Paolo Silvestri: i costi di gestione dei nidi bolognesi


Quando Laura Branca mi ha chiesto di partecipare a questa tavola rotonda mi sono domandato quale contributo potessi portare alla riflessione attorno a
un caso (quello del comune di Bologna) di cui non conoscevo nulla.
Ho pensato a un paio di cose fatte negli ultimi anni, entrambe basate su una documentazione statistica abbastanza ricca, che mi pare potrebbero aiutare a contestualizzare il caso Bolognese e offrire spunti per ulteriori riflessioni.
1) La prima è un’analisi fatta su dati regionali con l’obiettivo di capire se e come si possa parlare di costi standard nei nidi d’infanzia. Il riferimento a questo lavoro mi consente di inquadrare meglio Bologna nel contesto regionale.
2) La seconda è un esercizio riguardante il confronto tra costi e gradimento (espresso dai genitori) nei nidi a gestione diretta e nei nidi convenzione nel comune di Modena (Modena, mi pare interessante, perché è vicina ed più simile a Bologna, nella organizzazione del servizio, di quanto non sia, ad esempio, Reggio Emilia che ha “esternalizzato” in blocco creando l’istituzione Reggio Children).
PRIMO
Della prima racconto brevemente l’antefatto perché, a mio modo di vedere, in un mondo in cui raramente i dati confermano un’ipotesi, qui è rilevante l’esito in termini comparativi.

Obiettivi del lavoro era riflettere sui costi standard dei nidi in vista della dibattito sul federalismo. Dapprima abbiamo tentato di fare una rilevazione autonoma (selezionando i controller di alcuni comuni della regione di cui sapevamo che avevano un sistema di contabilità analitica sufficientemente sviluppato, ma grande difficoltà, data dallo stato generalmente non sufficientemente articolata delle informazioni finanziarie); poi abbiamo provato a ripiegare sulla banca dati regionale dell’Osservatorio per l’infanzia e l’adolescenza, confidando sulla “generosità” dei dati, quando si ha disposizione un numero elevati di osservazioni (quasi un migliaio di nidi).
Analizzando questi dati siamo arrivati a individuare alcune stime dei costi dei nidi mettendoli in relazione alla quantità-qualità dei servizi offerti (estensione del servizio; varietà della domanda; variabili organizzative ecc.) Questo ci ha consentito di farci un’idea non solo da cosa dipendono i costi dei nidi (quali variabili sono rilevanti, oltre a quelle ovvie), ma anche di quanto dovrebbero costare.
Dalle analisi fatte emergevano due evidenze, per noi curiose:
  1. che, contrariamente alle aspettative, i nidi (a gestione diretta) nei capoluoghi di provincia risultano mediamente assai più costosi di quelli (a gestioni dirette) presenti negli altri comuni. Due possibili spiegazioni (al netto di tutte le altre catturate già dal modello di regressione: cioè dimensione, composizione per età ore e giorni di servizio, prolungamento, servizio estivo, handicap, numero di educatori in eccesso rispetto agli standard regionali, forma di gestione, esternalizzazioni ecc.): (i) i comuni capoluogo hanno un sistema più affidabile di analisi dei costi che dunque tiene anche conto dei costi ausiliari e generali; (ii) le organizzazioni sindacali nei comuni capoluogo (che hanno una tradizione più antica del servizio e un numero di dipendenti più grande) sono più forti ed hanno ottenuto migliori condizioni lavorative (che si riflettono in maggiori costi di gestione).
  2. che, dalle nostre regressioni i nidi della provincia di Bologna risultavano (indipendentemente dalla formulazione dei vari modelli di stima che abbiamo usato) sempre e significativamente più costosi degli altri.
Partecipando a questo incontro ho pensato che fosse l’occasione per rimettere le mani su quelle elaborazioni: l’idea era quella di verificare se - limitando l’analisi ad un sottoinsieme più omogeneo (cioè i comuni capoluogo)- continuasse a risaltare quella “anomalia” nel costo di Bologna, cosa che è puntualmente risultata.

