Gravidanza, cyberbullismo, minori non accompagnati. BolognaNidi incontra la garante regionale per l'infanzia Clede Maria Garavini.
Attenzione,
cultura, relazioni. Questi tre termini appaiono ripetutamente nelle riflessioni
di Clede Maria Garavini. La garante
regionale per l’infanzia e l’adolescenza mi riceve nel suo studio al terzo
piano di Viale Aldo Moro. La conversazione si protrae senza fretta e tocca
tanti dei temi che ruotano intono al mondo vasto e complesso dell’infanzia e
dell’adolescenza. Un mondo che lei, psicologa e pedagogista di lunga
esperienza, conosce bene e appare intenzionata a continuare ad esplorare con
passione durante quest’esperienza come garante, ruolo che ricopre da fine
novembre.
Può spiegarci qual è il ruolo del
garante per i minori in una realtà come quella in cui noi viviamo?
Nella nostra
regione abbiamo un contesto, per quello che riguarda l’infanzia e
l’adolescenza, positivo e propositivo sia per quel che riguarda le leggi che
per quanto riguarda i servizi radicati nel territorio. La nostra è una realtà
attenta ai temi dell’infanzia. In questo contesto la Garante ha funzione di promozione
dei diritti dell’infanzia e di attuazione della Convenzione dei diritti del
fanciullo. Credo che il garante debba avere anche un ruolo propositivo nella
promozione della cultura dell’infanzia e dell’impegno che ad essa va dedicata.
Quali sono e saranno le sue priorità?
Stiamo
completando il programma di mandato e al suo interno ci saranno alcuni punti
cardine. Tra questi, ad esempio, c’è la costituzione di una rete di osservatori territoriali collegati all’attività del
garante, una rete di persone attente alla cultura dell’infanzia. Un altro punto
cardine è la promozione dei saperi professionali che sono alla base dei lavori
di cura e di tutte le professioni che intrecciano l’infanzia e l’adolescenza.
Un terzo punto fondamentale sono i contesti e le relazioni educanti. Vorremmo
indirizzare gli investimenti su due momenti cardine dello sviluppo: i primi
anni di vita e l’adolescenza.
Da chi sarà formata la rete di
osservatori?
Di questa
rete faranno parte i ragazzi e le ragazze, gli insegnanti e gli educatori
e le Istituzioni ma anche coloro che a vario titolo lavorano ed operano a
contatto con i bambini e gli adolescenti. Ci sarà spazio anche per le
associazioni che con le loro specificità hanno un ruolo importante per
individuare le criticità e promuovere la cultura dell’infanzia.
Da cosa nasce la necessità di promuovere
i saperi professionali?
Abbiamo
constatato che nei programmi di formazione di base non sempre ci sono
insegnamenti specifici relativi all’infanzia e all’adolescenza. Non in tutte le
facoltà di giurisprudenza della nostra regione ci sono corsi di diritto
minorile. Non tutti i piani di studio di psicologia affrontano temi specifici
legati all’infanzia e all’adolescenza e può capitare che un professionista si
trovi a lavorare con dei minori senza avere una formazione specifica.
Cercheremo di promuovere i saperi specifici e gli aggiornamenti.
Quando si parla dei primi mesi di
vita di un bambino si parla anche del suo rapporto con i genitori. Per molte
mamme questo è un momento delicato in cui si sperimentano anche tanti timori.
Si può fare qualcosa in più per creare rete intorno ai neo genitori?
I primi mesi
di vita sono un momento delicatissimo e intorno alla relazione con i genitori
si gioca gran parte dello sviluppo e
della salute del bambino. La regione ha investito molto sul percorso nascita
che si estende anche all’allattamento e alle prime cure. Ospedali e consultori
devono essere in collegamento con i nidi ed essere in grado di attuare anche un
supporto domiciliare. La pratica clinica e le esperienze rivelano l’importanza
di interventi mirati qualora si percepiscano delle difficoltà nella relazione
mamma-bambino. Questo è un tema su cui occorre un’attenzione puntuale e
continua.
Nel parlare dei primi anni di vita di
un bambino non si possono tralasciare le vaccinazioni pediatriche al centro in
questi mesi di un dibattito molto acceso…
Credo che
gli adulti vadano accompagnati e che debbano essere indicate delle linee
d’azione. Questo è un tema in cui un ruolo importante spetta anche alla
comunicazione e all’informazione. Quello a cui stiamo assistendo è anche il
prodotto di informazioni sbagliate. Credo che anche qui serva attenzione alle
relazioni tra gli adulti e i bambini, tutti i bambini.
Recentemente è stata approvata la
legge che tutela i minori non accompagnati. Come giudica questo provvedimento e
quali risvolti avrà in una regione come la nostra?
