L’Australia ha scelto la linea
dura contro chi sceglie di non vaccinare i figli. Annunciata ad aprile è stata recentemente
approvata la legge che mette uno stop ai sussidi statali per le famiglie che
scelgono di non vaccinare i bambini. La
nuova norma entrerà in vigore il primo gennaio 2016.
Per contrastare il calo delle
vaccinazioni dunque l’Australia ha scelto di agire sul portafoglio: chi non
vaccinerà, infatti, si vedrà negati una serie di benefici economici che
comprendono agevolazioni fiscali e un rimborso statale per ciascun figlio. Alla
base del provvedimento sembra esserci una visione delle vaccinazioni non come
libera scelta individuale ma come atto di responsabilità civile.
In Australia, con una percentuale
di non vaccinati che nel 2014 era del 1,8%, il tasso di copertura vaccinale
resta ben al di sopra di quel 90% considerato come soglia di sicurezza
dall’OMS. Nel 1999 i bambini non vaccinati erano lo 0,2% e dunque si è
assistito ad un aumento di coloro che scelgono di non vaccinare. Il nuovo
provvedimento, da cui saranno esclusi coloro che non vaccinano per motivi
sanitari o religiosi, punta a ridurre il numero degli obiettori. I genitori che scelgono di non vaccinare i
propri figlio sono aumentati anche in Italia, dove, nei mesi scorsi dopo le
bacchettate dell’OMS, si è aperto un dibattito. Nel nostro paese le
vaccinazioni contro poliomelite, tetano e difterite sono scese al di sotto del
95% e quelle contro morbillo, parotite e rosolia raggiungono una copertura del
86%.
Tra le proposte avanzate, anche
sull’onda emotiva della morte di una neonata colpita da pertosse, hanno fatto
particolarmente discutere quella di negare l’iscrizione a scuola ai bambini non
vaccinati e quella di sanzioni nei confronti dei medici anti-vaccino.
Possibilità ipotizzate anche dal nuovo piano nazionale di prevenzione vaccinale approvato dalla
Conferenza delle Regioni lo scorso novembre. Un tema quello dell’accesso a
scuola al su cui è intervenuta anche la ministra Beatrice Lorenzin spiegando
che un provvedimento in tal senso dovrebbe necessariamente passare per il
Parlamento. Si tratta infatti un tema delicato che coinvolge due diritti
sanciti dalla Costituzione: il diritto alla salute e quello all’istruzione.