Adriana Lodi |
Oggi è il
compleanno di tutti i nidi, era il 1971 quando fu approvata la legge
1044 a firma di Adriana Lodi allora parlamentare del PCI.
Abbiamo raccontato tante volte l’iter della legge e l’impegno di
questa donna che considero, senza mezzi termini, un politico
straordinario.Se lo scorso anno
abbiamo raccontato le vicende e il clima che si è respirato in
quegli anni, per arrivare alla scrittura del testo, oggi che i nidi
compiono 46 anni, facciamo invece il punto delle situazione tra
passato e presente.
1971- 2015: due
leggi per i nidi
La legge 1044 ha
avuto lunga vita. E’ stata abrogata solo di recente, nel luglio del
2015. Al suo posto è stata approvata la legge 107/2015 (la
così detta Buona Scuola) e
nel luglio del 2017 è
stato definito il decreto legislativo 65 che descrive e definisce un
sistema prescolastico 0-6, come avviene nel resto d’Europa.
La nuova legge:
aspetti positivi
Gli
aspetti più positivi che si
stabiliscono con il decreto
sono tanti e non sono
indifferenti.
I nidi vengono riconosciuti come il primo tratto educativo
del sistema scolastico e
formativo per i
bambini. Lo
Stato si impegna in modo permanente e
continuativo a finanziare
i servizi 0-6, cosa che fino ad
oggi non è mai successa.
Altra novità sostanziale è
che per la prima volta si
stabilisce una soglia massima per le rette.
Al
personale è richiesto il
titolo di laurea e
viene stabilita la figura del coordinamento pedagogico,
fino ad oggi non era sempre
presente.
La nuova legge:
cosa non è riuscita a cambiare?
La legge purtroppo non è riuscita ad affermare che i nidi e
le scuole d’infanzia devono essere garantiti a qualunque
famiglia faccia domanda d’accesso. Per una questione politica,
molto complessa che si è dibattuta sul piano giuridico, la legge non
è riuscita neanche a stabilire requisiti qualitativi uguali in
tutto il paese. Detto in altre parole: ogni regione continuerà a
scegliere come il servizio educativo dovrà essere offerto:
stabilendo i metri quadrati necessari per ogni bambino, il rapporto
numerico tra educatore e bambino e via discorrendo...Infine la legge
che ripete per tutto il testo la parola “sistema integrato”
non se ne occupa davvero, stabilendo o fissando delle soglie minime o
dei limiti.
Sistema
integrato: nessuno se ne preoccupa
Sistema
integrato ha un significa preciso. I nidi possono essere gestiti
direttamente dall’ente
pubblico, il comune, o da un soggetto
privato. Il
soggetto pubblico o privato dovrebbero
garantire teoricamente le
stesse tariffe, gli
stessi orari e i
calendari d’apertura
e la medesima qualità.
Il
sistema integrato nel tempo
ha dimostrato dei limiti. Se
è vero che i nidi “privati”
costano meno, è anche vero
che pagano meno il personale
e lo trattano peggio da un
punto di vista contrattuale.
Di
questo la legge non precisa nulla e non se
ne occupa in nessun modo. Ma
c’è di più, la legge non
precisa alcun limite o confine di gestione. In buona sostanza: non si
scrive in nessun dove che il pubblico a gestione diretta dovrebbe
mantenere una percentuale minima di
gestione.
La storia
dovrebbe insegnare...
Dopo
circa vent’anni di sistema integrato i nidi a gestione indiretta
sono cresciuti tantissimo. Ad oggi, dati alla mano, i nidi “privati”
superano di poco il 50% dell’offerta nazionale.
Senza
stabilire una percentuale minima:
quanti nidi a gestione pubblica diretta rimarranno da qui a dieci
anni?
Forse
chi
ha scritto la legge non ritiene sia
un tema importante.
Ma senza la gestione
diretta, senza mettere le mani in pasta, l’ente, che è il soggetto
che tutela e offre il servizio come farà a capirlo davvero? Per
capire cos’è un nido e
coma offerto va
vissuto da dentro. E questo
non sterile
ideologia, come
spesso si dice, ma per
questioni
pratiche. L’esperienza diretta è l’unico modo per capire come
fare e
cosa fare. Infine e questo
per ideologia (che non è una parolaccia) ricordiamo anche che i
nidi sono nati pubblici, che
i nidi pubblici hanno costruito una grande qualità nel tempo senza
pari e che un bene pubblico è di tutti.