Si tratta di
un provvedimento importante per tutelare i diritti di questi ragazzi, minori
fragili che vengono finalmente tutelati in quanto tali. La legge affida ai
garanti regionali il compito di formare i tutori volontari che saranno gli
adulti di riferimento di questi minori. Reti e relazioni saranno fondamentali
per permettere che vengano realmente intrapresi percorsi di formazione e
integrazione e che a questi ragazzi vengano riconosciuti diritti fondamentali
come quello all’istruzione.
Un altro tema di grande attualità è
quello dei tribunali per i minorenni. Un disegno di legge, attualmente al
vaglio del senato, prevede che vengano sostituiti da sezioni specializzate
all’interno dei tribunali ordinari. Questa ipotesi ha suscitato la preoccupazione di molti giuristi e pedagogisti. Condivide questi timori?
Come ho già
detto e come hanno spiegato anche altri garanti le specificità dei tribunali per
i minorenni non possono e non devono essere perse. L’esperienza e il lavoro
della giustizia minorile non possono correre il rischio di perdersi tra le
stanze delle procure e dei tribunali ordinari. I tribunali devono essere messi
in condizioni di poter lavorare meglio ma questo è un altro discorso.
I fatti di cronaca mostrano
frequentemente la gravità di due fenomeni: il bullismo e la violenza di genere.
Esiste un collegamento tra queste due realtà?
Diversi
studi hanno dimostrato che gli adolescenti che si rendono protagonisti di
episodi di bullismo sono stati spesso vittime di violenza assistita.
L’esposizione a modelli violenti all’interno del contesto domestico e familiare
è un elemento che in molti casi accomuna questi due fenomeni. Occorre una
grande attenzione per offrire ai bambini e ai ragazzi modelli alternativi. Non
dimentichiamo, inoltre, che oggi assistiamo ad episodi di bullismo,
tradizionalmente tipici dell’età delle scuole medie e dei primi anni delle
superiori, che hanno come protagonisti bambini di 10 anni, bambini delle scuole
elementari. Quest’abbassamento dell’età deve essere indagato e studiato con
molta attenzione e per farlo occorre il coinvolgimento di tutti coloro che si
occupano di educazione e scuola.
Un altro fenomeno è rappresentato dal
cyberbullismo…
La violenza
si è spostata anche in rete e sui social. Occorre una maggiore consapevolezza
sull’uso di questi strumenti sia da parte dei ragazzi che degli adulti di
riferimento. In regione è stato siglato un accordo che oltre al Garante
coinvolge il Corecom, la Polizia Postale, l’Ufficio scolastico regionale e la
facoltà di Psicologia dell’Università di Bologna. Gli obiettivi sono la
promozione di un uso consapevole di internet e dei social media e la
prevenzione del cyberbullismo.
Lei ha una lunga esperienza come
pedagogista e psicologa. Negli anni come ha visto cambiare l’infanzia e la
genitorialità?
L’infanzia è
sicuramente cambiata ma ancor di più è cambiata la genitorialità. La vostra è
una generazione di genitori più fragile rispetto a quelle precedenti. Quelli
della mia generazione hanno contribuito a scardinare i vecchi modelli e questo
ha anche creato un vuoto e in questo vuoto voi siete cresciuti. Credo che la
mia generazione debba prestare grande attenzione alla vostra.
Fragilità è una parola che sentiremo
pronunciare spesso nel corso del suo mandato…
Si deve
prestare una grande attenzione alle fragilità. Nel programma di mandato
dedichiamo grande spazio a questo tema. Occorre lavorare per individuare e
contrastare la povertà. Quando parlo di povertà non penso solo alla fragilità
economica ma anche a quella educativa, relazionale, emozionale. Ancora una
volta credo che le reti di osservatori sul territorio saranno importanti per
comprendere e intervenire.
Viviamo in un territorio che offre
molto più di altri in termini di servizi per l’infanzia. Sono tante le
iniziative formative, culturali, ludiche, anche gratuite, messe in campo da
pubblico e privato. Riescono ad arrivare a chi più ne ha bisogno?
Effettivamente non sempre chi più ne avrebbe bisogno
viene raggiunto. Spesso chi partecipa agli eventi e aderisce alle proposte è chi
ha già una sensibilità. Penso ai corsi di preparazione alla nascita: la
maggioranza dei futuri genitori che vi partecipano hanno una scolarità medio
alta, mentre è più difficile intercettare e coinvolgere gli altri. Il discorso
vale anche per iniziative di altro tipo. Credo serva ampliare le reti, reti di
cui consultori, nidi e scuole dell’infanzia sono nodi importantissimi. Allo
stesso modo occorre anche l’attenzione dei singoli verso una riscoperta delle
relazioni, penso ad esempio, alle relazioni tra genitori di bambini che
frequentano uno stesso servizio educativo, alla possibilità di coinvolgimento
reciproco: un modo importante per insegnare ai bambini l’importanza delle
relazioni e farli vivere in un contesto fatto di relazioni e attenzione agli
altri.