In sintesi dal confronto emerge che:
il costo medio annuale per iscritto nei nidi comunali a gestione diretta:
è circa 12.700 euro Bologna, contro una media degli altri 8 comuni capoluogo (dunque insieme più affine, per la ragioni dette sopra) di circa 9.500; cioè il 34% in più;
differenza che aumenta ulteriormente quando si consideri l’insieme dei nidi con titolarità comunale (che comprendono anche a gestione indiretta, che come sapete è meno costosa, principalmente per effetto del diverso contratto di lavoro, di quella comunale diretta):
circa 12.500 a Bologna contro circa 9.000 negli altri 8 comuni (40% in più). La differenze aumenta perché l’offerta di nidi di cui è titolare il comune di Bologna risulta prevalentemente composta dalla gestione diretta.
Questi dati si riferiscono all’anno 2007/08; il controllo l’ho fatto anche sui dati della rilevazione regionale dell’anno seguente e le differenze sono dello stesso ordine di grandezza.
[È interessante, per inciso notare che l’anomalia sub 2) della provincia di Bologna, scompare quando considero i costi dei nidi al netto d quelli dei comuni capoluogo.]
Preso dal dubbio ho fatto un ulteriore controllo sui dati forniti dal sistema del controllo di gestione del Comune di Bologna [Consuntivo di contabilità analitica], dove ho visto che l’impianto dei conti è assai simile a quello di Modena, che conosco meglio.
Costo diretto nel 2007 (anno confrontabile con quello della rilevazione regionale) di un posto nido a tempo pieno era di 12.558 (e un costo unitario totale, compresi i costi indiretti) 13.226 [nel 2010 questi due valori sono solo un poco più alti]
Quindi un valore molto vicino a quello che risulta nel DB regionale.
Modena nello stesso anno ha un costo diretto nei nidi a tempo pieno di 10.360 (un posto in un convenzionato costa 7.000; il 33% in meno).

Il dato medio (costo medio per iscritto) può però nascondere molte cose, alcune delle quali assolutamente legittime, nel senso che richiedono effettivamente – a parità di utenti - maggiori risorse: ad esempio, una quota maggiore di bambini lattanti (che sono più costosi, perché richiedono un rapporto educatori bambini più elevato). Per limitare questi effetti di disturbo ho quindi utilizzato l’analisi di regressione che tiene conto di una serie assai importante di fattori quali/quantitativi e ci dice se, a parità di questi altri fattori, il maggior costo è o meno giustificato. Ciononostante Bologna (e questo è il dato robusto) è l’unico comune che mantiene una differenza significativa dalla media (un nido cosa in media 100.000 euro in più all’anno, cioè circa il 20% in più).

Direi dunque che a questo punto non ho molti dubbi e credo si posso affermare con ragionevole certezza che nel comune di Bologna il costo del servizio nido è sensibilmente più elevato della media regionale; e che la differenza è almeno dell’ordine di grandezza del 20%, a parità di caratteristiche del servizio offerto.

Ho quindi cercato di capire da che cosa potesse dipendere questo maggior costo: confesso che l’analisi dovrebbe essere più approfondita di quanto è possibile fare, ma si intravvedono diverse determinanti:
  1. il maggior rapporto educatori bambini (sia il quoziente puro sia quando considero il personale educativo standardizzato su 36 ore alla settimana, anche se in questo caso la differenza si riduce);
  2. un orario complessivo di apertura del servizio (orario giornaliero, non giorni di apertura) più lungo: si tratta del 22% in più di ore “normali” di apertura su base annuale;
  3. la quota particolarmente elevata di internalizzazione dei servizi: non solo, non risultano mai esternalizzati gli educatori e il coordinamento pedagogico – cosa che soprattutto nei comuni più piccoli accade- ma anche la mensa, le pulizie, la lavanderia e il prolungamento, non sono mai esternalizzati; Bo come Rimini e in buona misura Forlì-Cesena fanno sostanzialmente tutte queste cose in house; in tutti gli altri comuni c’è sempre almeno una di queste attività che è fatta fuori;

Quindi diciamo che l’“assetto organizzativo” che riesco a vedere da questi dati mostra un’amministrazione che ha fatto scelte (vedi l’orario normale di servizio) che fanno un uso più intensivo di personale e con ricorso quasi esclusivo a personale inquadrato nel contratto degli enti locali, che, come è noto, è più costoso.

[Sempre dal controllo di gestione (2007) si vede che l’incidenza dei costi di personale sul complesso dei costi è di quasi l’87-8%; a Modena è dell’80-81%. La differenza è di tutto rilievo tenuto conto che il costo del personale costituisce appunto la quota prevalente dei costi.]

Un secondo aspetto che emerge dal data base regionale riguarda la retta media annuale, che a Bologna è di circa 1.400 euro contro i circa 1.800 euro della media degli altri comuni: circa 2/3 (stiamo parlando del gettito medio del 2007/08).
So che la struttura delle rette è rimasta immutata da diversi anni (dal 2011/12 c’è stato un forte aumento – da 361 a 518 per la fascia massima [prima con Isee >26.700 adesso Isee> 33.200] e ridisegno delle stesse [circa stesso importo fino a Isee 17.000 e dopo aumento]) e che, a differenza di altre realtà il prolungamento alle 18:00 del servizio non era pagato (da quest’anno lo è indirettamente, dal momento che la così detta retta a tempo pieno standard, cioè fino alle 16:30 comporta una sconto del 10%).
Il minor livello delle rette a Bologna, rispetto altri capoluoghi, è confermato anche da altre fonti (Cittadinanzattiva; Uil).

