Dal dibattito "Mamma vieni al nido!" L'intervento di Adriana Lodi
Racconto brevemente la storia della nascita dei nidi. Mi sono occupata di asili nido già come sindacalista, la questione era molto sentita sia dalle lavoratrici, che dalla giunta comunale dall'ora.
In quella sede è stato il primo
obiettivo che mi sono posta e così ho cominciato a capire come
costruire questa nuova ipotesi. La strada era difficile perché
l’unica esperienza esistente era quella dell’omni. Si volevano
fare degli asili veri, alternativi, che andavano costruiti ex novo.
Mancavano però i modelli. Prima di
lanciare questa idea siamo perciò andati a vedere il nido aziendale
di Ivrea e altre piccole esperienze.
Già dal ’66 abbiamo cominciato a
scrivere postazioni di bilancio a questo scopo. Con l’impegno di
somme ci fu anche l’affermazione di un orientamento
dell’amministrazione comunale.
Il clima in Italia era favorevole,
perché c’era, da parte dell’opinione pubblica una forte
sensibilità alla prima infanzia, dovuta anche ad episodi scandalosi
avvenuti negli istituti per minori, indagati da varie pretori. Forte
era anche la sensibilità tra i lavoratori che dopo le questioni
salariali avevano cominciato a discutere delle condizioni dei
lavoratori come cittadini, e quindi di temi come i trasporti e i
servizi.
La prassi che diede buoni risultati fu
quella di mandare ai quartieri la bozza del bilancio comunale per
chiedere loro un parere.
I quartieri si attivarono, sul fronte
nidi, segnalando perfino le aree dove ubicarli e le eventuali voci
del bilancio su cui risparmiare per investire sui nidi.
Premettendo che in consiglio su questi
temi c’era l’unanimità, abbiamo avuto anche la fortuna che uno
dei consiglieri coinvolse un amico, il sig. Patini, il quale si offrì
di costruire un nido a patto che il comune concedesse un’area, in
zona bolognina, suo quartiere di origine, e che fosse intitolato ai
suoi genitori.
Questa iniziativa privata accelerò di
molto i tempi di costruzione, nonostante le difficoltà, per esempio,
ad accettare una donazione privata da parte del comune.
( un aneddoto: contrasti per l’area
in quanto era stata destinata al Cral dei dipendenti ATC, che
faticarono a rinunciare allo spazio bocce )
A questo punto le domande erano : come
farlo e come gestirlo, per fare la differenza con OMNI.
Il progetto fu gestito dai tecnici del
comune.
Il personale era un’altra questione
spinosa, in quanto sul mercato non c’erano figure qualificate.
Con l’Assessore alla Pubblica
istruzione si pensò allora di creare dei corsi di assistenti
d’infanzia e di dirigenti di comunità alle scuole superiori
Sirani, e per avere velocemente delle diplomate si organizzarono dei
corsi serali.
Ci fu anche un viaggio in Svezia, che
prese spunto da una visita organizzata dal comune alle strutture per
anziani a Copenaghen . A quel punto Lodi e un rappresentante della
minoranza si pagarono il volo per Stoccolma e visitarono i nidi della
città ( da questa esperienza arrivano per esempio i tavoli
arrotondati
Un importante contributo alla
costruzione venne da una delle cosiddette Leggi Ponte, che prevedeva
il pagamento, da parte di costruttori di abitazioni, oltre agli oneri
per l’urbanizzazione primaria ( illuminazione etc ), anche quelli
per l’urbanizzazione secondaria ( parchi etc )
In accordo con l’assessore
all’urbanistica si chiedeva quindi che ogni volta che venivano
realizzate nuove abitazioni, venisse previsti i nidi.
Nel 1970 Lodi viene eletta in
parlamento e per prima cosa mette mano ad una legge ( 1044/’71 )
Le criticità furono : alcune obiezioni
alla mancanza dell’impostazione psico pedagogica, che in realtà
veniva rimandata dalla legge alle competenze della regione e il fatto
che veniva considerata una legge non di investimento.
Questo fermò la legge per un anno,
nonostante l’accordo di entrambe le commissioni coinvolte, sanità
e interni, il cui coinvolgimento fotografava l’impostazione
dell’epoca sull’argomento.
Gli interni, in cui era la Lodi, erano
coinvolti in quanto si occupavano di assistenza e di ordine pubblico.
Alla funzione Pubblica Istruzione non
venne chiesto neanche il parere.
Il sostegno alla proposta di legge
venne anche dalle tre confederazioni sindacali che portarono un
importante contributo, permettendo di inserire lo 0.18 % di
contributi sulle retribuzioni a favore dei servizi.
In realtà la spesa sarebbe dovuta
essere al 50% con lo stato che contribuì solo per due anni (
bisognerà attendere il 1976 per altri finanziamenti nei bilanci
pubblici )
Sta di fatto che in 30 anni lo Stato ha
contribuito per circa 70 ml di lire, contro i 460 dell’inps, cioè
di lavoratori e aziende.
Il progetto avrebbe ambito alla
costruzione di circa 3800 nidi, se ne realizzarono poco più di 2000
e il contributo maggiore arrivò dai comuni e, come abbiamo visto,
dai lavoratori e dalle aziende.
Ecco perché Lodi
sostiene l’idea che continuino ad essere i comuni a gestire i
nidi: "sono roba nostra, bisogna difenderli"!