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Intervista a... Giulia
Selmi è sociologa e socia fondatrice dell’associazione Il progettoAlice con cui realizza progetti di educazione al genere nelle scuole.
L’abbiamo incontrata per farci raccontare il suo lavoro che come
vedremo è molto complesso e tutt’altro che banale.
Educazione
di genere com’è percepito questo tema in Emilia Romagna?
Nella
nostra regione c’è attenzione e ascolto purtroppo però
nell’ultimo anno anche in regione il clima è peggiorato.
Come?
Ci fa un esempio?
L’anno
scorso a Castello d’Argile, un paese della provincia di Bologna, la
polizia è dovuta intervenire per vigilare i bambini che con la
scuola andavano a vedere lo spettacolo teatrale Fa’fafine. Uno
spettacolo del resto di grande qualità e pluripremiato.
Altri
esempi?
A
San Pietro in Casale alcuni rappresentanti di estrema destra si sono
opposti al festival di letteratura per l’infanzia Uscire dal Guscio
e Forza Nuova ha contestato il lavoro di contrasto agli stereotipi
realizzato da alcune insegnanti di scuola primaria in una frazione
del paese. All’inizio dell’anno scolastico a Bologna il Comitato
“Difendiamo i nostri figli” ha presentato una relazione che
valutava con bollini di diversi colori le scuole: verde a quelle che
non facevano attività di gender, giallo a quelle che ne proponevano
qualcuna, rosso a quelle che proponevano attività di educazione al
genere.
Sono
tante le proteste o c’è molto clamore attorno a pochi estremisti?
Con
ogni probabilità si da molto spazio mediatico a pochi estremisti ma
il vero problema non è quanti siano a protestare.
E
allora qual’è il vero problema?
Il
problema è che stiamo respirando un clima di sospetto continuo nei
confronti dell’educazione di genere. E’ un tema complesso e
delicato su cui si fa troppo spesso confusione.
Parlarne
bene o male: non è comunque importante parlarne?
Non
proprio. Sono tanti i danni che può generare una cattiva
informazione.
Allora
facciamo chiarezza: di cosa si occupa l’educazione di genere?
Si
occupa di identità, di ruoli e di stereotipi di genere, nonché di
prevenzione della violenza maschile contro le donne, omofobia e
bullismo omofobico.
Partiamo
dall’identità di genere: cos’è?
L’identità
è il modo in cui gli individui si percepiscono rispetto al proprio
corpo, non sempre l’individuo si identifica con il proprio sesso di
nascita.
Invece
il ruolo cos’è?
Il
ruolo di genere, invece, è l’insieme di aspettative che ci
costruiamo rispetto al sesso di nascita. Quindi il bambino o la
bambina costruisce nel suo vissuto quotidiano l’idea di come e cosa
dovrebbe fare una femmina o un maschio a partire dagli stimoli e
dalle aspettative stereotipiche della società.
E
così arriviamo agli steriotipi?
Esatto.
Gli steriotipi sono “costruzioni” ideali rigide, cristallizzate,
che non consentono uno sviluppo libero dell’identità. L’individuo
è influenzato da costruzioni imposte dagli altri.
Quindi
l’educazione di genere si occupa di queste tre tematiche?
Per
semplificare potremmo dire di si.
Parlando
di società: che lettura delle differenze di genere si propone oggi a
bambini e bambine?
Credo
basti accendere la tv, sfogliare una rivista, leggere un libro,
entrare in un negozio di giocattoli della grande distribuzione, o in
un negozio d’abbigliamento per capire come le differenze di genere
e le aspettative di ruolo siano proposti in modo rigido.
Ci
sono cartoni intelligenti che propongono modelli meno cristallizzati?
Si,
devo dire che anche i big dell’animazione negli tempi stanno più
attenti al tema proponendo.
Ci
fa un esempio?
Per
esempio Dragon Traniner è un film interessante per più motivi.
Indaga il rapporto tra padre e figlio e sulla costruzione della
maschilità, un tema molto trascurato.
A
scuola ci sono particolari difficoltà per portare l’educazione di
genere?
Non
è facile generalizzare. Dipende dalla scuola e dalle insegnanti. Ci
sono scuole dove da anni si fanno progetti e formazione, altre invece
hanno difficoltà a riconoscere l’importanza dei temi proposti o
temono l’opposizione di alcuni genitori.
Le
maestre più anziane sono più in difficoltà?
Non
direi che ci siano differenze legate all’età, ma legate al
bagaglio culturale e esistenziale delle singole insegnanti nella
percezione della rilevanza su questi temi. E’ anche vero, però,
che le insegnanti che hanno vissuto il momento del femminismo storico
hanno attraversato una scuola molto diversa da quella di oggi: negli
anni ’70 nelle scuole si distribuivano manuali sull’educazione
sessuale indirizzati agli e alle adolescenti. Oggi sarebbe
un’operazione impensabile
Come
giudica il libro: Storie della buonanotte per bambine ribelli?
Propone
un tema interessante. E’ necessario rileggere la storia in chiave
femminista perché la vita dei grandi personaggi femminili è stata
trascurata con diligenza.
Perché
indirizzarlo solo alle bambine?
Una
bella domanda! Forse perché è più facile per una bambina
identificarsi nelle gesta di una donna che non in quelle di un
uomo... Però è certo che le grandi donne rimangono un esempio per
tutti, al di là del sesso.