Educazione interculturale. Parola al Professor Massimiliano Fiorucci







 










Intervista a Massimiliano Fiorucci è Professore all'Università degli Studi Roma Tre, dove insegna Pedagogia sociale e interculturale. Il prof. Fiorucci è anche Coordinatore scientifico del Centro di Ricerca sull’Educazione Interculturale e sulla Formazione allo Sviluppo (CREIFOS) e Direttore del Dipartimento di Scienze della Formazione. A breve parteciperà al convegno organizzato dal Gruppo Nazionale Nidi che inizierà venerdì a Palermo. Oggi l’abbiamo incontrato per parlare con lui di interculturalità, un tema tanto affascinante quanto complesso.


Ci sono luoghi che favoriscono l’educazione interculturale?
Direi che la scuola in senso generale è l’istituzione privilegiata. Molto lavoro lo svolgono anche le associazioni e le onlus.

La scuola di tutti i gradi e gli ordini?
Difficile generalizzare, ma direi che le scuole d’infanzia e le scuole primarie svolgono un lavoro centrale, c’è una maggiore attenzione al tema e si agisce in modo più diffuso con azioni “allargate” rivolte a tutti. Anche nei nidi si fa molto. Nelle scuole medie e superiori, pur essendoci indubbiamente delle eccellenze, nel complesso c’è meno sensibilità diffusa sul tema.

A livello teorico come siamo messi in Italia ?
Nel 2007 l’Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri
del Miur ha prodotto un documento molto bello e ancora molto attuale, intitolato “La via italiana per la scuola interculturale e l'integrazione degli alunni stranieri”. Qui sono indicati: i bisogni, i principi ispiratori e le azioni da intraprendere. È un documento valido, non solo per il nostro paese, ma anche a livello europeo. Come è evidente, i propositi espressi non sono stati ancora realizzati appieno.

Nella realizzazione di “buone pratiche” ci sono profonde differenze tra nord e sud?
Non farei tanto una distinzione territoriale tra nord e sud, quanto piuttosto, una mappatura di istituiti e di realtà singole. Ci sono esperienze molto interessanti anche qui a Roma, nella scuola Manin e nella scuola Pisacane. A Milano ci sono realtà molto interessanti, raccontate nel libro La qualità della scuola interculturale di Milena Santerini.

Cosa racconta...?
Come alcune scuole dove gli studenti di origine straniera erano tantissimi siano riuscite a creare didattiche migliori e a consolidare il cambiamento con ottimi risultati scolastici. Ma sono tante le città che possiamo citare. A Prato in un istituto tecnico con fortissima presenza di ragazzi di origine cinese si è riusciti ad avviare una scuola internazionale con frequenti scambi interculturali e viaggi all’estero. Ci sono realtà altrettanto valide a Bologna, Torino, Palermo, Napoli…

L’integrazione multiculturale è una questione sociale?
Anche. Sono certo che i figli degli ambasciatori non creino grandi problemi a nessuno. L’extracomunitario non è mai lo svizzero. Non voglio con questo semplificare troppo il problema che è impegnativo e richiede tante energie, molto tempo e un dialogo profondo. Ma è certo che ancora oggi la questione socioeconomica, così come la descriveva puntualmente Lorenzo Milani, è molto importante. Venendo ai dati, vediamo che il 48% degli italiani opta per i licei, mentre per i figli degli stranieri questa quota scende al 24%. C’è poi una falsa rappresentazione che vorrebbe far coincidere l’arrivo dei figli degli stranieri in Italia con il problema di classi o scuole non omogenee. Il problema, però, c’era anche prima.

Un bambino ben integrato un domani potrà...?
Riprendendo i dati, potremmo credere, che un bambino ben integrato potrà fare scelte simili a quelle degli italiani. Meno diritti però significa spesso meno prestigio. Eppure, la seconda generazione (i figli dei genitori emigrati) potrebbe essere una grande ricchezza con buone potenzialità: ha due culture di appartenenza, conosce più lingue…

E un bambino non integrato che futuro potrà avere?
Quando un adulto si vede messo ai margini e non vede possibilità d’integrazione può più facilmente aderire a estremismi. Il tempo verificherà. Il sociologo Ambrosini ha definito gli adolescenti di seconda generazione come i “pionieri involontari di un’identità nazionale in trasformazione”. La mancata approvazione della legge di riforma della cittadinanza, la così detta legge dello ius soli, non aiuta.

Di fatto il testo di legge metteva tanti paletti per il riconoscimento dei diritti dei bambini nati in Italia...
Non era il miglior testo possibile. È il frutto di compromessi politici ma, del resto, non credo spetti a me ricordare che abbiamo avuto un deputato come Calderoli che ha dato della scimmia al Ministro Kienge, o il presidente della regione Lombardia che ha affermato che la “razza” italiana viene prima, o ancora l’ex Presidente della Regione Lazio Polverini che aveva stanziato circa 120mila euro per erigere un mausoleo in onore di Rodolfo Graziani, che è stato uno dei peggiori carnefici della storia dell’Etiopia... 

Il razzismo è bianco?
Non direi che il razzismo ha un colore o un’appartenenza specifica. Il razzismo è trasversale. Tutti i gruppi etnici tendono a ritenersi, un po’, i migliori, o al centro del mondo. Ernesto De Martino nel bel testo La fine del Mondo parla di etnocentrismo critico. Il fatto è che l’integrazione è difficile e richiede molto lavoro e tanti diversi punti di vista rispetto alle situazioni e ai fatti.

E quindi?
E quindi sono tante le cose che andrebbero riviste. Ad esempio lo studio della storia a scuola. Studiamo la scoperta dell’America come fosse un fatto neutrale. Non lo è. Si dovrebbe chiamare la conquista dell’America, perché in America c’erano già degli abitanti. Questo tanto per fare un esempio.

L’interculturalità dentro e fuori delle scuole è finanziata abbastanza dallo Stato?
Non direi. C’è stata una qualche attenzione, anche in termini di investimenti, fino al 2007. Poi, come per tutto il comparto scuola, abbiamo assistito ad una costante riduzione di risorse. Oggi c’è un interessante progetto attivato tramite i fondi FAMI che coinvolge insegnanti di molte città tramite l’università. Speriamo possa dare buon frutti.