clarita |
“Ci hanno spezzato
la routine” mi dice la giovane madre, che per comodità chiameremo
Martina. Mi racconta la sua storia mentre prende in braccio suo
figlio di circa due anni (che sempre per comodità chiameremo)
Giovanni. “La routine è importante per i bambini e stare in via
Solferino era bello.... Avevo trovato più di una casa, anche un nido
aziendale...” La guardo con aria interrogativa pensando strana
l'idea di un nido aziendale in una casa occupata?
Ma Martina non pare
cogliere il mio sguardo e continua il racconto. “Io lavoro di sera
in pizzeria e così il padre di Giovanni. Quando noi eravamo al
lavoro, sapevo che Giovanni poteva stare con gli altri abitanti di
via Solferino. C'era un aiuto reciproco, ci si aiutava”. Martina e
altre tre famiglie con minori abitavano in una casa occupata in
centro a Bologna, in via Solferino per l'appunto, nel cuore del
“quartiere bene” della città. La scorsa settimana la casa è
stata sgombrata . Ho incontrati queste famiglie per capire come i
bambini hanno vissuto nelle case occupate e come stanno vivendo oggi
che ne sono fuori. Martina è arrabbiata
sopratutto con chi dovrebbe aiutarla “I servizi sociali che si
riempiono la bocca di tante parole nei fatti non ci hanno aiutano e
continuano a non farlo!”
Martina
ha meno di trent'anni, ha lunghi capelli e tanti orecchini che
gli costellano il volto, non un filo di trucco, pantaloni in
similpelle attillati e una felpa. Da quando è ragazza vive in case
occupate o in camper. “E' una scelta di vita... quando diventi
madre però è dura. Tutti ti guardano
con sospetto, sopratutto le assistenti sociali, ma cosa dovrei fare
secondo loro? Non posso affittare casa. Mi pagano 4 euro l'ora,
tramite voucher, e nessuno ti affitta casa senza contratto di
lavoro.”
Nel frattempo ci ha
raggiunto Marco (un altro nome di fantasia) che è papà della più
piccola ex abitante delle casa occupata Maria. Lui è Rumeno. Ha un
viso squadrato, un'aria rassegnate e al contempo dura, una strana
combinazione.
“La mia
bambina ha sei mesi. Non è nata in via Solferino ma in un'altra casa
occupata Villa Adelante, anche da lì ci
hanno sgomberati.” In via Solferino Marco e la famiglia ci sono
arrivati a luglio. “Abbiamo trovato una casa nostra e stavamo bene
”. Dopo lo sgombero avvenuto circa una settimana fa, le famiglie
con minori che non hanno trovato soluzioni alternative e idonee, sono
stati ospiti in un albergo. “Pagano l'albergo oltre 200 Euro,
una cifra assurda che i cittadini si sarebbero potuti risparmiare se
ci avessero lasciati stare dove eravamo.” Dice Martina
Per Marco la
situazione è la medesima “Siamo in albergo e non stiamo bene. Non
possiamo cucinare se non di nascosto. E tra poco dovremmo tornare in
Romania”. L'Italia non è il paese che si aspettava di trovare “Qui
ho lavorato trovato poco lavoro. Senza
casa e senza lavoro, tornerò in Romania nel villaggio dove sono
cresciuto. Ma là la vita è dura, anzi durissima. Si lavora tanto e
non si guadagna abbastanza per vivere. Io faccio il muratore e in
Romania si lavora dalle sei del mattino, alle dieci di sera in
estate, per circa 100 euro al mese...Troppo pochi per mantenere la
famiglia.” fa una pausa, poi continua “In Italia abbiamo trovato
casa per due volte. Ce l'hanno portata via per due volte. Ci
sgomberano e ci spostano. Ma il problema
è uno, ed è il lavoro. Senza lavoro non c'è dignità, non c'è
scelta...io penso che su queste cose, prima o poi, scoppierà una
guerra. Sono sempre di più le persone povere e senza lavoro. Che
scelte hai quando non puoi guadagnare abbastanza per vivere?”
Tornare in Romania significa tornare dai parenti, gli chiedo. Mi
risponde piuttosto seccato, “Si, ovvio. Io e mia moglie abbiamo una
famiglia, ma le nostre famiglie fanno già fatica a sopravvivere e
non possono aiutarci. Là non c'è lavoro e non c'è pensione...e il
discorso rimane uguale...senza lavoro non c'è dignità.” Nel
frattempo la mamma di Maria passeggia con la culla su e giù per il
cortile dove siamo. Vedo in lei una madre comune, normale, jeans,
felpa, scarpe da ginnastica e un bel sorriso mentre guarda la piccola
che con ogni probabilità sta cercando di far dormire. Ho
l'impressione di aver sbagliato tutto. E' impossibile fare un
ritratto comune di chi vive in case occupate, le storie delle persone
che le abitano siano tante, quante sono le storie delle persone che
vivono in case regolari. Qui il filo comune che si dipana tra la
mancanza di mezzi e la paura delle assistenti sociali. Ora faccio al
domanda più difficile almeno per me. “Cosa pensi di fare dopo?”
Non c'è una vera risposta. “Vedrò cosa succederà, ma sono
intenzionata a rimanere a Bologna, dove ho un lavoro” risponde
Martina. Marco tornerà in Romani ma non sa prevedere come vivrà o
cosa farà.