Capire quanti soldi la regione assegna ai bambini significa capire se la politica guarda al futuro. Nel nostro caso significa capire che direzione ha preso la giunta Bonaccini che da oltre un anno è a capo della regione Emilia Romagna. Per addentrarci nella questione abbiamo incontrato la vicepresidente e assessore al welfare Elisabetta Gualmini. Ha risposto alle tante domande che le abbiamo rivolto che toccano tanti argomenti, sia generali, economia e sociale, che specifici, come gli orari dei servizi. Il quadro che ne emerge nel complesso è duro: da una lato ci sono le tante difficoltà dei cittadini, che sono sempre più poveri, dall'altra un grande impegno politico al cambiamento. Solo il tempo ci dirà se tanto lavoro frutterà un buon raccolto.
Qual'è
sono le priorità da affrontare rispetto all'infanzia?
Investire,
la prima cosa che ho notato quando sono entrata in Giunta, sono stati
gli squilibri di bilancio. Fino ad ora si è investito molto
nell'area che riguarda gli anziani, e troppo poco per i minori. La
nostra regione è tra le più anziane d'Italia, quindi è corretto
investire in questo settore, ma i minori e i giovani sono il nostro
futuro. Dobbiamo investire.
Come
e quanto state investendo?
Stiamo
essenzialmente operando con due passaggi. Da una parte abbiamo
irrobustito, anche se non di molto le economie a tutela dei servizi
che già si trovano sul territorio. Abbiamo aumentato le risorse per
i bandi dedicati agli adolescenti, da 500 mila euro a 600 mila,
incrementato i contributi per i fondi ai servizi civili, da 600 a 700
mila euro. Le economie riservate alle scuole d'infanzia da 4 mln, a
4,100 mln.
Il
primo passaggio quindi è investire e mantenere. Il secondo?
Ci
stiamo lavorando ed è la nostra sfida più grande. Grazie ad un
nuovo stanziamento previsto nella legge di stabilità, quest'anno la
nostra regione dispone di economie extra da dedicare al contrasto
alle povertà. Per il 2016 avremo circa 35-37 mln dal governo a cui
aggiungiamo altri 35 milioni ex novo trovati dentro al bilancio
regionale per un totale di 70-75 milioni circa. Una novità assoluta.
In regione poi raddoppiamo le risorse a disposizione
dell’assessorato al welfare che nel complesso sono circa 34
milioni, con altri 35 milioni salgono di un bel po’.
Come
intendete spenderli?
Dando
un contributo diretto a chi è in condizioni di povertà. Sono oltre
65 mila le persone che vivono in condizioni di povertà nella nostra
regione. Molte sono famiglie, e molti hanno, uno o più figli a
carico.
A
chi andranno i contributi?
Stiamo
lavorando per definire i parametri. Entro maggio detteremo le linee
guida per definire i requisiti d'accesso e definire come potranno
essere spesi.
Nelle
tasche delle famiglie quanto arriverà?
Tra
gli 80-100 Euro per persona al mese, per 12-24 mesi al max. Tenteremo
di definire dei progetti ad hoc per il reinserimento lavorativo, la
formazione e l’educazione, a seconda dei bisogni. Non sarà mero
assistenzialismo.
A
breve incontrerò anche le Fondazioni bancarie dell’ER per capire
il loro possibile impegno nel sociale. Non possiamo esser soli,
dobbiamo lavorare in sinergia anche con i privati.
Passiamo
a tutt'altro argomento. La regione E-R lancia: A braccia aperte. Ci
racconta?
Si
tratta della campagna promozionale rispetto all'affido familiare.
Nella nostra regione l'affido in famiglia è poco conosciuto e
praticato. Può essere svolto da chiunque: da coppie sposate e non,
da single... non ci sono limiti di età. L'affido non è un'adozione,
si tratta di una situazione temporanea per aiutare minori allontanati
dalle famiglie d'origine. L'impegno può esser molto diverso, si può
limitare a un paio di incontri settimanali, come accogliere il minore
in casa propria. Le persone che pensano di attivare questo percorso
sono formate tramite un corso, mentre per chi prende a carico il
minore in modo completo, c'è un rimborso spese deciso dai comuni.
Passiamo
ora ai nidi d'infanzia. Quanti ce ne sono oggi nella nostra regione?
Contiamo
oltre 1200 servizi per oltre 40 mila bambini. Copriamo un indice
d'iscrizione del 34,6% e superiamo così i parametri dettati dall'UE
che ci indicavano il 33% di soglia.
In
più occasioni ha dichiarato di voler rivedere gli orari nei nidi. In
che modo e in che territori?
Nel
2012 c'è stato una modifica alla legge regionale che definisce i
servizi educativi. Già oggi siamo in grado di offrire una buona
flessibilità; ci sono anche dei servizi che offrono orari
alternativi al nido classico. Abbiamo ancora margine di manovra in
tal senso. Sappiamo tutti molto bene che il mondo del lavoro è
modificato profondamente e l'orario “standard” può rispondere
solo a una minima parte dei nostri utenti. Forse a un 40%. E qui mi
fermo per una precisazione. Vorrei fosse chiaro che non è mia
intenzione aprire nidi notturni e neppure creare nidi dove
parcheggiare i bambini 12 ore al giorno.
E
quindi come dovrebbero essere modificati gli orari?
Credo
importante dare anche la possibilità di orari parziali. Ad esempio
solo al pomeriggio, o solo al mattino.... Ogni volta che tocco questo
argomento si levano moltissime resistenze. Il problema oggi è
particolarmente sentito dal personale dei servizi pubblici a gestione
diretta. Spesso non si vuole sentire parlare di cambiamento. Ma se
noi del pubblico perdiamo questo passaggio, saranno altri a offrire
orari alternativi. Aprendo il varco anche a servizi di qualità
bassa.
Personalmente
non credo che il problema sia nell'orario in sé, ma nella
flessibilità tanto comoda al lavoro. Ad esempio fare ingressi di
volta in volta diversi, al mattino, al pomeriggio o la sera, crea
indubbiamente instabilità al bambino che ha bisogno di routine. Quindi come
fare?
E'
questa la sfida. Non ho la risposta pronta, non possiamo nemmeno
pensare di avere nidi strutturati sulle singole esigenze purtroppo è
impensabile. Stiamo lavorando per capire come mantenere la serenità
del bambino e offrire una reale possibilità per i genitori di
conciliare i tempi del lavoro. Sto visitando molti servizi in regione
e dialogando con molti referenti per capire le vere difficoltà. La
questione più drammatica a mio avviso è il continuo calo della
domanda. E' presente e diffusa in tutto il territorio, solo Bologna
ha retto bene all'urto. Fin d'ora posso assicurare che nessuno vuole
fare del nido un parcheggio, ma non possiamo nemmeno pensare che
tutto proceda come prima il modello può essere modificato e
migliorato per rispondere alle attuali esigenze.
* Foto dell'archivio Agenzia e informazione della regione ER