Scuola, arte e pensiero creativo. Dialogo con Miriam Paternoster di arteascuola.com

Miriam Paternoster, twitter

Bambini e arte. Infanzia e arte. Binomi importanti che hanno sempre attirato la mia curiosità. Binomi dalle mille sfumature e dalle tante facce che vorrei provare a scoprire con voi in quest’anno appena iniziato. La prima compagna di quello che vorrei e spero possa trasformarsi in un lungo viaggio è Miriam Paternoster. Mamma e insegnante d’arte alle scuole medie, Miriam nove anni fa ha creato il blog Arteascuola.com con l’idea di condividere i lavori dei suoi giovani allievi e confrontarsi con altri insegnanti sparsi nel mondo. Un blog che colpisce anche i non addetti ai lavori per l’esplosione di colori e la creatività che trapela da ogni foto. Perché parlare d’arte e infanzia con un insegnante delle medie? Perché nessun percorso educativo inizia o finisce semplicemente cambiando scuola e quello dell’educazione all’arte è un sentiero che si inizia a percorrere fin da piccoli. Arte e creatività sono parole dai tanti significati come ci racconta Miriam in quest’intervista in cui ci spiega anche le difficoltà che incontra chi vorrebbe dare più spazio allo sviluppo di un pensiero creativo per insegnare a trovare soluzioni nuove dentro e fuori dal mondo dell’arte e della scuola.

Come è nato Arte a scuola?
Arteascuola.com nasce nel 2008 con lo scopo di creare una vetrina virtuale per i lavori creati dai miei studenti delle scuole medie e soprattutto con la volontà di condividere esperienze educative e creative con insegnanti di tutto il mondo. Il sito è scritto sia in italiano che in inglese, e questo dà la possibilità di rivolgersi a un pubblico molto vasto.


Il motto del suo blog è "la creatività nell'arte e nella vita". Quanto conta per lei la creatività dentro e fuori dalla scuola?
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Premetto che la parola creatività non è intesa come sinonimo di abilità: non è creativo chi “disegna bene”, ma chi sa sviluppare un pensiero creativo, un’idea nuova, magari anche uscendo dagli schemi prefissati. E’ difficilissimo sviluppare il pensiero creativo nelle nostre scuole, imbrigliate come sono in scadenze, programmi, griglie e orari da rispettare. La mia materia per fortuna mi permette di sperimentare e mettere in gioco la creatività in molte occasioni, e quello che andrebbe sfruttato maggiormente nelle nostre scuole è proprio il pensiero creativo. Secondo nuovi modelli di apprendimento, basati appunto sul pensiero creativo e sul problem solving, è proprio lo sviluppo della creatività che ci incoraggia a rompere gli schemi, a pensare in modo divergente, a trovare nuove soluzioni, ad affrontare la paura di sbagliare. Intendiamoci: la creatività richiede lavoro, pensiero, disciplina e non è fatta solo di lampi di genio.In quest’ottica, l’insegnamento e la pratica dell’Arte diventano allora fondamentali nel percorso dell’apprendimento perché abituano a ragionare, a immaginare e a trovare soluzioni nuove.
In Italia si sente dire spesso che arte e creatività hanno un ruolo marginale nei percorsi scolastici. Condivide questa idea?
A volte l’approccio educativo delle nostre scuole porta a stroncare la creatività degli studenti: l’insegnante si aspetta una sola risposta, quella giusta, e il pensiero dei ragazzi viene indirizzato e bloccato dentro quella risposta. In materie come la matematica questo approccio è giusto, ma in molte altre si può sfruttare la creatività per produrre idee non stereotipate e libere dalla paura di fallire, perché il processo creativo è sempre fatto di tentativi, di errori e di idee che vanno coltivate, riviste e modificare. Per questo credo che l’arte e la creatività possano aiutare ad affrontare lo studio di qualsiasi disciplina.
Quando si può iniziare a parlare di educazione all'arte e quanto contano le esperienze fatte al nido e alla scuola dell'infanzia?
Credo che si possa sperimentare l’attività artistica fin da piccolissimi. L’educazione alla Bellezza in generale, all’apprezzamento e alla meraviglia generate dalla creatività umana sarebbe da praticare ogni giorno, fin da piccoli. Noi italiani siamo molto fortunati perché viviamo circondati dall’arte in tutte le sue forme!
Come è dimostrato dal successo delle numerose attività proposte dai musei per i bambini di ogni fascia d’età, l’approccio e la formazione all’arte si possono introdurre con grande successo fin dalla scuola dell’infanzia.  I bambini di tutte le età sono in grado di intendere e riconoscere il linguaggio dell’arte, perché parla loro attraverso elementi visivi comprensibili a chiunque, in modo universale. Io insegno alle scuole medie e mi rendo conto di quanto si potrebbe progredire nell’educazione artistica se gli argomenti di base venissero affrontati già nella scuola Primaria o in quella dell’Infanzia.

