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Cronaca
bambina
Come
sarà la scuola tra dieci anni? La fondazione
Agnelli scatta una fotografia sullo
scenario futuro. E il ritratto si delinea netto: meno
studenti, meno classi e meno insegnanti, in tutta Italia.... Lo
studio
prodotto dalla Fondazione,
disponibile online da oggi, riprende
ed elabora
i dati dell’Istat
sull’evoluzione demografica. Vediamo
insieme possibili scenari e le ipotesi per il futuro che
potrebbero riservare anche soluzioni positive.
La
popolazione cala
La
popolazione
scolastica
compresa tra
i 3
e i 18 anni
è oggi di circa 9
milioni.
Tra
10 anni, nel 2028, sarà scesa a
8 milioni.
Nessun altro paese europeo presenta
un trend così declinante.
Perché
la popolazione cala?
Le
ragioni sono
da ricerca nella
diminuzione del numero delle madri potenziali
e anche
nella
riduzione dei flussi migratori internazionali. Il
saldo migratorio con l’estero è
sceso
dal 7,5
per mille nel 2007
al 3
per mille nel 2017.
Come
cala la popolazione scolastica?
La
popolazione fra i 3 e 5 anni diminuirà ovunque già da oggi. Nel
2028 porterà alla riduzione di circa 6.300 sezioni della scuola
dell’infanzia a livello nazionale. Gli iscritti alla scuola
primaria (6-10 anni) diminuiranno consistentemente al Nord, al Centro
e al Sud. I picchi negativi si registreranno in Sardegna con
un meno 24%, in Campania con un meno 20%, e in
Veneto dove si scenderà del 18%. Si stima una perdita di
circa 18.000 classi. Le scuole media (11-13 anni) si stima una
perdita totale al 2028 di circa 9.400 classi.
Una
traiettoria simile alle medie anche la popolazione fra i 14 e i 18
anni, con una perdita complessiva di circa 3.000 classi.
Che
impatto sugli insegnanti?
Partendo
da queste previsioni demografiche la Fondazione Agnelli ha provato a
quantificare gli effetti sugli organici del corpo insegnante. La
contrazione degli studenti potrebbe portare ad un taglio di oltre
55.000 i posti/cattedre tra 10 anni partendo dai gradi
inferiori.
La
contrazione e il tagli di cattedre investirà tutte le regioni e si
può prevedere un raffreddamento della mobilità territoriale
dei docenti con una diminuzione di possibili trasferimenti dal Sud al
Centro-Nord per entrare in ruolo.
Con
le regoli vigenti si assisterà anche a un rallentamento nel
turnover: i nuovi insegnanti immessi in ruolo saranno in numero
inferiore
agli insegnanti che usciranno (per pensionamenti, ecc.).
Come
potrebbe cambiare la scuola?
Andrea
Gavosto direttore della Fondazione dichiara “A soffrirne sarà il
rinnovamento del corpo docente e probabilmente anche la
capacità di innovazione didattica dell’intero sistema
d’istruzione”.
Quante sezioni in meno per l'infanzia?
Piemonte -446, Valle
d’Aosta – 11, Lombardia – 860, Liguria – 111, Veneto, - 536,
Trentino Alto Adige + 18, Friuli Venezia Giulia- 101, Emilia Romagna-
548, Toscana – 346, Marche - 180
Quali
soluzioni potrebbero proporre i governi futuri?
Una
prima alternativa è non fare nulla: accettare la riduzione degli
organici determinata dal declino demografico, con la conseguente
minore capacità di rinnovamento del corpo docente. Tale soluzione potrebbe
portare, peraltro, a un risparmio di quasi 2 miliardi di euro
annui.
Seconda alternative: aumentare il numero medio di insegnanti per classe,
come avvenne nel 1990 con l’introduzione del modulo didattico alle
scuole elementari, favorendo lo sviluppo di forme di co-progettazione
interdisciplinare anche ai gradi superiori.
Terza alternativa prendendo
spunto dalla Francia: si potrebbe
considerare
di
ridurre
il
numero medio di studenti per classe. La
“riforma
Macron” prevede il dimezzamento nelle aree più problematiche.
“L’alternativa
che tuttavia appare preferibile a chi dà priorità al miglioramento
della qualità dell’istruzione in Italia –aggiunge
il direttore Gavosto
– è un rafforzamento generalizzato della “scuola del
pomeriggio”, con più possibilità di scelta del tempo
pieno/prolungato, attività integrative, supporto ai percorsi
personalizzati, contrasto all’abbandono”.