Di Gianfranco Pasquino
Un abisso, non
solo temporale, separa il periodo nel quale Adriana Lodi ha “fatto”
politica, come assessore e come parlamentare, e il periodo nel quale
stiamo vivendo. I cambiamenti intervenuti non sono affatto positivi.
Non condivido in nessun modo le opinioni di chi si arrende ai “segni
del tempo” e sostiene l’inevitabilità e la irreversibilità,
entrambe molto discutibili, dei cambiamenti e afferma che non
dovremmo averne nostalgia. Certo, quello che è successo dal 1992,
quando Adriana lasciò la Camera dei deputati, ad oggi, da un lato,
non è soltanto il prodotto della mala politica, ma, naturalmente, è
anche questo.
Dominare il trend, sconfiggere la cattiva politica
A mio parere, è tanto la conseguenza dell’incapacità
dei partiti italiani, dei loro dirigenti e militanti, di comprendere
le esigenze di una società che era cresciuta anche grazie a quanto
quei partiti avevano fatto, e di rinnovarsi, quanto la (ri)comparsa
di alcuni tradizionali fenomeni deteriori della società italiana
(antipolitica e trasformismo, non solo parlamentare) e dell’emergere
di fenomeni nuovi, populismo, sovranismo e narcisismo (non solo dei
politici, ma anche dei giornalisti), molti dei quali deplorevoli.
La politica di Adriana Lodi
Nelle sue
capacità, nelle sue doti, nel suo modo di fare politica, di
governare a livello locale e di rappresentare nel Parlamento
nazionale, Adriana è stata una delle espressioni migliori di un
sistema politico fondato sui partiti di massa e, in particolare, di
quello che fu il Partito Comunista di Bologna, a Bologna. I partiti
reclutavano coloro che avevano voglia di partecipare attivamente alla
vita politica, che desideravano impegnarsi, qui dovrei scrivere “in
prima persona” se non fosse che per i comunisti l’impegno era
inteso come collettivo ovvero con gli altri, insieme a coloro che
condividevano una visione di fondo e che avevano o acquisivano la
consapevolezza che la politica richiede disponibilità alla
collaborazione. Più di altri, i comunisti (bolognesi,
emiliano-romagnoli) selezionavano fra i loro iscritti coloro che
sembravano possedere le qualità necessarie agli obiettivi che,
soprattutto a Bologna e nelle zone rosse, erano quelli del
buongoverno orientato alla trasformazione. Adriana possedeva alcune
delle capacità indispensabili. Altre le apprese in corso d’opera
sforzandosi con successo di portare in politica le esperienze del
mondo da cui proveniva e di imparare di volta in volta dalla lezione
dei fatti. C’è in quello che è fatto, molto, una componente di
“bolognesità”, un’etica del lavoro, combinata con la
disciplina, ma anche con il riconoscimento che il Partito comunista
richiedeva e concedeva a chi dimostrasse di sapere essere un
compagno/a meritevole.
La "buona personalizzazione"
Non resisto a
sottolineare che, in qualche modo, inconsapevolmente, i comunisti già
intrattenevano alcune caratteristiche di personalizzazione della
politica, a cominciare dai loro sindaci, la cui figura si stagliava
nelle varie città da loro lungamente governate. La stima e la
popolarità giustamente conseguite da Adriana e dalle politiche
sociali che portavano anche la sua impronta personale derivano per
l’appunto anche da quella che chiamerò la “buona
personalizzazione” della politica. Non vedo più nulla di tutto
questo, non soltanto, ma certamente anche, perché non ci sono più i
comunisti, il cui conformismo e talvolta carrierismo pure non ho mai
mancato di criticare. Il crollo del sistema dei partiti italiani e
del PCI, i cui dirigenti negli anni Ottanta dello scorso secolo non
vollero e non seppero mettersi all’altezza delle sfide, è
sicuramente la ragione principale, causa e molto meno effetto, della
affermazione di nuove modalità di fare politica.
Da vent'anni a questa parte
Tutto quello
che vediamo da vent’anni a questa parte dipende, da un lato, da
partiti che tali non sono più e da movimenti che partiti non saranno
mai, dall’altro, dalla tecnologia della comunicazione politica che
quel che rimane dei partiti non sa maneggiare e quelli che partiti
non sono utilizzano senza conoscere che cosa realmente è la
politica: rapporti fra persone che dialogano, cercano di convincersi,
agiscono, insieme oppure si contrastano apertamente, per tradurre
idee e proposte in politiche pubbliche. Oggi, Adriana dovrebbe
fortemente personalizzare la sua politica, scrivere su Facebook,
alimentare un blog, fare twitter. Credo che ci riuscirebbe anche
perché ha idee, energie, capacità. Purtroppo, la politica di molti,
troppi sta tutta nelle tecniche di comunicazione e nulla nei
contenuti. Quel che è avvenuto non è, però, irreversibile. Nuove
organizzazioni potrebbero essere create in grado di contrastare le
fake news e i fake politici. Messaggi innovativi contenenti proposte
e soluzioni potrebbero essere confezionati. La visione di una
politica fatta con conoscenza, intelligenza, competenza potrebbe
riuscire a raggiungere il “popolo”, meglio i cittadini e le
cittadine. Bisogna crederci e cominciare. Non adeguarsi ai trend,
neppure mirare a capovolgerli, ma tentare di costruire nuovi trend.
Provarci. Adriana sarebbe d’accordo. E’ difficile, ma possibile.
Gianfranco Pasquino è professore emerito di Scienza politica e socio
dell’Accademia dei Lincei.