Chi ha paura di che?

 
Ritratto Caterina Burgisano



Lavorare Riposa 

Ci risiamo!
A cinque anni di distanza dall’inizio della scuola primaria da parte del mio primogenito, siamo a settembre e mi trovo ad affrontare il trauma del suo ingresso nel favoloso modo della secondaria di primo grado.

Inutile dire che il pensiero che il mio bimbo abbia abbandonato l’ovattato mondo della primaria per essere catapultato in quello sconosciuto tritacarne emotivo delle scuole medie, mi atterrisce… Se avrà voglia di condividerle, potrò sapere solo indirettamente quali saranno le sue sensazioni in quei primi mesi di affannosa ricerca di nuovo equilibrio.

Al momento, posso solo fare delle ipotesi su come si svolge il suo debutto alle medie.

Mi racconterà della paura e di quella piccola ansia che avrà preceduto l’ingresso nella nuova classe, con compagni sconosciuti, provenienti da altre realtà scolastiche, e con diverse (brevi) esperienze sulle loro (piccole) spalle.

Mi racconterà dell’imbarazzo che avrà provato presentandosi alla classe, e del disagio suscitato da quella domandina della professoressa di matematica, dalla quale avrà capito di essere un po’ indietro rispetto ai nuovi compagni provenienti dalla scuola 4 novembre.

Mi riferirà, infastidito, che la durata della prima ricreazione sarà passata in un lampo, senza nemmeno dargli il tempo di confrontarsi con gli altri amici della primaria, dispersi tra le varie classi del casermone della scuola 22 marzo.

Ma, forse, la prima cosa che mi racconterà, sarà che tutti i suoi compagni hanno il cellulare… e giù con la manfrina dello smartphone: “e ce l’hanno tutti, e perché io no”… , etc.

Probabilmente lo vedrò tornare a casa un po’ stanco e stordito, preoccupato di dovere affrontare i famigerati “compiti del giorno”, ai quali non era affatto abituato.

Mi descriverà con agitazione che avrà assistito ad una brutta scena in cui un ragazzino di terza avrà aggredito un compagno, strattonandolo e minacciandolo di picchiarlo se non gli avesse consegnato il cellulare…

Mi racconterà tutto questo oppure la mia è solo immaginazione, infarcita di una eccessiva, seppure comprensibile, dose di paura genitoriale?

Se invertissi la narrazione e provassi a immaginare altro?

Tipo i sorrisi che si scambieranno, quei ragazzini, al momento della loro prima, emozionante, presentazione alla classe? O la gioia intensa e la soddisfazione che il mio bimbo proverà la prima volta in cui riceverà un apprezzamento da un professore che non conosce? E, ancora, non potrebbe essere che dopo qualche tempo, non vedrà l’ora che suoni quella campanella per chiacchierare, anche solo dieci minuti, di Teen Wolf con la nuova compagna di classe, anch’ella appassionata di serie TV per ragazzi?Potrebbe accadere che, uscendo da scuola alle ore 14 avrà, invece, voglia di fare una nuotata e andrà in piscina molto più volentieri di quanto non abbia fatto lo scorso anno, quando tornava a casa alle 17.00?

E potrebbe, infine, raccontarmi, ancora spaventato, di come si è indignato per l’aggressione a cui ha assistito e di come ha tentato di sostenere il ragazzino attaccato?

Questo è un quadretto ben più rasserenante, direi e, tutto sommato, potrebbe anche essere che questo ingresso alle medie avvenga con modalità non necessariamente traumatiche.

Allora, forse, piuttosto che preoccuparmi per lui, sarebbe meglio che mi immedesimassi in lui e ritornassi col cuore, e non solo con la mente, a quel periodo tanto travagliato, quanto seducente della preadolescenza, confidando nell’entusiasmo e nella curiosità, nella voglia di crescere e di autonomia del mio “bambino” che, peraltro, giorno dopo giorno, sta già diventando un ragazzo.

Ps. Lo smartphone, però, è tutta un’altra faccenda…

Caterina Burgisano