Sono passati poco più di quarant'anni da quando la legge 360 del 1976 ha permesso ai genitori dei bambini non vedenti di scegliere se far frequentare ai propri figli le scuole speciali o le "classi ordinarie" delle scuole pubbliche. In quest'arco di tempo l'inserimento scolastico delle persone con disabilità visive, ma non solo, ha subito molti mutamenti. Oggi, Roberta Zumiani, psicologa e psicoterapeuta della Cooperativa IRIFOR del Trentino, ci aiuta a capire quali sono le necessità dei bambini e dei ragazzi non vedenti e ipovedenti. Il nostro dialogo parte dall'inserimento scolastico per allargarsi a tanti altri aspetti della vita dei piccoli vedenti e ipovedenti. Roberta Zumiani è la responsabile del progetto di assistenza scolastica della cooperativa trentina, progetto nato nel 2003 e che coinvolge oggi 79 studenti.
Quando e come è nato il vostro progetto per l’integrazione scolastica
degli alunni non vedenti e ipovedenti?
Il progetto di assistenza
scolastica degli studenti con disabilità visiva, cecità o ipovisione, è stato avviato
da IRIFOR nell’anno scolastico 2003/2004, in via quasi sperimentale.
L’obiettivo del progetto è quello di proporre una scuola inclusiva per
gli studenti con disabilità sensoriale, a partire dalla scuola dell’infanzia
fino al termine delle scuole superiori. Le figure che affiancano bambini e
ragazzi nel percorso scolastico ma anche nell’acquisizione di autonomie di
studio, prima, e di vita, poi, sono formate appositamente da IRIFOR attraverso
corsi di formazione e continui aggiornamenti, per poter sempre fornire risposte
efficaci ed efficienti ai bisogni specifici di alunni ciechi e ipovedenti. Gli
alunni coinvolti inizialmente erano 7, mentre nell’anno scolastico 2016/2017
IRIFOR affianca ben 79 studenti, e questo incremento numerico sottolinea senza
dubbio la bontà del progetto.
Quali sono le figure coinvolte?
Il facilitatore della
comunicazione e dell’integrazione scolastica accompagna lo studente nella
quotidianità della scuola mentre il lettore a domicilio lo segue in contesto
extrascolastico, affiancandolo nello svolgimento dei compiti a casa, per
l’acquisizione di un metodo di studio e per progetti specifici di orientamento,
mobilità e autonomia personale.
I vostri progetti puntano ad accompagnare gli alunni nel loro cammino
di inserimento e autonomia fin dalla prima infanzia. Quali sono le
esigenze di un bimbo non vedente che frequenta la scuola dell’infanzia?
Lavorare con i bambini ciechi e
ipovedenti fin dalla scuola dell’infanzia significa poter mettere buone basi
per la costruzione di numerose autonomie future. Fin da subito si lavora sui
prerequisiti per l’apprendimento del Braille (nel caso di cecità), sulla
stimolazione e sull’integrazione delle informazioni derivanti dai sensi
vicarianti, sulla capacità di relazionarsi con i pari, sulla formazione di un
linguaggio in cui significato e significante si integrino in un senso compiuto.
Come si concretizzano gli interventi?
Dopo le osservazioni iniziali si stende un programma che integri la necessità
evolutiva del bambino non vedente con le necessità del gruppo, per cui si
predispongono progetti didattici e laboratori che vedono coinvolti il piccolo e
il grande gruppo per lavorare sui sensi vicarianti.
Esistono progetti rivolti ai bambini che frequentano i nidi? Quali
strategie vengono adottate?
Per la fascia d’età 0-3, IRIFOR
offre un servizio di consulenza, incontrando familiari, docenti ed educatori.
Vengono svolte numerose osservazioni sul campo in modo da poter fornire
indicazioni operative. Per gli operatori vengono proposti anche interventi
formativi specifici sulle esigenze legate alla disabilità sensoriale.
