Quando i bambini maltrattano (anche) le educatrici al nido. L'educazione emotiva può fare la differenza
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Intervista a... Se digitate il suo nome online troverete tantissime pagine, diverse interviste e siti di riferimento. Lei è Rosanna Schiralli psicologa e psicoterapeuta e si occupa d'infanzia, di genitori e di scuola da diversi anni. Tra le molte attività che svolge ha anche il tempo di scrivere. E sono tanti i libri che ha pubblicato, tra i quali ne cito due particolarmente interessanti "Le emozioni che fanno crescere." e "Nostro figlio. Dal concepimento all’adolescenza. Come aiutarlo a crescere con il metodo dell’educazione emotiva". Oggi incontriamo la dottoressa Schiralli proprio per parlare di educazione emotiva, un metodo, che ha messo a punto in anni di ricerca e
studi. Andiamo a capire di cosa si tratta e che risultati si possono
ottenere con questo approccio valido sia per educatori, insegnanti che genitori.
Dottoressa cos’è
l’educazione emotiva?
L’educazione
emotiva è un metodo educativo per insegnare ai figli a gestire il
proprio mondo interno e a riconoscere quello altrui.
Da che età si
può iniziare ad usare l’educazione emotiva?
Fin dalla nascita.
Qual’è il suo
fine?
Per semplificare,
potremmo dire che l’educazione emotiva insegna a riconoscere i
sentimenti e a capirne la portata. Se applicata in modo
ottimale crea adulti sicuri e autonomi. Questa sicurezza rende i
soggetti meno predisposti ai disagi e alle dipendenze che purtroppo
oggi sono in forte aumento.
Aumentano disagio
e dipendenza. Da quanto tempo?
Bella domanda! Da
almeno vent’anni. Era evidente da tanto tempo che ci sarebbero
state ricadute importanti.
Quali sono i
disagi?
Purtroppo stanno
aumentando le dipendenze da alcool, da stupefacenti, ma anche
dipendenze di altro tipo: la bulimia, l’anoressia....Questi
giovani, purtroppo, sono incapaci di riconoscere e gestire le
emozioni. Il consumo di sostanze, che possono far subito meglio, sono
apparenti ancore di salvezza.
Cosa pensa
dell’ultimo episodio di violenza avvenuto in una scuola superiore:
un ragazzo ha sfregiato la professoressa con un coltello?
Sono episodi sempre
più numerosi. Siamo all’emergenza.
Secondo lei è
una questione generazionale?
No, i giovani di
oggi non sono più “cattivi” dei giovani di venti o trent’anni
fa. E’ una questione educativa. I bambini mal educati diventano
giovani incapaci di gestire le emozioni. Ma non possiamo capire cosa
succede se guardiamo solo all’ultimo fatto di cronaca. Dall’ultimo
fotogramma, non si capisce tutto il film.
Se guardassimo
tutto il film cosa capiremmo?
Capiremmo che i
sentimenti si possono e si devono insegnare. Questi ragazzi non
capiscono, che ricadute possano avere le loro azioni sugli altri.
Capiscono solo le pulsioni: alla rabbia segue la violenza. Questo
spiega perché i ragazzi interrogati dai giudici, per aver dato fuoco
ad un barbone, rispondono “Ora che ho finito, posso tornare a casa
a mangiare?”
Questa
inconsapevolezza può essere prevenuta con l’educazione emotiva?
Sì. L’educazione
emotiva educa alla comprensione di sé e alla gestione dei propri
stati emotivi.
Il metodo si basa su
due pilastri: accoglienza-accettazione e contenimento-limitazione.
Senza accoglienza
e limitazione cosa succede?
I piccoli crescono,
diventano ragazzi, ma rimangono emotivamente allo stato di un
neonato. Avvertono solo le pulsioni. E la pulsione, lo sappiamo
tutti, vuole subito essere soddisfatta.
Si possono dare
regole fin dalla primissima infanzia. Come?
Si può educare
subito il bambino in modo semplice, dando loro piccole regole.
Ad esempio?
Ogni volta che il
bambino piange, ad esempio, non si dovrebbe correre e proporre mille
diverse soddisfazioni. Il pianto può essere anche lasciato sfogare,
una volta che ci siamo accertati che le soddisfazioni primarie siano
soddisfatte.
