4 domande a Vincenzo Spadafora

Vincenzo Spadafora




















Vincenzo Spadafora è stato il più giovane presidente per Uncef Italia. Ha ricoperto questa carica per due volte di seguito.  Dal 2011 ha iniziato una nuova attività. L'abbiamo intervistato per farci raccontare il mondo infanzia i suoi problemi e necessità.  
 

Nel luglio 2011 è stata istituita l’Autorità Garante per l'Infanzia e l’Adolescenza nel nostro paese. La sua nomina è avvenuta a novembre a pochi mesi di distanza. Ci racconta qual è il suo lavoro? Brevemente cosa avete realizzato ad oggi?


L’Autorità che presiedo ha, tra gli altri, il compito di promuovere l’attuazione delle misure previste dalla Convenzione di New York e da altri strumenti internazionali finalizzate alla promozione e alla tutela dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Può prendere in esame e segnalare alle autorità competenti situazioni di abbandono, disagio o violazione, o rischio di violazione, dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Può esprimere al Governo pareri su disegni o progetti di legge all’esame della Camere e richiedere alle pubbliche amministrazioni o enti pubblici e privati di fornire informazioni rilevanti ai fini della tutela delle persone di minore età. A questo fine può, inoltre, accedere a dati, informazioni e luoghi. In questi primi due anni abbiamo avuto modo di toccare con mano come le due grandi emergenze di oggi siano la disuguaglianza e la povertà. I bambini e gli adolescenti in Italia non hanno tutti gli stessi diritti: ci sono diseguaglianze di tipo economico, sociale e nei servizi tra Nord e Sud. E ci sono fasce di minorenni a particolare rischio di discriminazione, ad esempio i minori stranieri. Occorre dunque incidere sulle disuguaglianze sia a livello legislativo sia nei servizi, come nella scuola, negli asili nido, nelle infrastrutture. Ascoltiamo quotidianamente tutti gli attori impegnati nel settore dell'infanzia e dell’adolescenza e proviamo a rendere più visibile possibile le loro condizioni. Lavoriamo anche per ovviare alla attuale dispersione di competenze e ci poniamo come punto di riferimento valido ed affidabile per interagire con le istituzioni.


Durante un recente discorso, ha denunciato la poca attenzione che i Governi da sempre, hanno dedicato al tema infanzia e adolescenza. Non a caso non era presente alcun rappresentante. Crede che ci siano volontà in questo nuovo governo ad un impegno concreto, quindi anche economico, rispetto all'infanzia?

Le responsabilità di questi anni della politica in materia di minorenni nel nostro Paese sono enormi. Si è scientemente deciso di non occuparsene, di non investire nella politiche per l’infanzia. Oggi ci ritroviamo con una rete fatta di associazioni di amministrazioni locali e di terzo settore, esausta. Realtà che si sono sostituite allo Stato per troppo tempo fra mille difficoltà. Dopo le “macerie” lasciate dalla crisi, mancano i fondi e non è più tollerabile che la politica non metta al centro della propria agenda il futuro delle nuove generazioni. Parlare di minorenni significa parlare di famiglia, di welfare, di economia, di scuola, di sviluppo. Non possiamo più immaginare di parlare dei nostri bambini e dei nostri ragazzi come di un qualcosa di scollato dalla realtà quotidiana. Per ripartire tutto deve passare dall’occuparsi delle esigenze e dei diritti dei più piccoli. Da questo Governo fino ad ora abbiamo visto ben poco in questo senso. Mi auguro presto di assistere ad un cambio di passo. 


I servizi educativi rivolti alla prima infanzia (0-3) stanno chiudendo. E' un dato ancora offuscato dai pochi dati che abbiamo a disposizione. L'ultimo monitoraggio Istat (luglio 2012) ha individuato una flessione dello 0.04%. Una battuta d'arresto dopo anni di crescita e espansione. BolognaNidi ha condotto un report giornalistico che individua come in molti Comuni ci sia un incremento verso la chiusura nel 2013 davvero preoccupante. Nonostante ciò si parla poco dei servizi alla prima infanzia. Come mai? Crede che sia un tema di secondo piano?


