Il tempo del prenderci cura


 

 

Partecipare per crescere

Cammino senza meta per la città, mi immergo nel caos quotidiano. Salgo sull'autobus, stretta nella morsa di gambe, braccia, spalle, intercetto sguardi di ogni espressione e colore. Questa concentrazione umana mi evoca immagini delle metamorfosi picassiane. Pezzi disordinati e confusi, com'è disordinata e confusa questa nostra epoca. Sento l'afrore delle facce perlate di sudore, nonostante la mascherina. 

Ascolto mio malgrado, i pensieri ad alta voce del passeggero vicino che parla concitato al cellulare, per tutta la durata del viaggio. "Ho saputo molto di lui e delle sue storie d'amore virtuali". Tutto a scena aperta! Senza filtri, pudore, ci si racconta, senza segreti, su questa strana agorà con le ruote. I cellulari spuntano attraverso quegli spazi esigui, come se fosse impossibile farne a meno, nonostante le molte posizioni instabili, sono la nostra copertina di Linus. Siamo talmente addossati l'uno all'altra che mi manca il respiro! Il dondolio della marcia e le frenate brusche anestetizzano il mio presente portandomi nel altrove dei miei ricordi.

"Quasi non rammento più come eravamo".

Annaspo tra le immagini del passato, per ritrovare l'incontro fatto di parole scelte, impegno, partecipazione e sensi attivati. Un tempo così lontano che mi rende estranea a questo presente malato di indifferenza e di tanto rumore.
Avevamo desiderio di ri-contattarci ma questo è veramente troppo! E soprattutto stare pelle a pelle con degli sconosciuti non è tra i miei desideri. Non auspico contatti distratti, subiti, inutili! Mi sento a disagio e mi chiedo che diavolo di vita sia mai questa! Cosa è rimasto dei nostri sogni? Cosa è rimasto di umano? Poi finalmente si spalancano le porte e dopo quaranta minuti di tortura giungo a destinazione. Insieme alle porte dell'autobus si apre un altro mondo! 

Appena metto i piedi in terra riscopro la mia città, fatta di vicoli, palazzi, bar, pizzerie, angoli fioriti, in fondo a destra il Colosseo, Via Cavour, Via del Boschetto...il mio quartiere Celio Monti dalla prima elementare alla terza media. Quanta gente intorno, un brulicare di passi e respiri. Osservo e penso, mentre il sentire si acuisce, mi commuovo di tanta vita addosso, così prepotente da scuotermi gli organi. Numerosi gli anni dietro le mie spalle, una lunga linea infinita mi separa da quella bambina di dieci, con gli occhi spalancati e curiosi, il vestito a balze e i calzettoni corti, un po' taciturna, timida ma sempre pronta a "piroettare" con i pattini a rotelle o inforcare la bicicletta e prendere la discesa di Via Paolina a velocità sostenuta o arrampicarmi, abile su i pali della luce con incredibile soddisfazione nel vedere gli occhi stupiti dei maschietti! Una femmina diversa già da allora! "Detestavo chi mi invitava alla compostezza, fortunatamente, chiunque fosse, non l'ho mai ascoltato. "

I pensieri danzano veloci, saettano dentro il mio cervello, come fulmini illuminano la sequenza degli ultimi accadimenti che hanno segnato lo spartiacque del prima e il dopo:" pandemia, malattia, novax, sivax, morti, sirene, lock dawn, guerra, paura e poi parole, parole, parole, un torrente di consonanti e vocali da farci venire una nausea persistente! Silenzio ... basta! Stop! Respiro lungo, lunghissimo e rivedo il sole ed il cielo, un brivido scorre lungo la schiena a ricordarmi che sono viva. 

Non è poco. Non è banale. 

È strano essere dentro il cambiamento, per poterlo comprendere avremo bisogno di tempo e infinita pazienza, posso solo riportare un fermo immagine di questo presente dato: Stiamo raccogliendo i cocci, sparsi, numerosi e dolorosi.

Ora è tempo di prenderci cura, con tutte le carezze possibili, uscire dal grigiore, dall'offuscamento, la vita ci sta chiamando e non ha più molto tempo da dedicarci. La vita incalza, riesce perfino a spuntare un ciuffo d'erba su questo marciapiede grigio e maleodorante.

È tempo di raccolto. Se saremo riusciti a seminare.

Questa ferita aperta del mondo, reclama solo "la sua cura" costante, amorevole , presente, appassionata. Non neghiamole una carezza, può fare miracoli e poi... li in fondo, nel mistero di questa esistenza che scorre a singhiozzi, nonostante tutto, sento che l'amore agito rimane la più grande delle rivoluzioni.


Anna Maria Mossi Giordano