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“... Per il
sottosegretario all'Istruzione Vito De Filippo, lucano: «stiamo
costruendo insieme, ciascuno per la propria parte, percorsi di
crescita eguale su tutto il territorio, a partire dall'infanzia».
«Eguale» per De Filippo vuol dire 51 euro per bambino nella sua
Basilicata e 103 euro in Valle d'Aosta? Così sostiene, eppure la
matematica non è un'opinione.”
Così si legge in un
lungo articolo del Mattino
di Napoli che commenta i finanziamenti allo 0-6 di cui abbiamo
dato notizia
ieri. Il fatto è che le risorse per finanziare nidi e scuole
d’infanzia non vanno direttamente ai comuni ma sono distribuiti dal
Miur (quindi dallo Stato) alle regioni e a loro volta, le regioni, le
distribuiscono ai comuni singoli o associati. Insomma i finanziamenti
“diretti” devono compiere tre passaggi e in questi tre passaggi
le cose sono complicate da organizzare.
La Fondo nazionale
stabilisce i criteri con cui saranno distribuiti i finanziamenti sono
questi: il 50% va in base ai bambini iscritti ai servizi educativi,
il 40% si distribuiscono in base al numero dei bambini totale e
infine il 10% va ai bambini in fascia 3-6 anni che NON sono iscritti
alle scuole d’infanzia statale.
Il risultato il
termini economici?
51 euro ai bambini
della Basilicata contro 103 euro che va ai bambini della Valle
d’Aosta, come ricorda il Mattino. Oppure 40 mln alla Lombardia
mentre alla regione Campania, seconda regione per numero di bimbi
slitta al settimo posto per i finanziamento. Il Mezzogiorno si è
dovuto accontentare del 25,77% delle risorse nonostante la quota di
bambini sia del 34,48%
Perché questo
sbilanciamento verso il nord?
Il fatto è che al
nord ci sono molti più servizi educativi 03 quindi se il 50% dei
finanziamenti vanno al numero dei bambini iscritti, le risorse,
sono necessariamente date più al nord che al sud . La Regione
Emilia-Romagna raggiunge circa il 33% dei posti nido, mentre la
Campania non arriva all’otto percento. Il terzo criterio di
ripartizione che prevede il 10% dei finanziamenti ai bambini non
iscritti alla scuole NON statali, invece di distribuire meglio
peggiora le cose. Al sud infatti le scuole d’infanzia sono al 90%
circa (se non di più) statali, mentre al nord le scuole d’infanzia
paritarie (quindi comunali o private) sono molte. In Veneto, tanto
per fare un altro esempio, sono al 60% dell’offerta totale.
I bambini sono
tutti uguali?
Ora c’è da
chiedersi come mai il MIUR ha pensato a questo sistema di
distribuzione? E qui si possono fare solo ipotesi. Per leggere questo
investimento pensando ad un senso di equità si può ipotizzare che
si è voluto dare più soldi ai territori che hanno più spese da
sostenere. Se un comune ha dieci servizi educativi avrà più spese
di un comune che ne ha uno e quindi ha bisogno più soldi per farli
vivere. D’altro canto è bene ricordare che il sud ha appena avuto
un finanziamento da parte delle UE di svariati mln per incrementare i
servizi educativi.
Disequilibrio
D’altra parte
rimangono i numeri a svelare il disequilibrio. E’ vero che un
comune che ha meno servizi ha meno spese da sostenere, ma se i
bambini ci sono e se il sistema 06 punta ad ampliare l’offerta dei
servizi, allora il finanziamento non è ben pensato perché non
assolve a questo obbiettivo. Si dovrebbe distribuire i finanziamenti
solo in base al numero dei bambini nati?
Ma anche così i
conti non tornano perché i bambini non hanno tutti lo stesso reddito
e quindi le stesse possibilità. E se al sud si concentrano più
bambini, più bambini poveri e meno servizi per tutti, per dare un
po’ di sollievo ed equità, al sud bisognerebbe assegnare più
finanziamenti.
Sempre sperando che
poi questi soldi arrivino a chi di dovere e non facciano la fine dei
fondi PAC che ancora non si sa esattamente quanto abbiano fruttato in
termini di servizi, ma questo è un altro discorso. Quel che si
capisce è che la situazione è molto complessa e i nostri politici
non risultano esattamente all’altezza della situazione. Ma le cose
che non vanno sono tante, per esempio c’è da chiedersi come
possano funzionare le cose quando i finanziamenti hanno tre passaggi
da fare per arrivare a destinazione, come possano funzionare quando
il federalismo non è mai partito davvero, ma è rimasto ibrido e
incoerente come una riforma senza forza e senza scopo.