Mense quante differenze. Save the Children: 40% delle scuole non ha la mensa. In Emilia Romagna sono il 37%
foto tratta dal Rapporto #nontuttiamensa |
In Puglia e Campania oltre la metà dei principali
istituti scolastici non ha la mensa, ma se le regioni del Sud sono ancora una
volta fanalino di coda non si può certo dire che in quelle del Nord la
situazione sia rosea visto che il servizio manca in circa un terzo delle
scuole. A fotografare la situazione delle mense scolastiche è il rapporto (Non)
tutti a mensa di Save the Children.
La
percentuale delle scuole senza mensa nel bel paese ammonta al 40% spaziando dal
53% della Puglia al 27% del Piemonte. L’Emilia Romagna si attesta a quota 37%
al pari del Lazio, dietro solo a Puglia (53%), Campania (51%) e Sicilia
(49%). Il report non analizza solo il
numero delle scuole senza mensa ma si addentra in temi delicati quali l’accesso
e la qualità del servizio di refezione scolastica. L’indagine, giunta alla sua
terza edizione, ha preso in esame le mense delle scuole primarie in 45 comuni capoluogo
con oltre centomila abitanti ed è stata realizzata tra febbraio e luglio.
In Italia si stima che siano più di due milioni e
mezzo i bambini e i ragazzi che usufruiscono della refezione scolastica. In
media ogni bambino mangia, durante la scuola dell’obbligo, circa 2000 volte a
scuola e ogni giorno vengono serviti in mensa più di 2 milioni di pasti. La
presenza o meno del servizio è stata inserita da Save the Children tra i
parametri significativi per la costruzione di un indice di povertà educativa.
“La mensa scolastica è un fondamentale momento
educativo, di convivialità e socialità per i bambini e concorre a garantire un
adeguato tempo scuola, contribuendo a prevenire il rischio di dispersione
scolastica.. Inoltre, una mensa di qualità,
assicurando un pranzo equilibrato e completo tutti i giorni, è oggi un
importante strumento di contrasto alla povertà minorile che, ricordiamolo, è
anche povertà alimentare. La grande varietà nei criteri di accesso che abbiamo
rilevato rischia tuttavia di creare discriminazioni fra i bambini, a seconda
del territorio di appartenenza e va quindi superata”, spiega Raffaela Milano, Direttore Programmi Italia-Europa
Save the Children, ricordando che da anni l’organizzazione denuncia il
gravissimo aumento della povertà minorile nel nostro paese. “ Diamo atto al
Governo di aver inserito finalmente, nella nuova legge di stabilità, l’avvio di
una misura organica di contrasto alla povertà minorile e, in particolare, un
fondo sperimentale triennale dedicato a contrastare proprio la “povertà educativa”,
la dimensione a nostro avviso più grave e meno considerata della povertà dei
bambini, che blocca sul nascere le loro aspirazioni e le prospettive di
crescita per il futuro” prosegue. L’auspicio dell’organizzazione internazionale
è che “questi interventi segnino un effettivo punto di svolta nelle politiche
di welfare sull’infanzia in Italia e che, in questo quadro, si intervenga anche
sulle mense scolastiche, sottraendo questo servizio dalla discrezionalità dei
singoli”
Caro mensa?
Le rette, sia le massime che le minime, variano
notevolmente da comune a comune. Le prime spaziano dai 35 centesimi a pasto di
Salerno ai 5,5 di Bergamo, le seconde variano dai 2,3 euro di Catania ai 7,7 di
Ferrara. Secondo l’indagine, inoltre, sono 15 i comuni che superano la soglia
dei 5 euro a pasto.
L’analisi delle sole tariffe però –
sottolinea il rapporto – potrebbe essere fuorviante e, per questo motivo l’indagine ha simulato le situazioni di due
famiglie tipo: una con ISEE di 25.000 euro ed un figlio ed una con ISEE di 5000
euro e tre figli. La prima trova la tariffa più bassa a Catania ( 2, 3 euro) e
la più alta a Livorno (6,75). La seconda trova le situazioni più critiche a
Rimini e Padova dove sborsa mensilmente 40 e 53,2 euro.
Accesso alla mensa
Sette dei 45 comuni non ammettono
al servizio i figli dei genitori che non pagano, e 6 non escludono dal
pagamento della retta neppure le famiglie in situazioni di disagio anche se
prese in carico dai servizi. Tra le prime figura Modena dove però la misura non
è applicata alle scuole dell’obbligo, tra le seconde Rimini. Vale la pena di
ricordare che sono stati proprio alcuni casi di esclusione dei bambini dal
servizio a causa della morosità dei genitori a spingere Save the Children ad
avviare nel 2013 il primo monitoraggio sulle mense delle scuole primarie.
In 25 dei comuni esaminati le rette agevolate sono
riservate ai residenti: ciò esclude dall’accesso alle tariffe agevolate le
famiglie migranti non ancora residenti e le famiglie italiane che, magari per
motivi di lavoro, portano i figli a scuola in un comune diverso da quello in
cui risiedono.