Sono trascorsi quarant’anni da quando i bambini ciechi hanno avuto la possibilità di frequentare le classi ordinarie della scuola
pubblica. Qual è la situazione attuale? È stato raggiunto l’obiettivo
dell’integrazione?
L’integrazione scolastica dipende
da molti fattori, non soltanto dall’istituzione scolastica e dalle leggi bensì
dalla capacità delle persone di attivare concretamente dei progetti congruenti
con i valori dell’integrazione. Ci sono casi in cui l’integrazione resta una
bella parola, ma in numerosi casi abbiamo riscontrato un buon livello di
integrazione, laddove si sia raggiunta una preziosa sinergia di intenti tra
scuola, famiglia e territorio.
Quali sono le maggiori difficoltà a cui vanno incontro i bambini con
disabilità visive e le loro famiglie?
Le difficoltà che si incontrano
sono tutte tendenzialmente riconducibili alla mancanza del lavoro di rete che
porta le famiglie ad una percezione di solitudine ed abbandono. È fondamentale
invece che la rete sia presente e fornisca il supporto necessario ad affrontare
le insite difficoltà collegate alla disabilità, senza che esse vengano
amplificate ma affinché vengano affrontate con consapevolezza e
multiprofessionalità.
Quali sono le potenzialità del saper e poter fare rete?
La rete risulta assolutamente necessaria per lo sviluppo armonico del bambino. Famiglia, scuola e territorio devono unirsi per poter offrire risposte integrate ai bisogni di sviluppo del bambino. Il lavoro di rete permette alla famiglia di percepire l’unitarietà di intenti dell’equipe composta da più esperti che mettono a disposizione delle competenze e le condividono. Questo permette ai genitori di sviluppare fiducia in se stessi, come genitori capaci di rispondere alle necessitò evolutive del figlio, e fiducia nei servizi e nella comunità come accogliente e inclusiva.
Cos'è oggi una scuola integrata per un bambino non vedente e per la sua famiglia?
Si può comprendere facilmente come lo sviluppo armonico, sia a livello cognitivo sia a livello generale, di un bambino affetto da grave deficit visivo dipenda molto dall'ambiente circostante e dalla sua capacità di rendere le informazioni visibili accessibili, quindi una scuola integrata è quella in grado di coordinare gli interventi delle diverse figure all'interno della classe, per promuovere l'inclusione, la socializzazione e il confronto con la famiglia e gli enti per costruire un progetto scolastico, prima, e di vita, poi, per ogni studente cieco e ipovedente. Soprattutto la famiglia diventa per IRIFOR un fondamentale interlocutore e una preziosa risorsa da attivare per permettere agli studenti di raggiungere il massimo livello di autonomia; è proprio per questo che da anni vengono attivati servizi di colloqui psicologici, corsi di formazione, giornate di confronto e percorsi ad hoc per i familiari.
Il bambino e il ragazzo con disabilità visive ha bisogno
dell’affiancamento di un insegnante di sostegno? Nei vostri progetti un ruolo
fondamentale è assegnato all’educatore tiflologico. Quali sono le specificità
di questa figura?
Lo studente cieco o ipovedente ha
bisogno di essere affiancato da figure con una formazione in tiflodidattica e
tifloinformatica. L’educatore con competenze e conoscenze tiflologiche è in
grado di integrare i bisogni educativi speciali della didattica con le
necessità della classe, mettendo a disposizione le competenze specifiche e
tecniche a favore del docente, che le può mutuare a sua volta in favore
dell’intera classe.
La scuola è un luogo fondamentale per la crescita dei bambini ma
sappiamo che non è l’unico. Quali risposte può offrire e offre, ad esempio, il mondo
dello sport?
L’attività motoria è senza dubbio
un elemento fondamentale, per chiunque e dunque anche per ciechi e ipovedenti.
