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Pensieri e parole... Questa mattina
davanti al caffè siamo in cinque. Le vocine dei bambini sono state
inghiottite dallo scuola-bus che dopo lungo saluto è partito nel
solito traffico delle otto. E noi genitori ci troviamo attorno al
tavolo del solito bar con caffè, paste e giornale alla mano. Al
tavolo parlano dei risultati elettorali e le reazioni davanti agli
stessi numeri sono diverse: c’è chi ride soddisfatto, chi è
arrabbiato e chi è indifferente. Intorno a noi i soliti ragazzi
dell’istituto professionale, che sta di fronte al bar, entrano ed
escono, con zaini carichi, sguardi spenti e facce assonnate.
Al tavolo dietro al
nostro, ascolto furtiva la conversazione di tre ragazze. Solo una di
loro ieri è andata a votare
“Sono uscita arrabbiata” Esordisce
mentre le altre ascoltano attente
“Non mi hanno spiegato niente!”
“Ma sei andata da
sola?” Chieda una
“No, con mia
sorella”
“E lei non ti ha
spiegato?”
“Ma se ha dieci
anni!”
Ridono tutte
insieme, poi la novella elettrice continua
“Non sapevo di
dover piegare la scheda e quando sono uscita con la scheda aperta, mi
hanno presa a male parole! E che ne so io? Lo vedi che è la prima
volta, mi vuoi spiegare?”
Immagino la scena e
per non ridere, stacco l’orecchio indiscreto. Mi concentro sui
disegni colorati stampati sul giornale, che spiegano come ormai i risultati
siano certi. E la notizia è quella che già ci aspettavamo fin da
prima di conoscere i numeri: sarà difficile fare un governo, a meno
che…
Al nostro tavolo
intanto C esultate
“Finalmente abbiamo dato un calcio ai vecchi!”
L invece è triste e
tace, non cerca scontro, tutti sappiamo che è schierata con i
perdenti, quelli che secondo la maggior parte dei “caffeisti” del
mattino
“Non hanno fatto
proprio niente di quel che hanno detto...” Se non, “presentare un
democristiano faccia da c….” Aggiunge A. che questa mattina pare
decisamente felice della sconfitta del PD.
Tutto scorre
piuttosto pacificamente al nostro tavolo, troppo pacificamente, per
darmi un po’ di quella carica che di lunedì mattina mi sarebbe
necessaria per affrontare la settimana. Esco dal bar salutando rapida
e inizio la solita passeggiata-energizzante prima di sedermi davanti
al pc. E come tutti i giorni, anche oggi incontro il solito ragazzo
nero che con il cappello in mano chiede la carità. Ecco lui è lì.
Fermo a ricordare un problema che c’era prima e c’è dopo le
elezioni. Tutte le volte che lo incontro mi chiedo se sia maggiorenne,
ma oggi mi chiedo anche per quanto ancora lo incontrerò, e quanto,
la sua presenza silenziosa dia fastidio agli italiani che hanno
votato in massa, non i fascisti, per fortuna, ma i razzisti, che sui
loro manifesti hanno scritto a chiare lettere: Prima gli italiani!