Marcello Fois |
Incontro
Marcello Fois in una tarda mattina in centro a Bologna. Ci sediamo
davanti ad un caffè e lui inizia subito a raccontare senza
diffidenze o incertezze e con la massima trasparenza. Fois è
scrittore e sceneggiatore. I suoi libri sono tradotti in molte lingue
e nonostante il lavoro l'abbia portato e lo porti, in molti luoghi
diversi, conserva qualcosa dalla sua terra d'origine: la Sardegna.
Nato nel 1960 è “rimasto figlio unico” mi racconta. Con lui
continuiamo la nostra narrazione sulle infanzie. Fois è carico di
ricordi e profondi affetti, e man mano, che racconta ci fa riflettere
su molte questioni spinose e complesse. “Mia madre lavorava in un
Omni (oera maternità nazionale Italiana) di Nuoro e io da bambino ho
trascorso 4 anni all'Opera... Francamente non so per quale motivo sia
rimasto un anno in più del dovuto, ma è stato così.”
Caso
ricorda?
Tutto
e molto bene, sopratutto i luoghi: la grande sala dei giochi, che al
centro aveva un'isola contornata da uno steccato di legno,
all'interno si stendevano dei materassi, dove si giocava o si faceva
la nanna. Ricordo poi la lavanderia, dove c'erano grandissime
lavatrici sempre in funzione, a quei tempi non c'erano i pannolini
“usa e getta” e in cortile si stendevano km e km di panni
triangolari stesi ad asciugare...Ricordo poi lo spogliatoio dove si
cambiava il personale, che erano chiamate puericultrici, ma che io
chiamavo tutte zia! Erano le colleghe di mia madre e c'era un affetto
tra noi. Ognuna aveva un compito da svolgere, zia Rosa faceva il
bucato, zia Carmela pensava alla mensa, che era interna, e così
via... erano tutte donne all'Omni tranne il custode che curava anche
il giardino, il Signor Pirina e un medico che visitava però al pian
terreno. Al lavoro “le zie” si spogliavano dei abiti “civili”
e indossavano dei grembiuli bianchi sopra un grande camice blu.
Avevano anche delle cuffiette bianche sul capo.
Anche
i bambini portavano i grembiuli?
I
bambini erano spogliati e rivestiti con una sorta di “divisa”.
Spesso oltre ad essere rivestiti erano completamente lavati, da cima
a fondo e pettinati e spidocchiati...l'Omni era un posto di
frontiera, qui ci venivano bimbi che venivano da situazioni a volte
drammatiche, madri alcoliste, prostituite... Ricordo che spesso mia
madre si portava a casa i piccoli oltre l'orario di lavoro per
continuare ad accudire, pulire, nutrire, capitava anche che sgridasse
alcune mamme. Ricordo che al suo funerale una delle mamme più
sgridate, è venuta a salutarmi ricordandola con molto affetto,
ancora oggi devo dire, quando cammino per Nuoro, ci sono donne che mi
fermano per ricordare lo straordinario lavoro di mia madre per tanti
bambini.
I
genitori avevano accesso all'Omni?
No,
i bambini stavamo al secondo piano e nessuno vi aveva accesso, erano
assolutamente protetti dal mondo esterno. All'Omni i bambini trovano
cura: igiene, pulizia, cibo... le puericultrici pensavano alla loro
salute. Mia madre infatti aveva un grande libro, con indicazioni per
prestare primo soccorso, o sulle malattie più comuni, una sorta di
prontuario che ho ancora . E' tutto consumato dal tanto che è stato
consultato. Questo faceva l'Omni, al divertimento, all'istruzione e a
tutto il resto dovevano pensare i genitori. Ricordo infatti di aver
trascorso dei tempi lunghi e molto noiosi, non si badava al gioco
allo svago...in questo senso i nidi di oggi sono quasi all'opposto.
Ha frequentato il nido?
Si,
il mio figlio più grande, è nato a Bologna nel '94 e abbiamo scelto
di mandarlo al nido. E' stata una bella esperienza ma profondamente
diversa.
Diversa
come?
Quasi
opposta. Ai bambini si danno stimoli, si fanno divertire, si educano
ma i nidi di oggi sono totalmente disabili di fronte alla malattia.
Appena il bambino ha la candela al naso, o una macchiolina rossa, via
si allontana, subito fuori...Sarebbe stata bello creare un luogo di
mediazione tra le finalità dell'Omni e i nidi di oggi, non so,
magari con la presenza di un medico interno. Ma la disabilità di
fronte alla malattia, non succedeva solo tra le educatrici è ormai
diffusa.
Anche
tra i genitori?
Si,
e molto. C'è quasi una fobia di fronte alla malattia. Quando ero
piccolo se uno dei miei tanti cucini, prendeva una malattia, si
portava il malato tra i sani per fare l'untore così che tutti
prendessero e superassero la malattia. Così fa una comunità
pratica. Oggi è impensabile un atteggiamento di questo tipo.
Lei
è un padre diverso dal suo, nel modo di educare e di rapportarsi ai figli?
Molto
diverso. In casa dei mie c'erano ruoli ben definiti in famiglia e il
papà lavorava spesso via, fuori casa. Credo anche interessante
ricordare che pur essere figlio unico, sono cresciuto tra molti
cugini e ogni madre, aveva il diritto all'educazione di tutti i
bambini, sia i figli che i nipoti, gli adulti in generale educavano i
bambini in generale.
Questo
modo di concepire l'infanzia secondo lei è tipico della Sardegna?
Credi
di si, è una cosa che mi porto dietro e a cui non rinuncio. Se
ritengo ci sia un comportamento da riprendere in un bambino o in un
ragazzo, lo faccio, cerco di esprimermi con i modi dovuti, magari
parlando con i genitori o con mio figlio, davanti all'interessato, ma
non rinuncio a questo.. Non mi piace la divisione che si fa spesso
tra bambini e adulti. Non mi piace il fatto di lasciare il bambino al
nido o in altri contesti specifici,
pensando di poter delegare ad altri l'educazione....
Pensa
che i genitori siano troppo assenti?
O
troppo presenti. Perché c'è anche la questione opposta, cioè
genitori che interferiscono troppo e si mettono a spiegare agli
altri, magari agli insegnati, cosa devono fare....Mio padre ricordo
che quando andava ai colloquio di scuola, per prima cosa si scusava,
ancor prima di ascoltare, lo faceva a prescindere, dava ragione e
pieno potere agli insegnati. Questo non era giusto, ma non è nemmeno
giusto quando i genitori, che so, vanno a discutere sui voti, come
se avessero competenze per farlo... E' una deriva pericolosa e molto
presente nella scuola. Altro che riforme scolastica! Vanno ridiscusse
molte cose: i confini e i ruoli degli insegnanti, dei genitori e il
ruolo globale che la società ha nei confronti dei bambini.