Massimiliano Tarozzi |
Bologna. Massimiliano Tarozzi è presidente dell'istituzione educazione e scuola, Professore all'università di Trento e Bologna poi, la sua materia è la pedagogia. Mi riceve per l'intervista nel suo
studio in via Capra Mozza (nuova seda dell'istituzione) in un locale
ampio, con bei mobili di inizio novecento. Due ampie finestre danno
su uno stretto vicolo tipico bolognese. Non c'è nulla di lussuoso, ma c'è qualcosa
di signorile in quella stanza come nel mio interlocutore. Mi accoglie
con un sorriso e con un'aria un po' timida, ma forse più che
timidezza, si tratta di riservatezza. Ci sediamo attorno ad un tavolo ovale contornato da piccole poltrone dal sapore teatrale.
Prima di comunicare con le domande, facciamo due chiacchiere di
circostanza e non posso che confermare le prime impressioni, è una persona riservata e al contempo passionale.
Tra i suoi
interessi di studio spiccano due temi: l'integrazione interculturale
e l'educazione alla cittadinanza partecipata o attiva. In che termini
crede si possano applicare queste materie all'istituzione?
L'integrazione e la
cittadinanza sono strettamente collegate. Le nuove cittadinanze non
possono che essere sempre più interculturali e l’integrazione
interculturale deve essere legata alla cittadinanza come titolarità
di diritti. Se non fossero collegate il rispetto della differenza e
le pratiche interculturali sarebbero solo chiacchiere, teorizzazioni
fini a se stesse. Peraltro,. affrontare queste tematiche nel tratto
d'infanzia compreso tra lo 0 e i 6 anni è strategico, e può dare
risultati eccellenti, come dimostrano tanti studi, perché a livello
prescolastico, dove gli “stranieri” sono per la quasi totalità
“neoitaliani”, si gioca una partita importantissima per
l’integrazione.
Che impressioni
ha avuto fino ad ora rispetto al suo lavoro di presidente?
L'impressione è di
essere salito su un treno in corsa. Un treno che viaggia spedito,
specie per la gestione dei servizi 0-6. Per questo vorrei operare
senza interferire troppo con il manovratore, mi vedo di più nel
ruolo di armonizzatore e di questo avverto l’esigenza. Mi spiego:
dopo anni di decentramento, l'educazione torna alla centralità
cittadina. Favorire una maggiore unitarietà pedagogica non è e non
sarà facile, è un percorso lungo ma credo fosse un passaggio
necessario. Tornare alla centralità significa tornare ad avere una
gestione e una visione pedagogica e politica d'insieme, pur tenendo
conto dell’insostituibile ruolo svolto dai quartieri e dai
territori..
Non crede sia
stato un passaggio troppo rapido?
La decisione è
stata in capo al Consiglio comunale, ma ritengo che il Consiglio
abbia agito bene, cogliendo il momento quando si sono create le
opportunità politiche per farlo. Dalla delibera del
giugno scorso che ha approvato la nascita dell’istituzione scuola e
educazione ci sono stati tanti passaggi impegnativi dal punto di
vista organizzativo, primo tra i quali il passaggio del personale,
poi la nomina del direttore, poi il cda.
Nomina del
direttore avvenuta contravvenendo al regolamento. Il sindaco avrebbe
dovuto nominare il direttore dopo aver sentito il cda. Il direttore
invece è stato nominato prima della costituzione del cda...
Una decisione
dettata da esigenze concrete e urgenti: si dovevano aprire i servizi
e le scuole a settembre. Poi la nomina non poteva ricadere su una
persona più preparata e competente. Ho grande stima dell'operato
della dottoressa Cesari.
Fino ad ora
l'istituzione non ha incontrato il comitato genitori, non le
associazioni che avevano chiesto un'udienza conoscitiva che si è
svolta senza la loro presenza. Come mai?
