Una legge per l'educatore: parola a Vanna Iori


BoNidi














Vanna Iori è oggi parlamentare, da anni è pedagogista, professoressa all'università e certo è una proficua scrittrice di saggi sull'educazione. Ha un'ampia visione del mondo dell'infanzia da diversi punti di vista. Vanna Iori è anche prima firmataria della proposta di legge 2656, testo che definisce e riconosce il ruolo dell'euducatore e del pedagogista ne abbiamo scritto di recente. Professioni che ad oggi sfuggono ad una vera definizione e che non sono inquadarate neppure per titoli di studio. L'abbiamo incontrata per farci raccontare della proposta di legge ma anche per parlare del nostro tema preferito: i nidi. 


La proposta di legge 2656 attualmente in discussione al senato ha una storia molto lunga. Da anni educatori e pedagogisti chiedono precisa definizione professionale.Secondo lei in che tempo potrà essere approvata?
Una domanda molto difficile a cui rispondere. I tempi per l'approvazione di una legge sono sempre imprevedibili, per diversi motivi. Potrebbe verificarsi un'urgenza che blocca temporaneamente la discussione, oppure al senato le procedure potrebbero andare più lentamente. Ma ciò detto, sono cautamente ottimista. Fino ad ora i tempi sono stati snelli, c'è stata una unità di intenti tra i membri della commissione del comitato ristretto per l'approvazione del testo. Diciamo che la mia speranza è che entro il 2016 si possa approvare il testo.
Nella proposta di legge non si fa cenno a chi già opera nel settore come educatore. Sappiamo che almeno il 70% degli educatori oggi lavorano senza un titolo di laurea. Il gruppo degli educatori uniti contro i tagli richiesto di equiparare 5 anni di lavoro al titolo di laurea. E' una proposta plausibile?
Abbiamo già incontrato gli educatori contro i tagli e ho spiegato loro, così come ho d’altro canto dichiarato in più occasioni, che la legge non ha valore retroattivo. Per cui chi già lavora non verrà toccato nella sua posizione.
Solo dopo l'approvazione sarà necessaria la laurea per lavorare come educatore. Oggi nel testo di legge non c'è questa precisazione, ma sarà inserito non appena inizierà la discussione sul testo. Ci tengo anche a precisare che dovremo articolare anche norme transitorie per il passaggio dalla fase precedente a quella che sarà regolamentata dall’obbligatorietà del titolo. Potremmo dare un determinato tempo per conseguire i titoli richiesti, oppure riconoscere il lavoro già svolto come credito formativo per i tirocini obbligatori, o potremmo fare formazioni intermedie con un indirizzo di laurea specifico per educatori a coloro che già hanno svolto un lavoro. Ma queste mie opinioni dovranno essere discusse collettivamente in commissione per poi trovare validità normative.
La proposta di legge ha il compito di appianare le ingiustizie che esistono per i titoli di studio. Come già detto ci sono territori che chiedono titoli di studio, altri dove bastano corsi di tre mesi affidati ad associazioni. Ma c'è anche un'altra ingiustizia: spesso gli educatori che operano nel privato hanno contratti peggiorativi e retribuzioni più basse dei colleghi assunti dal pubblico. Quando e come si potranno discutere queste ingiustizie?
La mia Proposta di Legge nasce proprio da queste ingiustizie che rendono eterogenee le figure professionali e le mantengono in una condizione di fragilità. Diciamo che la legge è il primo passaggio per definire l’identità professionale per la figura dell'educatore e del pedagogista, le competenze e gli sbocchi occupazionali. Una volta stabiliti questi contorni, potremmo avviare la discussione dei problema che lei pone sulle retribuzioni. Il tema però non può essere affrontato in sede legislativa. Il legislatore indica i requisiti, le competenze e gli ambiti. Non certo gli aspetti retributivi. Possiamo però dire che senza chiarezza professionale non è possibile definire criteri retributivi.
Nell'ultima legge di stabilità si riconosce per la prima volta un fondo per le povertà soprattutto dedicate all'infanzia. Ma nulla si prevede per l'incremento dei servizi educativi 0-3. Questo nonostante i nidi siano stati riconosciuti, da più autorevoli fonti, come uno dei migliori strumenti per prevenire e arginare fragilità sociali e di povertà, e nonostante, come dimostrato da una nostra indagine giornalistica, i nidi stiano chiudendo. Perché questa mancanza? Lei cosa ne pensa?
Nella legge di stabilità sono previsti fondi per lo 0-6 che, come certamente saprà, è andato in delega. Nella legge 107 si riconoscono quindi i nidi come il primo segmento formativo d'istruzione. E quindi la voce di spesa si colloca già nella legge 107.
Anche nella legge 107, come diceva qualche giorno fa Lorenzo Campioni in una recente intervista al Fatto Quotidiano non si vedono economie. E quindi?
Qualche giorno fa la rappresentante del Miur è stata presente in audizione e ha riferito del positivo andamento dei lavori del tavolo tecnico preposto per discutere dei servizi alla prima infanzia. E' un fatto importante. Soprattutto perché i nidi, come ovvio, sono un importante ambito occupazionale per gli educatori.