Tutti i comuni prevedono riduzioni sulla base del ISEE
ma i criteri per l’accesso a queste tariffe variano da comune a comune. Il 66%
dei comuni prevede riduzioni per le famiglie numerose ma solo il 25% prevede la
possibilità di accedere alle tariffe agevolate in caso di disoccupazione o
cambiamenti della situazione economica in corso d’anno. Forlì, Cagliari e
Genova applicano criteri agevolati per i minori in affido temporaneo, Bari e
Novara offrono misure a sostegno delle famiglie colpite dalla crisi. Bologna
viene citata tra i comuni che permettono di richiedere la variazione della
tariffa in corso d’anno.
Qualità e gestione del servizio
Nel 90% dei casi il servizio è affidato a ditte
esterne e nel 65% dei comun i pasti vengono trasportati da cucine esterne. Il
35% dei comuni mantiene cucine interne anche se non in tutte le scuole. Tutti i comuni offrono la possibilità di
richiedere menu differenziati per motivi religiosi ed etici oltre, ovviamente,
a quelli per intolleranze certificate.
Tutti i comuni predispongono i menù sulla base dei Livelli di Assunzione
Raccomandati di nutrienti e hanno predisposto nel capitolato controlli esterni
sulla qualità del servizio affidati a tecnici specializzati. Il discorso cambia, invece, per le
commissioni mensa previste dalle linee guida del 2010 : queste sono state
attivate in 40 comuni su 45. A non averle ancora attivate sono i comuni di
Brescia, Pescara, Reggio Calabria, Sassari e Vicenza. L’Organizzazione non solo
invita ad insistere di più sulla loro importanza ma auspica che le Comissioni
mensa siano allargate anche ad una rappresentanza degli alunni. Questo secondo
Save The Children permetterebbe alle Commissioni di svolgere meglio il ruolo di
collegamento tra i gestori e i fruitori del servizio.
Lotta agli sprechi e educazione
alimentare
Parte dell’indagine è dedicata ai
programmi di recupero delle eccedenze alimentari messi in campo dalle
amministrazioni per combattere lo spreco. Progetti che – sottolinea l’organizzazione
umanitaria – sono presenti in più del 50% dei comuni campione. Tra i tanti
viene segnalato il “Progetto Aggiungi un posto a Tavola” a cui hanno aderito inizialmente 11 scuole di
Milano. Ideato nell’ambito della campagna Io non spreco, il progetto ha permesso alle scuole
di aprire le proprie porte a chi fatica ad avere un pasto completo: ciascuna
scuola ha ospitato a mensa tre persone, per lo più anziani soli, per tre volte
a settimana.
In tema di educazione alimentare
viene, invece, segnalato il progetto “Club del gusto” attivo nelle scuole a
tempo pieno di Reggio Emilia. Oltre ad essere un’ occasione di confronto sul
gradimento e negoziazione dei menu il progetto ha permesso di approfondire temi
come l’importanza della colazione, l’importanza del consumo di frutta e verdura
e la relazione tra movimento e alimentazione. Parimenti viene menzionato il
progetto “Il menù l’ho fatto io” che ha coinvolto numerosi alunni delle scuole
primarie torinesi e che ha portato ad inserire nei menu serviti durante lo
scorso anno scolastico alcuni piatti indicati dai bambini.
La mensa vista dai bambini
Menu ispirati anche a cucine di
altri paesi e piatti più appetitosi : sono due dei desideri espressi dai cento
bambini che, in diverse aree del paese, hanno partecipato ai focus group
organizzati da Sve the Children per sondare le opinioni dei piccoli utenti
delle mense scolastiche. “ L’insalata non ha il sapore di insalata”“ e “I
bastoncini non sono di pesce” sono solo due frasi, probabilmente sentite da
molti genitori ed insegnanti, tra le tante riportate nel dossier. Oltre ad
esprimersi sul cibo i bambini hanno anche chiesto locali più grandi e la
possibilità di avere del tempo per giocare o rilassarsi dopo il pasto.
Quando la mensa non c’è
Alcune delle 42 pagine del rapporto
sono dedicate alla mancanza del servizio di refezione scolastica. Mancanza che
si ripercuote inevitabilmente sull’organizzazione familiare. Il 67% degli
intervistati, se il servizio fosse disponibile, manderebbe il figlio a mensa.
Il 28% di questi ha dichiarato che l’assenza della mensa genera dei disagi,
percentuale che sale al 36% se si considerano solamente le risposte fornite
dalle mamme. “Questo dato è
particolarmente significativo se letto alla luce del tasso di disoccupazione
femminile che nel mezzogiorno è quasi del 50% - si legge nel rapporto - e
dell’evidente difficoltà per le madri di conciliare il tempo dedicato al lavoro
o alla ricerca del lavoro con gli impegni familiari, tra cui il dover
prendersi cura dei figli.”