Crescere in città...
Con sorpresa ho notato che i ragazzi (i nostri figli e quelli di amici, un allegro e confusionario sestetto tra 6 e 12 anni) camminavano volentieri e dimenticavano il telefono a casa o nello zaino. Aria aperta batte tecnologia 1 a 0. Evviva!
E poi...
Una sera mio figlio non riusciva a prendere sonno pensando al rientro a scuola: io non ce la faccio, mamma, mi diceva singhiozzando nel buio quando fratelli e amici dormivano già. E non era il capriccio di un ragazzino che non aveva fatto i compiti, ve lo assicuro.
Quella sera, in quella specie di eremo che era la nostra casa delle vacanze, ho pensato alle nostre scuole senza giardini, alle ricreazioni a tempo e a turno, ai banchi distanziati e ai volti coperti con la mascherina.
Ho compreso quanto la vita all'aria aperta sia più umana e quanto sia essenziale per i nostri figli, soprattutto in questi tempi difficili.
Ho pensato che le scuole si sono preoccupate di fare mille regole per igiene e distanziamento, ma hanno dimenticato una cosa fondamentale: lasciare del tempo ai ragazzi per stare fuori, vedere il cielo, toccare la terra, respirare, correre, giocare. Paradossalmente le finestre delle aule sono sempre aperte, ma i ragazzi sono sempre chiusi. Nessuno ha pensato a compensare almeno in parte i sacrifici che stiamo chiedendo ai nostri figli.
Mi si obietterà che gli spazi non lo consentono, che ci sono problemi di responsabilità e coperture assicurative, nonché orari scolastici e programmi ministeriali da rispettare.
Io dico che se c'è la volontà tutto si può fare.
Che si possono organizzare lezioni in cortile, pic nic al parco e passeggiate per la città. Che occorre sfruttare e valorizzare ogni metro quadrato di spazio esterno in ogni scuola, utilizzare spazi pubblici e fare convenzioni con privati. Che letteratura e geometria possono anche aspettare o possono essere studiate misurando un cortile o leggendo una poesia sotto un albero.
Ribatto che le LIM in ogni aula saranno certamente utilissime, ma che sono diventate un'ottima scusa per guardare video e film invece di uscire.
Che ne è stato dell'outdoor education?
Qualche anno fa il Comune di Bologna organizzò corsi e fece dell'"outdoor education" una bandiera. In ogni nido e in ogni scuola dell'infanzia c'erano distese di stivaletti da pioggia e tronchi di legno e sabbiere al posto di scivoli e altalene.
Oggi nelle scuole primarie e secondarie, che accolgono gli stessi bambini che allora erano al nido e alla scuola d'infanzia, eccezion fatta per poche scuole che godono di una felice posizione e/o di un'utenza "up", non trovo quasi nulla che valorizzi l'educazione all'aperto.
Io credo che anche questa sia l'ennesima occasione persa del covid. E un'ulteriore mancanza che potranno rinfacciarci i nostri figli.
Costanza Marri