Intervista: Manes Bernardini risponde

1. Il servizio privato convenzionato e a concessione è un buon servizio, ma forse non ha la stessa qualità del pubblico, per due ragioni: il pasto è gestito, quasi sempre, da una mensa esterna (che per quanto valida, non può garantire gli stessi standard qualitativi di una mensa interna che nel viaggio perde molti principi nutrizionali, sopratutto se trasportati in contenitori di plastica) e secondo, ancora più importante, il contratto di lavoro dipendente pubblico e quello di un dipendente di cooperativa non sono pari. I secondi, in media percepiscono un salario inferiore di 1/4 circa (dati dei sindacati) e hanno meno vacanze e meno diritti in generale. Questo porta ad una maggiore turnazione dei lavoratori e di conseguenza crea un forte disagio ai bambini. Come intende qualificare e salvaguardare i diritti del lavoratore e dei bambini?

Generalizzare la qualità del servizio privato piuttosto che del servizio pubblico non risulta molto utile all’obiettivo di fornire un servizio di qualità a costi il più possibile contenuti per le famiglie. Risulterebbe oggi difficile, per un Comune, garantire spazi, attrezzature, approvvigionamenti quotidiani, standard certificati di qualità, e soprattutto personale dedicato esclusivamente al servizio mensa, il tutto nell’ambito di costi contenuti e rette accettabili. Per tale ragione molti Comuni sono ricorsi all’outsourcing (esternalizzazione del servizio) che, in questo ha ragione lei, in molti casi non ha dato risultati particolarmente brillanti. Gli
strumenti per la gestione del servizio si stanno tuttavia affinando e gli appalti dovrebbero premiare sempre più il rapporto qualità/prezzo, materie prime, aspetti igienico-sanitari e controlli (sia sulla produzione che sul gradimento).
Soprattutto per quanto riguarda i nidi- dove i bambini hanno esigenze alimentari particolarmente complesse e delicate- occorre impostare il servizio con attenzione. La sinergia tra pubblico e privato dovrebbe favorire anche circoli virtuosi: valorizzazione di prodotti a km 0, più freschi, educazione alimentare, garanzia di un servizio puntuale e costantemente monitorato sotto il profilo della qualità e quantità, scarti compresi.
Ciò non toglie il ruolo di programmazione e controllo, determinante del pubblico: per questo sarebbe auspicabile che il servizio fosse appaltato a una società partecipata dal Comune, all’interno della quale il Comune stesso possa esercitare con forza e immediatezza (in fondo i bambini e i ragazzi mangiano alla mensa tutti i giorni!) il proprio ruolo di garanzia. Con uno strumento del genere, inoltre,
potrebbero essere quantomeno attenuate le disparità di trattamento fra
dipendenti pubblici e dipendenti di società cooperative.


2. Con l'aumento del rapporto numerico da 1/6 dei medi e grandi e 1/4 dei lattanti attuale, si passa ad un rapporto di 1/7 e di 1/5 si crea così un esubero di molti dipendenti (circa uno o due dipendenti per nido). Con la chiusura per ristrutturazione si aggiunge altro personale in esubero (molto). Come intende ricollocare questi lavoratori? Con che tempi e in che modi? Visto che attualmente si sta facendo molta confusione sui numeri e si parla di sostituire i dipendenti  in esubero a quelli in pensione non trova giusto fornire dei numeri precisi in proposito? A me non rispondono, magari se lo chiedesse lei..

L’aumento del rapporto numerico di bambini per insegnante non sottende solo un obiettivo di contenimento di costi (i costi mensili per gli asili nido sono altissimi, generalmente calcolati fra gli 800 e gli 1000 euro al mese per bambino), ma anche ad un adeguamento del rapporto dovuto a un dato di fatto: all’asilo nido sono assai frequenti le assenze dei bambini a causa di malattia e la presenza
totale degli iscritti è praticamente spesso solo teorica. Ridimensionare lievemente il rapporto bambino/educatore rientra quindi in un’ottica ragionevole e l’eventuale esubero che si dovesse presentare andrebbe valutato come un’opportunità. Una proficua e condivisa mobilità interna del personale dipendente del Comune potrebbe favorire una ricollocazione più consona alle aspirazioni e alle potenzialità del dipendente, il tutto, ovviamente, in un’attenta
politica di gestione delle risorse umane. Si potrebbe inoltre utilizzare quel personale per cominciare a sperimentare nuovi servizi per l’infanzia come piccoli gruppi educativi o nido-casa.