Non è propriamente
vero. Ho incontrato associazioni di genitori, ma non nell’ambito
del consiglio comunale. Però è vero che non abbiamo ancora fatto
tutti gli incontri necessari. I motivi anche qui sono di ordine
pratico. Ripercorriamo le tappe temporali: il regolamento
dell’Istituzione era pronto a settembre, a metà novembre c'è
stato l'insediamento formale del CdA, il Natale ha rallentato il
tutto. Ci sono stati tempi strettissimi. Eppure in queste poche
settimane il cda comunque si è incontrato formalmente due volte,
informalmente molto più spesso. Abbiamo deciso di dedicare questo
tempo ad ascoltare tutti e abbiamo fissato una serie d'incontri: con
i pedagogisti, i coordinatori pedagogici, gli educatori dei servizi
adolescenti, i presidenti dei quartieri, il provveditore degli studi
e altri più informali con insegnanti, associazione di genitori e
tutti coloro che ci hanno chiesto un incontro. Siamo in ascolto. Per
capire cosa ha fatto chi c’era prima di noi e cosa c'è da fare per
il futuro. Ad ogni modo presto incontreremo formalmente il comitato
dei genitori. E siamo aperti ad ascoltare tutti.
Sono stati in
molti a protestare rispetto all'istituzione. Gli insegnanti ad
esempio non vogliono modificare il contratto e hanno fatto ricorso.
Come vede lei la questione?
Ne capisco
l'importanza. Credo sia giusto difendere il proprio contratto e le
condizioni che garantiscono serenità nel proprio lavoro. Credo anche
il contratto scuola storicamente abbia significato un svolta
qualitativa nelle scuole. L’istituzione non ha il potere di
scegliere il tipo di contratto da garantire ai neoassunti che è in
capo al settore istruzione del Comune, che a sua volta ha le mani
legate da una normativa nazionale. Certo, se dipendesse da me vorrei
questo contratto per tutti e, cosa che non si ricorda mai abbastanza,
lo vorrei anche per le educatrici di nido. Ciò nonostante mi rendo
conto che gli Enti pubblici hanno enormi vincoli che sono imposti
dallo stato e non solo economici e per i nuovi contratti non c’è
la possibilità di scelta. Detto questo, non credo che la questione
contrattuale sia la priorità. C'è un tessuto da ricostruire, c'è
da ridare fiducia, interesse e orgoglio nel proprio lavoro e
centralità all'infanzia in generale, vorrei che l'istituzione fosse
un luogo aperto e di libera partecipazione e confronto su questi
temi.
Vorrebbe
ricostruire e proseguire il lavoro di suo padre, l'assessore Ettore
Tarozzi?
Non dobbiamo rimpiangere nostalgicamente gli anni d’oro delle
amministrazioni bolognesi. Le contingenze storiche rendono
impossibile replicare quella stagione. Ma continuano a comunicarci
una passione, un entusiasmo, un ottimismo politico che al netto delle
ideologie che li permeavano allora, ci dicono molte cose e molto
attuali per le sfide del presente. Non solo: il modello bolognese può
dire tanto al nostro paese e anche a livello internazionale e occorre
trovare nuovi modi per comunicare il “primato bolognese”, di cui
parlava Bruno Ciari a tutta la cittadinanza e al resto del paese. Per
far questo non sono più i “febbrai pedagogici” lo strumento più
efficace per riflettere e discutere. È cambiata la società, sono
cambiate le modalità per fare cultura e per comunicarla. Oggi, ad
esempio, sono realtà come il suo blog o altre interessanti
iniziative nei social network che riescono a coinvolgere e aggregare.
Che novità ha
intenzione di portare al modello Bolognese?
Poche. Credo che il
modello dei servizi per la prima infanzia sia buono e che funzioni
molto bene. Semmai occorre intervenire sul settore adolescenti e
preadolescenti. Un elemento importante di novità è che
l’istituzione ha acquisito molti servizi educativi rivolti ad
adolescenti che prima appartenevano ad altri settori del comune o al
privato sociale. Su questo si lavorerà per qualificare e
sistematizzare l’offerta educativa per adolescenti. Quanto allo
0-6, vorrei impegnarmi per far comprendere in cosa consista
l’eccellenza pedagogica del “modello bolognese”, da far
conoscere e mostrare con orgoglio, prima di tutto alla città che
deve essere consapevole e orgogliosa di essere la città
dell'infanzia e del primato pedagogico. Per costruire tutto questo
occorre partire dalla consapevolezza di chi siamo e da dove veniamo..
Partiamo da un nobile passato e di lì ci proiettiamo verso il
futuro.