Le abilità grosso- e fino-motorie risultano essere molto importanti sia dal
punto di vista della coordinazione e della conoscenza del proprio corpo, sia
dal punto di vista relazione oltre che essere un’occasione per affrontare il
proprio limite e per lavorare nell’ottica di acquisire il massimo livello
possibile nelle capacità di orientamento e mobilità.
Uno dei punti cardine dei vostri interventi è l’elaborazione di
progetti individualizzati. In cosa consiste?
Per ogni studente cieco o
ipovedente vengono elaborati dei progetti ad hoc. La nostra equipe funge da case
manager per promuovere la rete di risorse composte da scuola, famiglia, e,
appunto, IRIFOR, oltre ad altri enti e associazioni territoriali. IRIFOR,
infatti, conservando la memoria storica del percorso scolastico e di vita dello
studente, consente di non perdere di vista il progetto di inclusione e di
autonomia, che coinvolge ogni alunno a 360 gradi. Il monitoraggio
dell’andamento del progetto è costante per garantirne la dinamicità e la
rispondenza alle reali necessità dello studente stesso e alle esigenze
emergenti sia in ambito familiare sia negli altri ambiti di vita :scuola,
sport, hobby, relazioni. Ad ogni progetto individualizzato corrisponde
un’adeguata assegnazione di risorse, basata sulle competenze dello studente,
sulle esigenze evidenziate dalla valutazione multidisciplinare in IRIFOR, sulle
capacità della famiglia di promuovere autonomia e sulle risorse interne della
scuola; si punta dunque a fornire una risposta specifica alla persona e
all'ambiente. La peculiarità del progetto prevede il coinvolgimento dell’equipe
della Cooperativa, dei facilitatori e dei lettori, ma anche un’approfondita
valutazione da parte dell’oculista e dell’ortottista del nostro centro che
forniscono indicazioni alle famiglie e alle scuole, utili per la scelta degli
ausili, gli adattamenti dei libri di testo e dei quaderni (anch’essi forniti
dalla Cooperativa), i percorsi di autonomia e orientamento. Tutto ciò
nell’ottica della presa in carico globale dello studente.
Il Braille resta uno strumento fondamentale?
Il Braille è ancora oggi
fondamentale poiché rappresenta il veicolo di accesso all’informazione e alla
cultura scritta. È il mezzo che ha permesso ai ciechi di acquistare il diritto
di accedere all’informazione e riveste dunque un ruolo molto prezioso nel
cammino verso l’uguaglianza. È ancora molto attuale, nonostante gli sviluppi
tecnologici, perché è la base di tutto, così come la scrittura “a penna” per i
vedenti.
Quali altri ausili didattici vengono oggi utilizzati? Qual è il ruolo
degli strumenti informatici e digitali e quanto sono diffusi e utilizzati?
Per la didattica di ciechi e ipovedenti vengono
utilizzati ausili non strutturati che dipendono molto dalla capacità di
lavorare in rete tra educatore tiflologo e docenti, sulla base delle
osservazioni del bambino o ragazzo e alla luce delle competenze in suo possesso
e del percorso della classe. Esistono poi ausili più strutturati, come i libri
tattili e il casellario Romagnoli, e strumenti, come la dattiloritmica e la
dattilobraille. Gli ausili tifloinformatici permettono invece l’accesso alle
informazioni in una società in cui le comunicazioni virtuali e informatizzate
sono sempre più frequenti. Diventa dunque importante affiancare bambini e
ragazzi in un’acquisizione di competenze nell’utilizzo di tali strumentazioni
specifiche per permetterne un uso autonomo e consapevole. Il punto su cui si
basa il nostro progetto è il passaggio dal problema alla condizione, cioè
dal vivere la disabilità visiva non più solo come un problema bensì come una
condizione che richiede alcuni accorgimenti, perché l’integrazione non si fa
solo con le leggi ma servono strumenti idonei e competenze specifiche.
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