Elisabetta Perazzo racconta Adriana Lodi sindacalista in CGIL

 
Adriana Lodi*





Di Elisabetta Perazzo



Cara Adriana,

Quando ad una donna viene riconosciuto il valore di una vita spesa per la sua comunità, è sempre una grande conquista per tutte le donne.


Ho scorso il nostro archivio fotografico ed ho trovato una foto che ti ritrae al tempo della tua militanza sindacale. Eri giovanissima eppure, con la tua passione e la tua tenacia, ti sei guadagnata l’autorevolezza necessaria a guidare, prima le braccianti e poi le operaie, nella lotta durissima per il lavoro e per la dignità femminile. Una dignità che per te doveva trovare la sua realizzazione prima di tutto nella parità salariale e nell’abolizione di ogni forma di discriminazione di genere nel lavoro.

Quando sono entrata nel sindacato nel 1970 tu eri già altrove, deputata del PCI bolognese accompagnata dalla denominazione di “mamma degli asili nido”; eppure le compagne più vecchie amavano ricordarti come quella compagna che, con Diana, Vittorina ed Antonella, era stata una maestra di vita, trasmettendo loro il coraggio di credere nel proprio valore.

Conoscendo meglio il tuo lavoro ho capito quanto quella straordinaria forza d’animo giovanile, quella passione spesa nelle lotte sindacali, abbiano trovato il naturale coronamento nell’impegno politico come assessora prima e parlamentare poi.

A te infatti non sarebbe bastato solo combattere la battaglia contro le diseguaglianze; tu avevi bisogno di partecipare direttamente alla costruzione materiale del mandato costituzionale. E così hai fatto, immaginando e cercando di realizzare una comunità inclusiva, a partire dai bambini. Hai scelto una via lunga, faticosa, forse meno passionale delle lotte sindacali, ma estremamente importante perché quelle lotte non fossero vane. E come sempre hai dato il meglio di te.

Quando infine ti ho conosciuta personalmente, ho scoperto con stupore che quel mito, Adriana Lodi, aveva mantenuto negli anni la stessa freschezza, lo stesso sorriso, la stessa sollecita disponibilità della ragazza di cui mi avevano raccontato le ragazze del ‘70. Il tuo “si può fare!” mi ha accompagnato per anni in CGIL.


Grazie Adriana!


*Foto dell'Archivio Paolo Pedrelli