Micol Tuzi è pedagogista e delegata Cgil a Bologna. In città tutti la conosciamo. Non possiamo dire che sia una persona che passi indifferente, c'è chi la ama e c'è chi la odio, ma in generale accende grandi passioni. Da qualche tempo la Tuzi ha costituito una rete di delegati cgil che si sta muovendo sul territorio nazionale in modo compatto. Il gruppo di lavoro si è incontrato più volte fino alla produzione di un documento molto ampio che ha messo insieme tante idee e temi per tentare di definire nel complesso scenario attuale cosa il settore 0-6 dovrebbe fare e significare. Le cose che vengono menzionate sono, tantissime e troppe per elencarle tutte. Ci tocca una brutale sintesi in cui tenteremo di far emergere le cose più significative. Il documento è stato già presentato in più contesti sia a Bologna in un convegno collettivo che a Roma durante la presentazione della rete democratica del pd dove dal documento è partito un interessante commento rispetto alla Buona Scuola. E vist l'importanza del ddl partiamo da lì per darne notizia.
Cosa
salvare della buona scuola?
Il
documento individua le priorità su cui i servizi educativi 0-6 si
dovrebbero concentrare per riuscire a mantenersi in essere e di
qualità. Molte delle cose indicate sono in sintonia con gli ultimi
emendamenti presentati alla Buona scuola. Andiamo per punti:
riconosce i nidi come primo tratto educativo del percorso
scolastico. Così i nidi non sarebbero più servizi a domanda
individuale (non sarebbero più sotto la tutela di quattro o cinque,
dipende da come si conta, ministeri). Andrebbero a collocarsi sotto
la guida del Ministero dell'istruzione. E finalmente si riconosce la
necessità di un fondo economico continuativo e a capo dello
Stato (anche se non è chiaro quanta quota venga destinata allo 0-6).
Si definiscono i Lea (già definiti per la sanità) per creare
un contorno e una definizione quantitativa dei servizi in tutto il
paese. Si contorna la qualità educativa e strutturale per
tutti i servizi da nord a sud, con un coordinamento pedagogico per
tutti (oggi le scuole d'infanzia statali non le hanno) e compresenza
effettiva e non arginata, scavalcata e violata a seconda delle
emergenze del caso.
Cosa
non funziona della Buona Scuola?
Ci
sono dei passaggi da rendere chiari
e precisi. Distinguere in modo attento e preciso
tra servizi educativi e servizi conciliativi. Sono servizi
diversi, con finalità diverse, generare confusione potrebbe
significare far calare la qualità. Distinguere i ruoli: cosa fa lo
Stato? Cosa il comune e la regione? C'è bisogno anche di definire il
concetto di pubblico all'interno sistema misto integrato. Gli
unici soggetti pubblici, specificano i delegati, sono quelli che
gestiscono in modo diretto. Servizi in appalto, in concessione, in
convenzione, pur facendo parte di un sistema riconosciuto e con
standar equivalenti (oggi fissati solo in alcune regione) non sono
servizi pubblici. Potrebbe sembrare una precisazione superflua, ma
non lo è e il documento insiste e spiega “pubblico
non significa solo “di tutti”, ma richiama al concetto di
garanzia dei diritti infungibili , mettendo al centro la persona la
sua tutela ed il suo benessere, anteponendo essa alle richieste
spesso fameliche del mercato a cui il privato è indiscutibilmente
più esposto.”
In
un'ottica di sistema misto i delegati fissano una
quota di gestione diretta
da
fissare
in una percentuale
maggiore rispetto al privato (convenzionato
o
in concessione che sia).
Questo passaggio che anche BoNidi indicò
in una nota depositato in commissione è premiante. Il problema è
delicato e al contempo
pratico e semplice: se il
controllore, che è il pubblico, non gestisse
in modo diretto e diffuso,
presto perderebbe la
capacità di giudicare il
sistema (per
dirla con altre parole perderebbe il polso della situazione).
In realtà una
percentuale avrebbe dovuto essere fissata già dal 2007, quando
partì il
finanziamento che lo Stato fece ai servizi 03. Già da allora era
evidente che contorni della gestione diretta avrebbe dovuto essere
chiari. Si dovrebbe
ragionare anche sui confini dei singoli gestori privati, affinché
in un comune o in un
territorio, le
convenzioni non si
concentri nelle mani di un solo gestore, generando un effetto
tutt'altro
concorrenziale. Per
la soparvivenza della
gestire pubblica
andrebbe esplicitato la
possibilità per
gli Enti ad
assumere senza limiti
o blocchi di tournover (imposti dalla Legge Brunetta).
Nel
documento si precisa la
difesa del
bambino. Tra il
conflitto d'interessi tra adulti
e bambini, ad esempio
rispetto alla
maggiore flessibilità d'orario, si devono garantire
i diritti dei più piccoli
in primis. La
flessibilità deve
essere garantita, da
un intero sistema e
non dal singolo servizio (come già avviene in molti parti della
regione E-R).
I nidi non possono essere l'unico strumento di sostegno alle famiglie
ma si devono ripensare le politiche fiscali, sociali e del lavoro in
direzione di un'armonizzazione
dei tempi di conciliazione.
E
i contratti?
Una
riflessione dei delegati si fissa anche sul tema contratti, tema che
mi è caro da sempre. Se il sistema è misto, i contratti del
pubblico e dei lavoratori del privato, devono poter avere una
bilanciamento economico e dei diritti. Oggi il privato conviene
perché si risparmia sui lavoratori, che hanno meno contributi
salariali e meno diritti. Questa situazione è il problema più
importante che dovrebbe toccare non solo la cgil ma tutti i
sindacati. Fino ad ora abbiamo visto poca contrattazione e tanto
arroccamento rispetto a questioni (sacrosante ma poco utili) più
ideologiche che effettive. Finché ci saranno due lavoratori con pari
mansione e differente trattamento, non si può parlare di parità o
di buon lavoro. Mi auguro che i delegati possano farsi sentire dove i
dirigenti hanno avuto poca forza .