Daniela Del Boca è professore di economia politica presso l'Università di
Torino e Visiting professor alla New York University. E' stata
consulente dell'OCSE, dell' European Commission e dell'ISFOl. E'
Direttore del Centro CHILD.
Si occupa di tematiche che riguardano economia della famiglia e del
lavoro, con particolare attenzione al ruolo delle istituzioni.
Da un recente studio incentrato sulle politiche familiari condotto dall'Ocse, emerge che il nostro paese è svantaggiato sotto tre voci: l'occupazione femminile, la povertà infantile e il tasso di fertilità. Come mai se le donne in Italia sono quelle che lavorano di meno fanno anche meno figli? E Ancora, una maggior diffusione del servizio educativo, potrebbe aiutare le famiglie ad essere più fertili?
La bassa fecondità, la bassa partecipazione al lavoro e l'alta povertà infantile in Italia sono molto correlate. Le donne che non lavorano possono permettersi meno figli e i figli sono più "poveri". Le famiglie in cui lavora uno solo e in cui i figli sono più di due, il rischio di povertà dei minori è più del 30% contro il 20% nel resto d'Europa. Un secondo reddito in famiglia è diventato condizione importante per permettersi di formare una famiglia e avere più di un figlio. Tra le ragioni le mancanze di aiuto da parte dello Stato sia in forma di servizi (come nei paesi Nordici e Francia) e di sussidi monetari (Francia). In più circa il 30,5 delle mamme che lavorano escono dal mercato alla nascita del primo figlio e spesso non ritornano. Uno sviluppo dei nidi a prezzi accessibili e con orari coerenti con il lavoro aiuterebbe molto ( Famiglie Sole. Del Boca Rosina. Il mulino 2009)
Esiste
un parallelismo tra i servizi d'infanzia di qualità e la diffusione
dell'impiego femminile?
Si.
Ci sono alcuni risultati di ricerche che hanno cercato di usare degli
indicatori, per vedere se c'è un effetto positivo quando la cura
della madre, assente per lavoro, è sostituita da servizi di qualità.
Seppure questi indicatori siano ancora piuttosto rozzi - non avevo
ancora dei dati perfezionati - sembra che ci sia una forte direzione
positiva, sia sul reddito della madre al lavoro, sia sugli esiti
cognitivi dei bambini. Pare effettivamente che lo sviluppo dei
servizi di qualità, serva alle donne per migliorare il proprio
lavoro e ai bambini per stare meglio e andare meglio a scuola.
In
questo panorama generale di tagli agli enti che si sta profilando con
sempre maggior forza, sia per il welfare che per i servizi
d'infanzia, quale potrebbe essere una risposta diretta e costruttiva?
Di
sicuro delle iniziative che mettono insieme tutte le evidenze
empiriche, come questo primo grosso gruppo di ricerca che è stato
fatto, sia di monitoraggio, ma anche con delle ricerche
microeconomiche e psicologiche, che fanno vedere come questi
investimenti
possano pagare. Non si tratta solo di investimenti che fanno star
meglio i bambini oggi. Sono investimenti anche nel medio-lungo
periodo. Si vede chiaramente ad esempio che chi ha frequentato il
servizio d'infanzia zero-tre anni, ha meno rischi di abbandonare la
scuola o diventare un criminale... si stanno facendo molte analisi in
proposito, analisi a lungo periodo. Questo già dovrebbe preoccupare
e allertare i politici sui tagli che si stanno verificando sul
servizio. Si chiarisce infatti da tutti questi elementi che
l'investimento fatto prima, vale molto di più dell'investimento fatto
dopo. L'investimento fatto dopo costa semplicemente di più. Sul
piano dei tagli io non posso dire molto. Posso però dire che si
potrebbero creare delle situazioni un po' più leggere sul piano
delle rigidità istituzionali, un po' più flessibili e che
mantengano però lo stesso livello di qualità. Penso agli asili di
Reggio Emilia che hanno sperimentato tutta una serie di pratiche di
interazioni tra bambini ed insegnanti e tra insegnanti e genitori che
possono esser fatte anche in strutture più leggere meno costose.
Quindi
un maggior investimento deve venire dalla classe politica?
Si.