L’accoglienza dei minori dall’Ucraina: il punto di vista del volontariato.


 

Crescere in città

Le immagini degli orrori della guerra in Ucraina ci accompagnano da oltre un mese. Tra queste ci colpiscono come pugnalate i volti, le espressioni, gli occhi dei bambini ucraini in fuga, “displaced”, come si usa dire. Bambini che avevano una vita normale - famiglia, scuola, amici, sport - che improvvisamente si è sgretolata sotto le bombe; o bambini che già vivevano situazioni di fragilità e che pagano un prezzo ancora più alto.

Ma come funziona la macchina dell'accoglienza in Italia? Lo abbiamo chiesto a Giampaolo Rosi, Incaricato di Protezione Civile per AGESCI Emilia Romagna, l'associazione scout che nella nostra regione ha circa 24.000 tesserati, ed oltre un migliaio di volontari di Protezione Civile. 

I numeri prima di tutto: quanti sono attualmente i rifugiati ucraini arrivati in Emilia Romagna? Di questi quanti sono i bambini?

 

I dati ufficiali ci consegnano ad oggi (mentre scriviamo è il 23 marzo) 16.500 arrivi dall'Ucraina, e tra questi circa 7.300 minori; al momento i flussi sono in leggera decrescita dopo alcuni giorni di arrivi molto significativi, che hanno impegnato severamente la macchina dell'accoglienza nella nostra regione.

Com'è noto al momento, oltre all'accoglienza domiciliare, sono attivi i centri CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria) e la rete SAI (Sistema Accoglienza e Integrazione).


Chi si sta occupando oggi dell'accoglienza dei profughi ucraini e in modo particolare modo dei bambini? Come funziona?

 

Dopo una prima registrazione della presenza sul territorio, che avviene in genere presso le prefetture o gli hub dedicati, viene loro assegnato un codice STP (Straniero Temporaneamente Presente) che garantisce l'accesso al sistema sanitario; per quanto riguarda i minori si cerca di garantire l’inserimento scolastico in modo rapido, ma accompagnandoli tramite un percorso di supporto, anche per colmare il gap linguistico.


Sappiamo che i rifugiati Ucraini in arrivo a Bologna sono invitati a presentarsi nella tensostruttura allestita in Piazza XX Settembre. Cosa succede poi?

 

Terminate le prassi sanitarie, chi ha già la garanzia di un alloggio attraverso un proprio contatto è libero di andare; purtroppo molti non sanno dove andare e devono essere presi in carico dagli enti locali, dalla Caritas o dalle associazioni del Terzo Settore.

Questo “modello” di accoglienza diffusa sul territorio evita -come è stato ripetuto molte volte- le tendopoli, ma a volte non ci consente di seguire in modo efficiente i bisogni e le necessità dei nuclei familiari più fragili: naturalmente i servizi sociali operano con molta attenzione, ma il volontariato ha una capillarità che consentirebbe in alcune occasioni un accompagnamento ottimale.

Un altro tema da non sottovalutare è quello della qualità dell’accoglienza: un tetto ed un piatto caldo sono necessari, ma a volte non sono sufficienti; c’è una dignità dell’accoglienza che va sempre tenuta in grande considerazione.


Secondo te di cosa hanno bisogno più di tutto i bambini ucraini che arrivano in Italia?

 

Come tutti i bambini che fuggono dai conflitti hanno bisogno di serenità e relazione; necessitano di un contesto di crescita stabile e se necessario di una famiglia che possa ospitarli, in particolar modo se sono minori non accompagnati. Auspichiamo che possano nascere quanto prima iniziative specifiche di supporto all’infanzia, come ad esempio il Progetto Vesta, che è attivo nei Comuni di Bologna e Ferrara (https://www.progettovesta.com/)

AGESCI era presente già nell’accoglienza dei profughi del Kosovo 23 anni fa: oggi come allora accogliamo questi bambini e ragazzi anche nei nostri gruppi scout, grazie alla collaborazione insostituibile delle parrocchie che ci ospitano.


Salutiamo Gianpaolo chiedendogli: In questo mese che cosa ti ha colpito di più nella tua attività di volontario?

 

I bambini che accogliamo nell’hub di Piazza XX Settembre ci regalano spesso i loro disegni, e come è facile immaginare sono immagini di guerra e distruzione: questo colpisce e ferisce tutti noi  profondamente.


Ringrazio Gianpaolo e tutti i volontari che lavorano ogni giorno nel silenzio e tentano di costruire o ri-costruire, lontani dalla luce dei riflettori. Penso che, in questa maledetta situazione, il grande patrimonio che è il mondo del volontariato non abbia ancora espresso del tutto le sue potenzialità: l’esperienza e la competenza delle associazioni, opportunamente coordinate dalle istituzioni, potrebbero essere messe a servizio dei minori con progetti e attività dedicati. 

Non è cosa da poco dare assistenza sanitaria, vitto e alloggio a tutti i  bambini ucraini arrivati in Italia, ma ora è tempo di accogliere anche con il cuore, di distribuire sorrisi e abbracci, di giocare insieme, di lavorare sull’integrazione, perché nessuno si senta solo e nessuno resti indietro. Di costruire insieme a loro, che sono il nostro futuro, una nuova idea di Europa. 

Perché, in fin dei conti, questa è la risposta che possiamo dare alla guerra.



Costanza Marri