Oggi molte mamme
allattano fino a tarda età: lei come vede questa tendenza?
Il neonato piange
per i più svariati motivi. Non possiamo rispondere sempre e solo
offrendo il seno anche quando ha appena mangiato. Ogni volta il
piccolo prenderà il seno, ma così facendo non lo sto ascoltando,
tantomeno, lo sto educando al riconoscimento dei propri bisogni.
Che danni si
possono riscontrare in un bambino che non ha avuto abbastanza regole?
Sviluppa il cervello
in modo diverso. Il cervello è l’unico organo del nostro corpo che
muta fino ai 22 anni. Fino ad allora, si modifica e si evolve.
Tramite una semplice risonanza magnetica possiamo vedere, mi conceda
questa semplificazione, delle aree del cervello più o meno
sviluppate. Chi ha avuto un’educazione emotivamente “completa”
sviluppa maggiormente i lobi parietali, in questa parte del cervello
si producono sostanze come la seratonina, la dopamina,
ossicitomina. Sono sostanze che producono benessere emotivo e fisico.
Chi ha avuto un’educazione poco attenta all’affettività e priva
di regole, svilupperà maggiormente le parti frontali del cervello
che producono maggiormente sostanze come il cortisolo che genera
strees e ansia: il soggetto sarà sempre agitato e avrà poca
capacità di concentrazione.
Siamo una
generazione che educa senza troppe regole. Secondo lei è frutto
della mentalità del movimento del ‘68?
Questa mala
educazione è frutto di un grande e terribile fraintendimento del
‘68. Siamo passati da un’educazione eccessivamente autoritaria ad
un’educazione senza regole. Abbiamo saltato l’educazione
autorevole.
Quindi non è
meglio la “vecchia” educazione autoritaria?
No, l’educazione
autoritaria non contemplava l’accoglienza, che è l’altro
pilastro dell’educazione emotiva, anche se è sempre preferibile ad
un’educazione permissiva.
Un bambino senza
regole come si comporta?
E’ il piccolo
imperatore in un impero di carta. Perché fuori casa l’imperatore è
fragile e vittima di tutto. Mentre in casa è un despota che ordina e
picchia anche i genitori, ma non solo. In Gran Bretagna c’è
emergenza al nido.
Che emergenza c’è
al nido?
Bambini di due anni
che malmenano le educatrici. Sono i piccoli imperatori, che non sanno
aspettare, che non sono stati educati a sopportare le frustrazioni
quotidiane. La vita ci riserva tante frustrazioni che non sempre i
genitori possono accorrere o risolvere. Possono però educare e
contenere.
Anche la
pedagogia o gli esperti hanno “colpe” in questa cattiva
educazione?
Sì, la scuola non
ha più alcuna autorevolezza. Ad una nota sono molti i genitori che
rispondono con una contro nota, mettendo in mezzo il bambino, in
questioni che sono da risolvere tra adulti. La nostra società è
troppo frenetica, tutti abbiamo fretta, prestiamo poca attenzione e
in apparenza è tutto facile da ottenere…Mentre in realtà non è
affatto così. Tutte queste cose insieme creano ansia, stanchezza nei
genitori, che sono anche molto soli. I bambini ci prendono per
sfinimento e tentiamo di dar loro tutto quello che chiedono, pur di
vederli tranquilli. Così i giovani non sanno affrontare le
frustrazioni e non sanno nemmeno più desiderare.
In che senso?
Molto spesso quando
chiedo ai mie pazienti: “cosa desideri?” Mi rispondono “In che
senso?” E’ come se dicessi loro “ho freddo” e loro non
conoscessero la sensazione del freddo!
Come arginare
questa emergenza?
La risposta non può
che essere educativa. Noi facciamo in continuazione studi per capire
meglio e più approfonditamente il problema. Li facciamo sui bambini
dalla scuola d’infanzia alle superiori. Facciamo formazione per
genitori educatori e insegnanti, per metterli al corrente delle
nostre scoperte, sarebbe bello cominciare a studiare i bambini del
nido perché è un’età fondamentale su cui si può agire con
grande efficacia.
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