Donne, lavoro, economia e nidi ...














Donne al lavoro è il titolo del primo festival dedicato al tema in Italia che si è svolto sabato a Roma. Mancava un festival del genere... non c'è che dire. Il quando che emerge, dai documenti in discussione, è devastante, di un nero cupo e profondo. Non ci raccontano nulla di nuovo, anzi non fanno che confermare la vita quotidiana di molte donne. Si citano percentuali del tutto ovvie che alla fine dimostrano che di lavoro ce n'è poco, e quel poco che c'è, va prima agli uomini. L'Italia nel quadro europeo è fanalino di coda. Come tasso di occupazione siamo penultimi in classifica, solo Malta, ci supera. Lo scarto dell'occupazione è di 20 punti percentuali  tra femmine e maschi. Le prime guadagnano in media -200 euro rispetto ai colleghi.


In Italia
Il 46% delle donne lavora. Il che significa che le donne fuori da quel 46%, non lavora fuori casa e quindi lavora e lavorano molta senza alcuna retribuita: assistendo bambini, anziani, facendo lavori domestici ecc ecc Forse sarebbe il caso di tornare a parlare di stipendio alle casalinghe: una proposta che non ascolto più da troppo... 
Politiche e soldi
In Italia  500 MLN sono stati destinati all'incremento dell'occupazione femminile. Queste risorse sono state spese male con risultati scarsi. (secondo l'osservatorio delle pari opportunità)
Sono mamma! "Stai a casa..."
Le donne in età da figlio, quelle comprese tra i 30 e i 39 anni, sono quelle che se la passano peggio in tutt'Europa.
Lavorare? Non conviene      
I servizi educativi in Italia, nonostante alcuni interventi locali, continuano ad avere rette da capogiro. Le donne rinunciano al lavoro perché non conviene, perché spesso tra lo stipendio che si potrebbero portare a casa e le spese da sostenere da affrontare,  si preferisce rimanere a casa. (Se ci fosse uno stipendio da casalinga il problema non sarebbe.)  
Altri paesi: altre politiche
A questo punto facciamoci un giro al nord e facciamo il solito deprimente confronto. In Svezia, Danimarca, Filandia l'83% delle donne è occupata, mamme comprese. La Svezia nel 2016 ha aumentato il numero di giorni dal congedo parentale. I giorni sono pari: 90  per le mamme e 90 giorni ai papà, entrambi sono pagati all'80% dello stipendio. Per i primi otto anni si può richiedere la riduzione dell'orario del lavoro del 25%. I costi per i servizi educativi incidono per il 5,8% sullo stipendio delle donne. Questi sono dati dell'Ocse.
In Danimarca per il congedo parentale, per i servizi statali di assistenza, per i servizi dedicati all'infanzia e all'istruzione si spendono il 75% delle tasse.
Italia: tra politica, comunicazione e mentalità...
La nostra politica continua a fare proclami (da un governo all'altro nessuno escluso) su un problema che non riguarda le donne, ma l'intero paese.
Più occupazione femminile significherebbe più PIL, ce l'hanno dimostrato in tutte le salse tanti economisti. Più nidi significherebbe più lavoro femminile, più PIL e maggior benessere diffuso... anche questo è ampiamente dimostrato.
Abbiamo saputo realizzare dei nidi che fanno invidia a chiunque (cito solo Reggio children) ma non abbiamo saputo apprezzare i servizi fino in fondo.
Si preferisce stare a casa piuttosto che pagare una retta molto alta. E si preferisce fare una campagna promozionale sui tassi di fertilità colpevolizzando madri e padri, piuttosto che affrontare il problema in modo scientifico, senza veli e preconcetti. La Svezia ha fatto una campagna promozionale sullo stesso tema ma il concetto che passava era ben diverso ed era: "Fate sesso! E' bello e fa bene per tutti"...Non so se mi spiego! Noi donne siamo relegate a casa a pulire, lo facciamo molto più tempo dei nostri compagni maschi anche quando entrambi lavorano fuori casa... Anche questo è ampiamente dimostrato.
Una considerazione
A questo punto rimane solo una considerazione da fare: è ora che noi donne ci diamo una bella svegliata! Il principe azzurro non è mai arrivato e nonostante noi singolarmente, come spesso ci diciamo, siamo tante brave, da sole, non ce la possiamo fare. E' ora di pretendere una politica seria sul tema è ora di fare una profonda riflessione sociale condivisa: perché il maschilismo ha molte facce anche di donna.