Anche dal nostro osservatorio rileviamo la battuta di arresto che si sta registrando sui servizi educativi per la prima infanzia. Non reputo affatto sia un tema di secondo piano, anzi penso che i diritti dei bambini si tutelino anche assicurando la loro partecipazione ai servizi educativi in età prescolare. Infatti, come ormai accertato da più parti l’accesso a servizi per l’infanzia di alta qualità non solo favorisce migliori risultati nella vita scolastica e professionale successiva, ma ha un ruolo importante nel contribuire a invertire le condizioni di svantaggio.
In un’ottica quindi di inclusione sociale e di contrasto alle diseguaglianze e alla povertà, vedo nello sviluppo dei servizi per l’infanzia una strategia vincente per creare occasioni di crescita e di apprendimento con effetti duraturi per tutti i bambini e ancora di più per coloro che provengono da famiglie svantaggiate, incluse quelle immigrate. Di questi aspetti ultimamente ho avuto modo di parlare in due importanti occasioni pubbliche, lo scorso febbraio a Reggio Emilia quando ho partecipato all'importante e ricco "ConvegnoNazionale dei servizi educativi e delle scuole dell'Infanzia" organizzato dal Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia e a fine marzo a Bari alla Conferenza nazionale sull'infanzia e l'adolescenza. In entrambe le occasioni ho avuto modo anche di fare presente quali sono le azioni che in questo senso l'Autorità che dirigo sta mettendo in campo. Da un lato, una riflessione sui Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP) concernenti i diritti civili e sociali relativi alle persone di minore età, dall’altro, un approfondimento sulla formazione di base e in servizio degli operatori dello zero sei anni e le problematiche contrattuali. In particolare, sul fronte dei LEP, il mio Ufficio, attraverso, da un lato, il coordinamento di un percorso di lavoro avviato con un gruppo di associazioni riunite sotto il cartello Batti il Cinque!, dall’altro, il coinvolgimento di esperti nella materia, sta concentrando i propri sforzi alla elaborazione di un documento che possa costituire la base da cui partire per riavviare il confronto e la discussione con i diversi soggetti istituzionali chiamati a occuparsi di questo tema. Sull’altro aspetto, legato alla formazione di coloro che operano nei servizi educativi zero sei anni, abbiamo organizzato un primo incontro di accostamento al tema. La giornata di riflessione che si è svolta lo scorso 20 giugno, ha focalizzato la propria attenzione, attraverso l’intervento di esperti e con la discussione aperta ai partecipanti, su due filoni principali: Formazione di base e in servizio delle educatrici dei servizi per bambini in età 0-3 anni e delle insegnanti di scuola dell’infanzia per i bambini 3-6 anni; Criticità della contrattualistica attuale per educatrici e insegnanti.


Cosa pensa del ddl 1260 che individua un percorso pre-scolastico 0-6? Crede possa essere attuato in tempi brevi?

Come ho avuto modo di sottolineare direttamente in Commissione Istruzione al Senato dove il ddl attualmente è in discussione, vedo con grande interesse quanto previsto in questo testo di legge. Individuo diversi meriti tra cui quello di rimettere al centro i diritti dei bambini, e in particolare quelli dei più piccoli, in una prospettiva nazionale che guarda alla necessità di garantire gli stessi servizi e dello stesso livello qualitativo su tutto il territorio.
In sintesi, con questo di ddl si vuole garantire, partendo dai diritti dei bambini, dalla nascita a sei anni, attraverso un “sistema integrato” dei servizi educativi e di istruzione in una cornice nazionale, legata alla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni, e in un meccanismo a cascata, che dal livello nazionale, passando per quello regionale arrivi agli enti locali, che venga estesa l’offerta e il progressivo riequilibrio territoriale, ridisegnando i meccanismi di finanziamento pubblico tramite un’equilibrata compartecipazione dei diversi livelli di governo alla spesa per i servizi per l’infanzia e per le scuole dell’infanzia, e mirando a superare disparità nelle condizioni di lavoro e nel trattamento economico degli operatori.
Gli unici due elementi di criticità che ho evidenziato e che hanno suscitato l'interesse della senatrice Puglisi (prima firmataria del disegno di legge) riguardano da un lato la necessità di prevedere una cabina di regia per una effettiva applicazione e gestione di quanto previsto dalla legge, dall'altro non è chiara la periodicità, né il raccordo con il Piano nazionale infanzia e adolescenza del Piano di azione nazionale per la promozione del sistema integrato per l’infanzia previsto nel ddl.
Più specificamente rispetto al primo punto, sono convinto che per garantire che la legge sia applicata su tutto il territorio nazionale e raggiunga gli obiettivi che si prefigge, sarebbe necessario prevedere una struttura organizzativa presso il MIUR dedicata allo zero-sei (un dipartimento, una direzione generale, una struttura di missione) che veda rappresentati al suo interno anche le Regioni e gli Enti Locali. Questa soluzione garantirebbe non solo che non venga disperso il patrimonio di esperienza che gli enti locali hanno accumulato in più di 40 anni di gestione di questi servizi (sia asili nido che scuole dell’infanzia), ma anche che la gestione a cascata prevista dalla stessa legge, in un’ottica di suddivisione delle responsabilità, trovi piena applicazione.
Nel caso della seconda criticità trovo che sia assolutamente condivisibile la preoccupazione di prevedere uno strumento di programmazione. Nel testo di legge si specifica che entro tre mesi dalla entrata in vigore della legge venga predisposto dal Governo il Piano di azione nazionale per la promozione del sistema integrato per l’infanzia. Inoltre si sottolinea che il Piano di azione, sulla base di indicatori di evoluzione demografica e di riequilibrio territoriale, modula la destinazione alle regioni e agli enti locali delle risorse finanziare destinate allo scopo. Ma resta non definita sia la periodicità con cui verrà elaborato il Piano di azione, sia quali sono le modalità di raccordo con il Piano nazionale infanzia e adolescenza.