Bolognanidi |
Torna a scriverci Costanza Marri. Una cara amica, un genitore partecipe e una nostra assidua lettrice. Ci propone un pezzo forte riflettendo sul nostro presente quotidiano e sulla politica. Lo fa partendo da una domanda personale: quando ho rinunciato al mio pezzettino di democrazia?
Cara BolognaNidi... In
questi giorni in cui tanto si parla di democrazia ho riflettuto
molto. Ho
rinunciato a capire se il momento buio che sta vivendo l’Italia sia
colpa di politici spregiudicati, speculatori finanziari o altro. Fior
fiore di giornalisti e opinionisti stanno scrivendo e dicendo fiumi
di parole. Ho
provato invece a riflettere a cosa può significare la democrazia nel
mio piccolo di mamma con bimbi al nido e a scuola.
E ho
ragionato su come noi genitori possiamo dare il nostro contributo
alla democrazia, applicandola alla nostra piccola realtà quotidiana.
Mi
sono chiesta: quando ho rinunciato al mio pezzettino di democrazia?
Ho
provato a fare un elenco basato sulla mia esperienza personale, e
sarebbe bello che lettori e followers di Bolognanidi aggiungessero il
loro pensieri.
Quando noi genitori
rinunciamo alla democrazia?
Quando
non partecipiamo all'assemblea del nido o della scuola di nostro
figlio.
Quando
accettiamo assemblee in cui ci vengono solo date comunicazioni di
servizio senza possibilità di decidere.
Quando
ci propongono percorsi partecipati in cui il risultato finale è già
stato scritto ancora prima di cominciare.
Quando
non abbiamo il coraggio o la voglia di dire la nostra, tanto non
cambia niente.
Quando
non ci interessa cosa decidono, l'importante è non avere un rottura
di scatole in più.
Quando
ci accapigliamo per il regalo alla maestra, ma non leggiamo il
resoconto dell'assemblea di istituto o del comitato di gestione.
Quando
il rappresentante di classe lo fa l'unico genitore disponibile mentre
noi abbassiamo gli occhi.
Quando
preferiamo pagare qualcosa in più pur di non impegnarci.
Quando
non salutiamo la mamma o il papà che incrociamo la mattina.
Quando
preferiamo acquistare il computer o la carta igienica per la scuola
invece di pretenderli da chi amministra la cosa pubblica.
Quando
gongoliamo della nostra scuola “bene” che si può permettere
laboratori strepitosi, fregandocene della scuola di periferia dove
magari non si riesce a fare la gita di fine anno.
Quando
nelle riunioni urliamo senza ascoltare.
Quando
facciamo a gara su chi ha il figlio più bravo a scuola o nello
sport.
Quando
davanti a nostro figlio diamo torto alla maestra.
Quando
siamo divisi in fazioni e ottenebrati dal pregiudizio.
Ecco, forse potremmo cominciare da queste piccole cose. Magari non
salveremo il nostro Paese, ma potremmo fare un vero esercizio di
democrazia e farne esperienza concreta. E – questo sarebbe il
risultato più importante - insegnarla ai nostri bambini e alle
nostre bambine.
Costanza Marri