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Può farci qualche esempio?
Il cerchio cromatico, le mescolanze dei colori per ottenere le tinte, le possibilità espressive della linea e dei segni o anche i linguaggi dell’arte moderna e contemporanea sono temi che si potrebbero affrontare molto prima, con sperimentazioni pratiche che farebbero apprendere i bambini facendoli divertire, e rendendo la conoscenza di questi argomenti indimenticabile.
Lei ha anche tre figli. Che idea si è fatta dell'attenzione dedicata dalle istituzioni educative all'arte e alla creatività? 
I miei tre figli hanno avuto la grande fortuna di vivere all’estero per qualche anno. Abbiamo vissuto in Etiopia, in Tanzania e nel Regno Unito e loro hanno frequentato molte scuole diverse. Hanno sperimentato direttamente i diversi approcci educativi di scuole internazionali, italiane e inglesi e senza dubbio riconoscono insieme a me che l’aspetto creativo di discipline fondamentali per la formazione e la crescita dei bambini come il teatro, la musica, la danza e l’arte, sono tanto trascurate e svalutate nelle scuole italiane, quanto sono incoraggiate e incentivate in quelle internazionali.
Quanto conta in un settore come il suo il motto montessoriano "Aiutami a fare da me!"?
Sicuramente è uno dei miei obiettivi: io lo chiamo “far fare”. C’è una gran parte di insegnanti nella scuola italiana che pongono questo aspetto tra le loro priorità e questo fa ben sperare in un cambio della scuola che sta avvenendo dall’interno.
Come si declina concretamente il “far fare”?
Per la mia disciplina ritengo che ogni cosa proposta ai ragazzi debba essere sempre alla loro portata, da realizzare con una serie di passaggi semplici e precisi, con chiare istruzioni e dimostrazioni. L’aspetto dell’autonomia nel lavoro per me è fondamentale. Fin dai primi giorni spiego ai miei ragazzi che la nostra è un’aula speciale: è un laboratorio pieno di materiali dove bisogna muoversi, lavorare con le mani, utilizzare strumenti diversi, sporcarsi, sporcare e poi pulire. Il laboratorio alla fine della più complessa delle attività (come può essere la stampa o la pittura) dev’essere come lo abbiamo trovato. Questo comporta molte abilità a vari livelli e richiede sia autonomia che collaborazione e attenzione all’altro.

In Italia quando si parla di arte e prima infanzia non si possono non ricordare le esperienze e gli insegnamenti di Bruno Munari e Loris Malaguzzi. Cosa resta di queste esperienze? Ha trovato attenzione per queste nel Regno Unito?
Sicuramente l’approccio proposto dagli esempi educativi di Munari e Malaguzzi nel Regno Unito e in generale all’estero è messo in pratica più che in Italia. Già dalla scuola dell’infanzia e nella scuola Primaria i laboratori creativi e didattici, l’idea del “learning by doing” vengono sperimentati in tutte le discipline. Le stesse aule sono progettate per far lavorare i bambini in gruppo, per muoversi (si lavora anche per terra e c’è sempre una porta che dà sul cortile), ci sono stazioni computer ma anche lavandini con colori e pennelli da usare in qualsiasi occasione. Se si parla dei Poli Nord e Sud in geografia è normale costruire un igloo o dipingere orsi e pinguini ed ogni argomento è correlato ad un’ attività pratica oltre che di ricerca e conoscenza. Tra i miei numerosi contatti con insegnanti all’estero, soprattutto americani e inglesi, vedo che l’aspetto progettuale, manuale, pratico e creativo vengono sviluppati in ogni disciplina.
Cosa l'ha spinta ad insegnare arte?
Ho sempre lavorato con i ragazzi, da quando avevo quindici anni e facevo l’animatrice nei campeggi estivi. In una di queste esperienze, mentre frequentavo la scuola d’arte, mi sono detta che avrei fatto questo: insegnare l’arte ai ragazzi. La scuola d’arte è stata da sempre un sogno per me, e non è stato facile realizzarlo. Poi l’Accademia di Belle Arti, l’Opificio delle Pietre Dure (sono anche restauratrice…) e i concorsi per l’insegnamento mi hanno portato dove sono. A volte quando dico che insegno arte alle medie qualcuno mi guarda quasi con compassione, come dire “… non ti senti un po’ sprecata?”. Rispondo con le parole di un insegnante Enrico Galiano: “No, neanche lontanamente.Funziona così: i ragazzi. più piccoli sono, più importante è quello che fai. Più decisivo ogni gesto, ogni parola.Spesso a quindici, sedici anni, è già troppo tardi, se cerchi di salvarli dall'apatia e dalla sfiducia. Per questo chi insegna ai più piccoli si chiama “maestro”: viene da magister, che ha dentro la parola magis (più). Non si è sprecati a insegnare ai più piccoli. Per essere dei Maestri bisogna avere qualche cosa in più.”
Quando è nata la sua passione per l'arte? 
Disegno da quando ho memoria di essere al mondo, ho cassetti pieni di illustrazioni, disegni e fumetti fatti da me ad ogni età, anche se è stato l’istituto d’arte a farmi davvero amare ogni forma d’arte
C'è un ricordo della sua infanzia legato al disegno o alla pittura?
Ricordo che a 12 anni la mia gemella scriveva libri (ed ora insegna italiano ed è scrittrice) e io disegnavo per lei le illustrazioni alla fine di ogni capitolo.
Ha trascorso diversi anni in Africa. Questa esperienza ha cambiato il suo approccio al suo lavoro? 

Ho cominciato a insegnare solo dopo che sono rientrata dall’Africa nel 2008, per cui non posso dire che questa esperienza abbia influenzato il mio lavoro di insegnante. Ha cambiato sicuramente la mia vita e la mia visione del mondo: mi ha insegnato ad aspettare e ad essere paziente, mi ha insegnato il profondo rispetto per ciò che non conosciamo, mi ha insegnato ad essere straniero e a capire chi lo è nel mio paese, mi ha insegnato a confrontarmi. Tutte cose che nella scuola mi servono ogni giorno. Ma siccome ho ancora molto da imparare… spero tanto di tornarci!

Le foto di questo post sono tratte dal blog Arteascuola.com