BoNidi |
Parola a...
Anita è una ragazza
di 32 anni. E' educatrice da sei e lavora presso la cooperativa
Cadiai. Lavora in un nido della provincia. E' molto appassionata del
sul lavoro, ha una laurea triennale in educatore di prima infanzia e
una laurea magistrale in pedagogia. Come tanti non è di Bologna,
l'ha scelta come metà di studi “perché ho sempre saputo che
questa è la culla della pedagogia...e non sono rimasta delusa”.
Anita lavora 25 ore settimanali ed ha uno stipendio di 800 euro
mensili circa. E' colta e particolarmente informata, ha una visione a
tutto tondo del mondo dei servizi educativi, conosce la politica, il
mondo dei sindacati ma anche la pedagogica... “finché non avrò
una mia famiglia, potrò permettermi di continuare così, con uno
stipendio modesto, arrotondando nel periodo estivo quando non lavoro e non sono
pagata, poi non so”. La incontro una
calda mattinata di luglio. Ha un aspetto deciso, capelli cortissimi,
maglia e jeans, senza trucco e uno sguardo diretto. Parla con un filo
di voce ma ciò che dice è incisivo e forte. E' facile parlare con
lei, come raramente mi è capitato di riuscire a fare con un
lavoratore del privato sociale “E di cosa dovrei aver paura? -mi
chiede- Quello che dico è vero e verificabile. Non ho niente da
temere”. Poi continua mentre sorseggia un te ghiacciato.
“Lavorare mi
piace, il mio lavoro mi piace, lo faccio con coscienza... ma ci sono
delle cose che mi stanno strette. Intanto le condizioni contrattuali,
e poi per quanto possa sembrare sciocco, sono infastidita dalla nuova
divisa” (nella foto)
Che divisa?
“Una divisa che dobbiamo indossare da un po' a questa parte. Non
rende giustizia alla nostra professione! Noi siamo educatori, perché
dobbiamo presentarci a bimbi e genitori con un grembiule color lilla
e i fiorellini? senza parlare della questione di genere, non è
unisex.”
A titolo
d'informazione è delegata sindacale?
“No, la cgil me
l'ha hanno chiesto più volte ma non ho ancora accettato. Credo che
molte delle ingiustizie che la mia categoria vive oggi, siano frutto
anche di loro errori, o forse meglio dire, di accordi troppo morbidi.
Oggi le cooperative nella provincia di Bologna hanno un grande peso
sull'offerta pubblica. Rispetto a quel 33% d'offerta che il pubblico
vanta noi contribuiamo non poco. Credo che quando si incide tanto in
un settore, si possa avere più voce in capitolo”
Che qualità
offre Cadiai ?
La nostra
cooperativa lavora molto bene, con scrupolo e con grande qualità. Ho
fatto tanti tirocinii presso nidi comunali e non posso dire che la
qualità offerta da noi sia inferiore. A volte trovo dei genitori che
mi chiedono: che differenza c'è tra un servizio gestito dal comune e
uno gestito da voi? Non lo faccio ma mi verrebbe voglia di
rispondere: la mia busta paga e il mio contratto! Perché è lì la
differenza.
Solo in
stipendio?
Prevalentemente.
I/le dipendenti e associati/e della cooperativa hanno in maggioranza
contratti a tempo indeterminato. C'è il diritto alla maternità, non
posso dire che in confronto a tante altre cooperative che ci siano
condizioni cattive, anzi! Eppure non abbiamo diritto al riposo...
quando non lavoriamo non veniamo pagate, i nostri giorni di ferie non
coprono totalmente le chiusure.
Com'è possibile?
E le vacanze?
Le vacanze le
“spendi” durante i periodi di chiusura dei nidi tra Natale e
Pasqua...a Luglio siamo aperti, quindi poco male, ma ad agosto siamo
in aspettativa per alcune settimane e siamo a casa con uno stipendio
ridotto. All'interno della stessa cooperativa poi ci sono situazioni
molto diverse. Ad esempio io lavoro in un comune dove i servizi
vincono appalti di gestione ogni tre anni... quindi ogni tre anni
tremi...
E se perdete
l'appalto?
Fino ad ora non è
mai successo. A Castel Maggiore abbiamo sempre vinto. Del resto ci
siamo presentati solo noi molte volte, e con tante gravidanze che ci
sono tutti gli anni un posto te lo trovano. Se un dipendente ha la
fortuna di lavorare ad esempio presso un nido in concessione, con
contratto per 25 anni, capirà che non è la stessa cosa. Da quando
siamo diventati una grande cooperativa alcune cose sono peggiorate.
Ad esempio?
I pasti. Non ci
vengono più forniti... certo prima c'erano tante pretese... chi non
voleva il contorno, chi saltava la pasta, chi preferiva portarsi il
pasto da casa...ma ora non c'è più nulla ed è peggiorativo, viene
meno la condivisione del momento del pasto, e sappiamo quanto sono
importanti le relazioni in rapporto all’alimentazione.
Perché?
Perché la pappa era
un momento di intima convivialità, in cui si veicolano messaggi
importanti: cibo sano, non sprecare, mangiare la quantità che si
desidera ecc.. Ora noi educatori serviamo la pappa (con grembiule
color lilla) magari lo facciamo con maggiore concentrazione, ma non è
la stessa cosa.
I nidi gestiti
dal privato sociale hanno orari più flessibili del pubblico. E' un
sistema che funziona?
Da sempre la nostra
bandiera è quella della flessibilità. Molti dei nostri nidi sono
aperti anche di sabato ma non c'è questa gran affluenza. C'è anche
un nido (il Pollicino) che è aperto tutto agosto. E' un servizio che
ha un'affluenza di circa 30 bimbi... bimbi poveri e spesso
extracomunitari. Sono per intenderci quelli che non possono
permettersi di tornare, al paese d'origine. Grazie al nido hanno la
possibilità di stare con altri bimbi, in un posto fresco e bel
accolti , ma non direi che quel servizio sia molto richiesto, i
bambini ci sono, ma non c'è la folla.
Quindi la
polemica uscita sui giornali per chiedere nidi più flessibili,
secondo lei non è giustificata?
No, dal mio punto
d'osservazione, no, ovvio che una riformulazione del servizio nido va
fatta ed è urgente, soprattutto dal punto di vista politico, dove
continua a mancare un investimento serio nella fascia 0-3.
Come si trova
lavorare con le educatrici del pubblico?
Benissimo sul piano
professionale. C'è un bel confronto anche di saperi, speso le
colleghe del pubblico hanno molta esperienza e sono testimoni di
qualcosa che è stato realizzato da loro. Oggi molte hanno figlie
grandi, che fanno a loro volta sono educatrici ma nel privato. Ora
capiscono bene le condizioni lavorative e le nostre difficoltà. Ciò
detto ogni volta che penso alle disparità contrattuali mi sento
umiliata. Con questo non voglio dire che loro mi rubano qualcosa, ma
quando vedo che non ho gli stessi diritti, pur svolgendo le stesse
mansioni, non posso che sentirmi amareggiata. I sindacati hanno un
grande lavoro da fare: la parità contrattuale deve avvenire e non a
scapito dei dipendenti pubblici.
Laura Branca
Informati: Mamma portami al nido!