3. La privatizzazione oggi è pensata senza tutelare la concorrenzialità.Ad oggi i privati convenzionati e a concessione, sul solo territorio di Bologna, sono pari ad un numero di 21 di questi 21 tra Karabak (consorzio di cooperative Dolce, Cadiai, Manutencoop, Cipea e Camst) e le sole Dolce e Cadiai, 10 sono gestite da loro. Una percentuale, ne converrà sbilanciata. I prossimi nidi in apertura (fino ad ora il trend è stato questo, e più esattamente dal 2005 in poi) sono andate a Karabak. Arrivo alla domanda, cosa intende fare una volta sindaco per cercare di tutelare una giusta concorrenzialità tra i privati?

L’apporto del privato sociale e la concorrenza sono ingredienti fondamentali per poter offrire servizi di qualità e diversificati. Il Comune non dovrebbe avere la preoccupazione di ‘quanti privati’ lavorano nel settore, bensì quella di garantire in primis la qualità del servizio, delle strutture ospiti, del personale e il contenimento dei costi.


4. Chi ha deciso che i nidi in chiusura (5, 6 o 8 le informazioni variano da giorno in giorno) dovessero chiudere per restauro? quale giunta? E se è stato deciso prima, come mi è stato riferito, in via ufficiosa da addetti ai lavori, come mai si organizza solo oggi questa chiusura in modo tanto doloroso e frettoloso? E ancora, perché se erano già state decise le sorti di queste strutture, nessuna ha partecipato ai fondi che la regione ha sancito, quasi due milioni, per la ristrutturazione e o l'apertura di nuove strutture di nidi?

I nidi in chiusura, ad oggi definiti dal Comune, sono 2, come ha dichiarato la Cancellieri in data 8 aprile. Le motivazioni addotte, legate alla sicurezza e agibilità dei locali, sono condivisibili. Non lo è invece la programmazione dei lavori di ristrutturazione: l’ennesimo caso in cui un ente pubblico, fa e disfa con i soldi dei cittadini, senza preoccuparsi di fare investimenti effettivamente necessari e duraturi. Evidentemente la giunta Delbono e Cofferati prima, hanno agito senza alcuna programmazione e lungimiranza.



5 La retta per iscrivere i bimbi al nido è aumentata in modo vertiginose, seppure in 10 anni fino ad oggi non avevano subito aumenti in molte realtà italiane il servizio ha un costo inferiore, a volte notevolmente inferiore, dunque chiedo: trova giusti questi aumenti, aumenti per di più in corso d'anno? Una volta sindaco ha delle alternative?

La Regione Emilia-Romagna e la città di Bologna, rispetto ad altre realtà d’Italia, registrano sistematicamente percentuali alte di prezzi e costo della vita in generale. Ciò si ripercuote inevitabilmente anche sui servizi di asilo nido ed il Comune, nel decidere le rette, considerati gli elevati costi pro-bambino, non
riesce evidentemente a contenerle più di tanto. Quali alternative propongo? ‘Pagare tutti per pagare meno’ non è solo uno slogan da campagna elettorale ma dovrebbe essere un sano principio di buona amministrazione. Chi paga le rette nella misura massima, infatti, non è sempre consapevole che sta pagando anche per coloro che hanno chiesto riduzioni o addirittura esoneri. Non intendo generalizzare, tuttavia non è un mistero che alcuni fenomeni di evasione, redditi in nero, o alcune situazioni familiari artificiosamente strutturate, portino benefici a chi non li meriterebbe in quella misura. In molte città italiane per servizi come questo, una parte della Polizia Municipale viene impiegata per effettuare i controlli sulla situazione anagrafica.
Di certo è che gli aumenti in corso d’anno vanno evitati: i genitori hanno il diritto di programmare il servizio e le spese familiari per tempo, così come il Comune ha il dovere di programmare correttamente la percentuale di copertura dei servizi a domanda individuale prima dell’inizio di ogni anno. 
Si potrebbero inoltre sperimentare nuove soluzioni, ovvero cominciare a sostenere servizi differenti ma che riescano a rispondere alle nuove esigenze delle mamme che lavorano; tali servizi avranno un costo inferiore per le casse comunali (contributo baby-sitter, nido di tre bimbi presso la propria abitazione) e il Comune dovrà comunque giocare il ruolo fondamentale di controllore della qualità del servizio offerto.