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I nidi e le scuole dell'infanzia a Parma sono un vero banco di prova per politici e amministratori. I problemi che la città sta affrontando sono quelli comuni a molti altri comuni tra aumenti delle tariffe e lunghe liste d'attesa. In opposizione si è costituito un comitato famiglia e dopo l'intervista con l'assessore Paci li abbiamo incontrati per farci raccontare il loro punto di vista.
Quando nasce il comitato famiglie di Parma e
perché?
Siamo nati nel gennaio del 2013 in modo spontaneo.
Casualmente un genitore consultando le delibere del comune scopre che
si stava abolendo un'importante strumento che modulava la
tariffazione delle rette: il quoziente Parma. Era uno strumento
importante che funzionava bene, aggiustava le rilevazione isee e
modulava le rette anche a secondo dei numeri dei figli.
Oggi quant'è la retta di nidi e scuole?
Per i nidi la retta massima è di 650, per le
scuole di 280 mensili (con un'isee di 36 mila
euro). Gli aumenti, in corso d'anno, sono stati comunicati tramite
una lettera inviata alle famiglie. Non ci sono stati incontri o
spiegazioni, è arrivata una comunicazione scritta. Per le scuole
d'infanzia l'aumento è stato davvero drammatico. Si è arrivati, in
alcuni casi, a raddoppiare la cifra.
Come avete reagito?
Abbiamo chiesto incontri con sindaco e vicesindaco
che è anche assessore alla scuola. Abbiamo incontrato Peppe Grillo
durante il suo tour, quando è venuto a Parma. Nel frattempo ci
siamo costituiti e nel giro di pochissimo hanno aderito oltre 300
famiglie.
Avete avuto udienza, risposte, proposte... ?
Udienze poche. Le risposte invece ci hanno dato
motivi in più per continuare con il nostro lavoro. Gli aumenti sono
stati corretti con una certa scontistica nell'immediato e alcune
famiglie sono stati risarcite, anche se in misura inferiore a quanto
pattuito ad inizio anno scolastico. Da settembre gli aumenti si sono
avviati a tutti gli effetti. Di recente hanno avviato dei lavori di
ristrutturazione ad alcune strutture scolastiche. Benissimo, ma non è
una risposta che lascia presupporre una politica famigliare,
riteniamo che le politiche familiari debbano partire da una visione a
360 gradi della realtà della famiglia; con tutto il rispetto, ci
mancherebbe altro che non si facessero le ristrutturazioni delle
scuole!
Cos'è una politica famigliare?
Avere dei diritti, sentirsi accompagnati,
valorizzati nella scelta / fortuna di mettere su famiglia. Le nostre
famiglie sono una ricchezza prima di tutto per noi, ma anche per
l’intera società. Oggi l'impressione, invece, è quella di
abbandono, quasi fosse una colpa mettere su famiglia in tempo di
crisi. Intendiamoci nessuno vuole un assegno perché ha messo al
mondo un figlio, ma i servizi devono essere garantiti. Personalmente
ho tre figli, ho avuto modo di constatare che nidi e scuole
d'infanzia sono un passaggio interessante a livello educativo.
Arrivato al terzo figlio, con una retta di 650 euro, ci penso bene
prima di iscriverlo, nonostante sia convinto della validità di
questa esperienza. Tagliare sui nidi non è una politica famigliare è
un taglio che impoverisce tutti: bambini, famiglie, lavoro,
servizi....
A settembre erano 900 i bambini in lista
d'attesa, e oggi?
Oggi non lo sappiamo. L'assessore Paci ha
sostenuto pubblicamente che le liste si stanno contraendo
velocemente. In che numeri? Non ci è dato sapere. Durante gli
incontri la giunta ci ha chiesto cosa faremmo noi per nidi e scuole.
Come facciamo a rispondere se non possiamo sapere qual'è la
situazione esattamente? Perché dovremmo essere noi cittadini a
trovare risposte? Potremmo anche farlo, ci rendiamo disponibili a
farlo ma non è il nostro lavoro. Chi ci amministra si è preso
l'onore di fare scelte. Invece..
Invece?
La risposta sulle liste è stata: aspetteremo di
vedere se si contraggano.
Come ci si trova a confrontarsi con
un'amministrazione che ha fatto della partecipazione il suo cavallo
di battaglia e alla prova dei fatti non si confronta?
E' una profonda delusione per tutti. La giunta ci
ha rimproverato in più circostanze di avere fini politici.
Personalmente credo che se oltre 300 famiglie con bambini piccoli,
quindi molto impegnati, trovano tempo e risorse per denunciare
scontento, sconforto e proponendosi come interlocutori, non si possa
rispondere con questo atteggiamento. Lo scontento c'è e rimane. Non
coglierlo è semplicemente non fare politica.