L'assessore Teresa Marzocchi e i nidi in regione



“La Regione riconosce le bambine e i bambini quali soggetti di diritti individuali, giuridici, civile sociali e opera perché essi siano rispettati come persone.” Così apre la legge 1/2000, un bell'inizio. Un inizio che dà coraggio. Molto investe la regione per i servizi educativi che vanno ad integrare i successivi anni scolastici e di formazione. Uno sforzo notevole è stato compiuto per ciò che concerne lo studio delle realtà esistenti sui territori e nelle diverse loro configurazioni.
Oggi la situazione è destabilizzante, incerta e precaria almeno per Bologna. “Sono concorde con le riforme ipotizzate dal commissario - spiega Teresa Marzocchi, assessore regionale alle politiche sociali. E' stata molto criticata, ma non sta facendo altro che muoversi nei confini della legge regionale. Il rapporto numerico oggi a Bologna di 1 educatore per 6 bambini, mentre nella legge regionale il rapporto previsto è 1 a 5 per la sezione dei piccoli fino a 12 mesi e 1 a 7 per i bambini da 12 a 36 presenti nelle sezioni dei medi e dei grandi. Questi rapporti sono applicati da molti anni nella maggioranza dei Comuni della regione con esiti positivi. Un esempio su tutti Reggio Emilia. Dovremmo concentrarci sulla salvaguardia dei servizi educativi, perché se si chiude è molto difficile tornare indietro”. Il rischio allora è quello di andare incontro ad una contrazione, e non solo ad una privatizzazione. “Non si deve - continua l'assessore - ragionare come se il nemico fosse il privato. Per ciò che concerne il privato convenzionato, ricordiamoci che opera entro i confini previsti dalla legge, ovvero condizioni strutturali, rapporto numerico e formazione del personale.” La Regione ha assegnato una cifra pari a 2 milioni per far crescere l'offerta di nidi nella provincia di Bologna. “Negli anni, per vari motivi, non si sono toccate le rette che sono rimaste invariate da tempo, così come il rapporto numerico è rimasto tra i più bassi della regione. Purtroppo oggi la situazione che dobbiamo affrontare non consente sprechi di soldi che inevitabilmente vanno a coincidere con sprechi di personale. Dobbiamo guardare al futuro. La sfida è grande i, modelli famigliari sono cambiati, dobbiamo offrire una risposta più flessibile. Alla scuola dell’infanzia e ai nidi d’infanzia vogliamo affiancare altri servizi integrativi e sperimentali.” Chiariamo cosa sono questi servizi in sintesi: per primo parliamo di piccoli gruppi educativi, cioè un educatore e un gruppo di 5 bambini in uno spazio apposito extradomestico. Poi c'è l'educatrice famigliare - tre famiglie con bimbi mettono a disposizione uno spazio, infine le più classiche educatrici domiciliari operanti prevalentemente presso il proprio domicilio adeguatamente attrezzato per accogliere bambini piccoli. Per questi servizi i Comuni garantiscono ad oggi formazione e supervisione. La Regione vuole spingere questi servizi in un sistema centralizzato, pur mantenendo le particolarità del caso. Un esempio? In riviera i nidi d’infanzia sono aperti tutta estate, per motivi palesi di necessità dei genitori. “Si deve percorre questa strada fatta di dialogo e confronto. L'abbiamo percorsa e dobbiamo continuare a percorrerla”.