In conclusione: a Bologna (rispetto a quanto accaduto nelle altre città della regione) sembrerebbe essere prevalsa una politica che ha agevolato gli insider, a scapito degli outsider. Se il nido, come ci è stato ricordato anche negli altri interventi, è uno strumento importante per promuovere l’eguaglianza delle opportunità, e se le risorse (anche a prescindere da questo momento di forte crisi economica e di crisi della finanza locale) sono limitate (e quindi c’è un vincolo di bilancio), la scelta di offrire servizi particolarmente costosi e di fare pagare agli utenti diretti del servizio una tariffa particolarmente poco costosa va a scapito della possibile estensione del servizio a chi ne sta fuori.

SECONDO
Ho più volte fatto riferimento alla gestione indiretta; sottolineando anche il fatto che nel comune di Bologna, rispetto ad altri comuni, è bassa la quota di posti comunali affidata alla (meno costosa) gestione indiretta.
A questo proposito, riprendo brevemente alcune conclusioni del lavoro fatto con riferimento a Modena. Modena dal 2000 ha aumentato la sua offerta di posti nei nidi a tempo pieno (questa è stata la scelta principale, dopo alcuni tentativi di re-ingegnerizzazione) esclusivamente ampliando l’offerta convenzionata (negli ultimi anni è sensibilmente aumentata anche l’offerta di nidi aziendali di cui una parte di posti è in convezione con il comune).
L’evidenza da cui sono partito è che nella gestione indiretta un posto costa in media 2/3 di un posto nella gestione diretta comunale e che, stando alle opinioni dei genitori, il gradimento per i due servizi è particolarmente elevato, con una differenza, tutto sommato modesta, tra gestione diretta e gestione indiretta.
Come dicevo il costo medio di un nido a tempo piene convenzionato è circa 2/3. Ho cercato di comprendere da cosa dipendesse questa differenza e sono risalito alle seguenti spiegazioni: la differenza dipende in parte (circa il 20-25%) dal mix dell’utenza (ci sono più bambini piccoli nelle gestioni dirette); in parte (circa 7%) dalla mensa (cucina interna contro pasti precotti); per circa il 20-30% dal diverso rapporto tra personale (educativo e ausiliario) e bambini (che è più basso, particolarmente il secondo nella gestione indiretta); per circa il 45-50% dal diverso contratto di lavoro (più ore e minor costo orario nel contratto delle Cooperative sociali). Detto in altre parole, circa metà della ragione della maggior convenienza della gestione convenzionata (rispetto alla gestione diretta) dipende dal peggior contratto di lavoro in cui sono inquadrati lavoratori che esercitano lo stesso mestiere (con la stessa utilità sociale).
Il secondo elemento è che il Comune conduce, circa ogni due anni, un’indagine piuttosto ricca e articolata sulla soddisfazione dei genitori dei nidi comunali: vengono intervistati 400 genitori metà della gestione diretta e metà di quella convenzionata. I giudizi sono molto buoni per entrambe: punteggio medio sintetico è 9,1 (scala da 1 a 10) per la diretta e 8,6 per l’altra. Su questi dati ho potuto fare dei controlli statistici (per tenere conto che l’utenza tende a differenziarsi nelle due gestioni: ad esempio più stranieri nella diretta che mediamente danno un voto più alto degli italiani al servizio ecc.). Il risultato è che la differenza, tutto sommato modesta, nel punteggio medio si mantiene anche dopo i controlli statistici e si capisce anche da che cosa dipende il maggior punteggio della gestione diretta: dalla mensa, dagli spazi fisici e dalle info ricevute, ma non dalla soddisfazione della professionalità degli educatori (identica a 9,05) e non dalla soddisfazione della parte educativa (identica a 9,10).
Dunque, e a prescindere dai problemi di controllo che la gestione delle esternalizzazioni può creare, soprattutto nei contesti con una limitata esperienza nella gestione del servizio (ma non è certo il caso di comuni come Modena o Bologna), ci troviamo di fronte ad una interessante alternativa che probabilmente deve essere esplorata con maggiore attenzione.

I lavori citati sopra stanno in:


2) Gruppo Nazionale Nidi d’Italia, La qualità dei servizi per l’infanzia nella società globale (Convegno nazionale, 27/28 ottobre 2008)