare a 5mila? E' evidente che per il privato
che gestisce sarebbe una grande perdita economica e quindi sarebbe
motivato a mantenere un buon servizio al di là dei controlli, in
quanto il bambino può fruire del pasto portato da casa. Insomma così
si crea una vera competizione interna innescata da un sistema di
incentivi e disincentivi economici. Altra e diversa questione è il
tema del mancato pagamento dei pasti da parte degli utenti. In questo
caso potrebbe intervenire il Comune per far pagare l'utente ovvero
trovare un modo per garantire il corrispondente flusso finanziario
per il gestore privato, a cui non si può chiedere di operare in
perdita.
Quindi
non ci sono problemi legali a portare il pasto da casa?
No,
non vedo problemi particolari, certo a condizione che le maestre, o
il personale adibito, controllino che non ci siano scambi di alimenti
e siano assicurate le condizioni igieniche. Non mi pare però
corretta, anche su un piano educativo, la soluzione radicale di chi
vorrebbe imporre ai bambini che portano il pasto da casa di
consumarlo in luoghi diversi da quello dove si trovano gli altri: il
pasto deve continuare ad essere un momento fondamentale di
socializzazione e di comunione. Per il resto non vedo difficoltà,
anche su di un piano prettamente giuridico, a rendere praticabile
tale soluzione, con i dovuti accorgimenti igienici. Dovrebbe anzi
essere garantita la possibilità per i genitori di scegliere giorno
per giorno se avvalersi o meno del servizio mensa, anche in relazione
al menu comunicato dal gestore: la fruizione del servizio dovrebbe
essere sempre per i genitori un’opportunità non un obbligo.
La
mensa del bolognese è passata da una gestione diretta, alla gestione
mista di seribo. Oggi siamo all'appalto ai privati. Pensa possibile
un ritorno a cucine interne e gestite dal comune?
Tutto
può essere, e queste scelte sono a discrezione della politica: a
quanto mi consta oggi la gestione diretta è adottata con buoni
risultati e gradimento da parte dei fruitori nei nidi di infanzia e
potrebbe essere estesa anche alla scuola di infanzia e primaria. Si
deve però tenere presente, che siamo in fase di un forte
contenimento e controllo della spesa pubblica. La mensa è certo un
servizio importante, ma la spesa che una gestione diretta è davvero
conveniente? Può davvero garantire una maggiore qualità? Siamo
certi che un cuoco selezionato dal comune, sarebbe migliore rispetto
ad un cuoco assunto da un'azienda privata? E' utile un investimento
su una tecnologia di mensa che fra qualche anno potrebbe diventare
obsoleta.
Penso
che oggi ci siano tante possibili soluzioni sul mercato più
convenienti di una gestione diretta. Al pubblico si richiede invece
coerentemente con i suoi fini, da controllare e gestire un servizio
di qualità per tutti in modo equo.