Parola a...
A Roma, come in molte altre città, si parla sempre più spesso di "servizi educativi di eccellenza", di "modelli pedagogici all'avanguardia" e di "progetti formativi", spesso guardando alle pratiche educative d’oltralpe. Aspetti molto affascinanti per i professionisti dell’educazione. Spesso però, anche nella semplicità di una giornata qualunque, la gestione progettuale diventa una montagna da scalare per chi crede che l’educazione vive soprattutto nelle routine quotidiane, soprattutto nei nidi.
Un esempio emblematico arriva da un nido capitolino, dove da anni le educatrici portano avanti con successo un progetto di "slow food".
Il loro obiettivo, meravigliosamente raggiunto, è trasformare il momento del pasto da una semplice somministrazione di cibo a un'esperienza educativa completa. Con i bambini e le bambine del nido il gruppo educativo ha modificato il momento del pasto in dialogo, scoperta sensoriale, attesa, preparazione e congedo, nell’idea che la progettazione educativa è animata da un quotidiano che deve e può essere vissuto nella bellezza dei singoli gesti, delle piccole attenzioni, nell’organizzazione e nella pianificazione.
In questo nido i bambini e le bambine sono invitati a mangiare con calma, ad assaggiare sapori diversi e a scoprire il piacere della condivisione con il gruppo dei coetanei e con le educatrici. Il personale ausiliario, coadiuvando le educatrici, ha un ruolo fondamentale: quello di supportare, aiutare e rendere il servizio un momento di alta qualità, presenziando per tutta la durata del pasto la sala da pranzo, che, per come è strutturato il nido, risulta un po’ troppo dispersiva, poco dotata di un’acustica adeguata, distante dagli ambienti in cui i bambini e le bambine svolgono la loro giornata educativa.
Slow Food... con quale personale?
Questo progetto “Slow Food” nato, pensato ed attuato proprio per restituire durante il pasto un momento rassicurante fatto di calma e scambi, in ambienti che ancora oggi non sono adeguati a svolgere nei tempi lenti previsti le giornate educative, è a rischio. Infatti, a causa della carenza di fondi, il personale ausiliario non può più essere presente in modo continuativo durante il pasto. Le indicazioni ricevute sono che “ci si deve sbrigare, per gli orari ridotti, i cambi turno, i tempi di riassetto delle cucine”.
La conseguenza è che le educatrici si troveranno a breve da sole a gestire un compito che richiederebbe il supporto di almeno altre due figure professionali ausiliarie. L'assenza del personale ausiliario costringe a una brusca accelerazione dei ritmi. Il pasto non è più un momento di lentezza e di cura, ma una corsa contro il tempo per servire e sfamare tutti in fretta e correre poi a rassettare. Il progetto di slow food, un vero e proprio atto pedagogico, si scontra con una realtà di emergenza e di inefficienza. Il tempo che prima era dedicato a spiegare, a incoraggiare e a dialogare, a osservare, a gustare, ora si riduce a un'operazione logistica.
L'educazione di qualità si costruisce senza fretta
Si nega così il principio stesso di un'educazione di qualità, che non si ferma alla didattica in senso stretto, ma si estende a ogni singolo momento della giornata educativa. Negare i tempi lenti significa negare la possibilità di un'educazione profonda, basata sulla relazione e sull'attenzione individuale e di gruppo. In una società sempre più interconnessa in cui assistiamo a bambini e bambine che già in fasce manovrano smartphone, il diritto di immergersi nella realtà, stando seduti gli uni di fronte agli altri a commentare cibi, colori, pietanze, a sperimentare l’autonomia di versare l’acqua nei bicchieri, di apparecchiare e sparecchiare, di servire l’altro, di usare compostezza, attenzione e consapevolezza, è negato.
Questo episodio, apparentemente isolato, è un sintomo di un problema ben più grande: l'assenza di una visione strategica dei servizi educativi, soprattutto dei nidi, che necessitano sempre di più di personale che possa offrire supporto stabile e numericamente adeguato. È ora di riportare al centro del dibattito dei servizi dedicati ai bambini e alle bambine l’educazione e la quotidianità, altrimenti restano quei cartelli di ristoratori che non accettano bambini perché difficili da trattenere a tavola e sui quali poi l’amministrazione locale di turno, di qualsiasi comune e di qualsiasi colore, scrive indignata il post sui social.
Insomma, sembra proprio che “se Dio è morto e Marx pure, Maria Montessori non sta affatto bene”.
Cinzia Conti
RSU SGB ex educatrice nido