L'educazione: non ha regole


BoNidi














“Quando i genitori arrivano al nostro servizio, ci chiedono spesso se possiamo dar loro un elenco di regole da seguire" a raccontarmi è Sandra Impagliazzo referente del Centro Clinico per la Prima Infanzia, servizio specialistico della Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza dell’Azienda USL di Bologna. La dottoressa mi ha invitata a visitare il Centro dopo esserci incontrate ad un seminario, e sono qui stamane, con la sua équipe per conoscere il loro lavoro. “I bambini che arrivano da noi sono inviati in prevalenza dai clinici, in generale dai pediatri, ma anche dai pedagogisti degli asili nido e delle scuole per l’infanzia. Così siamo riusciti ad accogliere i bambini e i genitori che hanno difficoltà nel loro percorso di crescita”.
Il centro è bello, a dimensione di bambino e non ha nulla che faccia pensare a malattie o difficoltà. Gli spazi, anzi, si presentano rilassanti, colorati, morbidi in generale accoglienti.L'équipe della dottoressa Impagliazzo è tutta al femminile. E si coglie una certa affinità tra loro. 

“Ma perché arrivano qui i bimbi e con quali disturbi?”
"Con disturbi di vario genere: difficoltà del sonno, problemi alimentari, del comportamento, o del controllo degli sfinteri. Sono in aumento bambini con problemi di tipo relazionale”
Intanto che mi racconta passeggiamo per il centro che non ha grandi dimensioni, si tratta di qualche locale e ufficio. La dottoressa apre una porta dove c'è una stanza silenziosa e spaziosa dalle pareti colorate, con tappeti morbidi, giochi di plastica colorata e poltrone.
“Spesso e sempre di più, i genitori che arrivano si sentono smarriti, con grande difficoltà tentano di dare al bambino regole, orari, oppure faticano a gestire urla e pianti”.
Ripenso alle tante notti insonni e alle difficoltà durante i primi anni delle mie figlie...un periodo davvero difficile che, come spesso mi viene detto da “genitori più grandi”, tornerà in complessità e pesantezza durante l'adolescenza. Ma per ora è tutto lontano.
Entro nella sala e guardo i giochi: c'è un piccolo tavolino apparecchiato e un carrello della spesa carico di cibi.
“Vede – mi spiega la dottoressa Piana- i giochi possono aiutare a mettere in scena le difficoltà dei bambini. Il fatto è che sono molto piccoli, qui arrivano i bimbi in età da nido tra zero e tre anni, e non sempre la parola è il modo più adeguato che hanno per esprimersi. Attraverso il gioco riescono a farci capire tante cose. Ad esempio i bimbi che hanno problemi con il cibo, scelgono subito di giocare con pentolini e cucinetta...anche la casa -mi mostra una casa di bambola- assume una valenza simbolica.”
“Ma qui si curano solo i problemi alimentari?”
“Non solo. In realtà il nostro lavoro è più complesso e articolato. Qui non curiamo il sintomo ” La dottoressa Impagliazzo si concentra, nel frattempo siamo uscite dalla sala dei giochi e ora sediamo nella sala delle riunioni che si affaccia, come tutte le altre, su un bel vialetto verdeggiante. Sul grande tavolo attorno a cui sediamo giganteggia una bellissima ortensia regalata in mattinata, da una famiglia di pazienti, alla dottoressa Cassetti.
“Il fatto è che il bambino magari arriva qui con difficoltà a parlare e il problema sono i genitori che stanno divorziando. Ovvio che estremizzo, purtroppo le cose non sono mai così semplici e lineari, però spesso il problema, su cui i genitori sono molto concentrati, non è che un segnale di difficoltà o di problemi più complessi che possono appartenere alle relazioni familiari, oppure allo stato psicofisico della madre…”
“A proposito di madri: sono molte le depressioni post-partum?”
“Sono frequenti e spesso trascurate. Alcune forme di depressione se non curate possono incidere sulle tappe tipiche di sviluppo del bambino favorendo l’insorgere di disturbi anche in epoche successive di crescita”.
Intanto sul sentiero che si vede fuori dalle finestre, due giovani mamme passeggiano lentamente con la carrozzina. L'erba è alta e il sole a picco, deve fare molto caldo, mentre qui tra pareti belle robuste si respira aria fresca.
“Dottoressa-chiedo- è tanti anni che lavora nel campo: com'è cambiato il “genitore” nel tempo, si è fatta un'idea?”
“E' una domanda complessa a cui rispondere, anche perché io ho un punto di vista molto particolare... però nel tempo ho notato alcuni aspetti. I genitori oggi sono più competenti e preparati a livello teorico, sono molto documentati, hanno più fonti di informazione e tante definizioni e concetti, tuttavia più spesso osserviamo una diminuita capacità di ascoltare il loro bambino e di vedere cosa gli succede nel qui ed ora. Fanno spesso fatica a sintonizzarsi con il loro bambino pur essendo il bene più prezioso che hanno... E questa difficoltà è importante perché crea una distanza: che tipo di risposte posso dare come genitore se non capisco le domande o meglio le esigenze che ha ora il mio bambino? I genitori sono spesso preparati in linea di principio rispetto all'infanzia, ma confusi rispetto alle effettive richieste del bambino, alle sue necessità di contenimento, di limiti e di relazioni intense…”
Gli accessi all'anno sono circa 200, di questi solo una piccola parte viene indirizzata verso altri servizi, tutti gli altri che presentano difficoltà in varie aree funzionali, come il sonno, l’alimentazione, il comportamento, il linguaggio… vengono accolti, seguiti e curati insieme alle loro famiglie, con una attenzione particolare rivolta alla relazione bambino-genitori.
Chiedo se ad oggi ci siano problemi in aumento.
La risposta non mi sorprende: “Si, problemi relazionali: sia nel rapporto adulto-bambino, che bambino-bambino ma anche adulto-adulto. Molti genitori sono in conflitto tra loro. La verità è che mi pare che manchino solidi punti di riferimento per i genitori e le teorie estrapolate qua e là siano inefficaci, perché non vengono applicate in modo critico.”
Saluto su queste parole la dottoressa Impagliazzo e rimango avvolta da tanti pensieri, anche della realtà che vedo quotidianamente intorno a me.