. Vent'anni
Da
oltre vent’anni gli interventi pubblici sono finalizzati a
incrementare
l’offerta dei servizi socio-educativi alla prima infanzia in Italia elevarne la qualità e ampi passi in avanti sono stati effettivamente compiuti; i più recenti dati Istat sulla situazione italiana sono qui: www3.istat.it. Per rispondere alle esigenze delle famiglie, però, il sistema dovrebbe crescere ancora ma ciò non sarà possibile. Nel prossimo futuro gli obiettivi cambieranno: dallo sviluppo alla difesa dell’esistente.
l’offerta dei servizi socio-educativi alla prima infanzia in Italia elevarne la qualità e ampi passi in avanti sono stati effettivamente compiuti; i più recenti dati Istat sulla situazione italiana sono qui: www3.istat.it. Per rispondere alle esigenze delle famiglie, però, il sistema dovrebbe crescere ancora ma ciò non sarà possibile. Nel prossimo futuro gli obiettivi cambieranno: dallo sviluppo alla difesa dell’esistente.
- Cambio di direzione
Nell’ultimo
decennio l’offerta è stata ampliata senza porre le basi per il suo
mantenimento nel tempo. Tra il 2000 e il 2009, i posti nei nidi a
finanziamento pubblico sono cresciuti di oltre il 60% (da 110.000 a
180.000) (si veda il contributo di Fortunati alla Conferenza
Nazionale della Famiglia dello scorso novembre: www.conferenzafamiglia.it.
L’estensione della ricettività non è stata accompagnata, però,
dall’introduzione di modalità di finanziamento adeguate a
sostenere i costi della gestione ordinaria. Detto altrimenti, lo
sforzo teso ad aprire nuovi servizi è stato grande mentre minore è
risultato quello finalizzato a costruire le condizioni per mantenerli
nel tempo.
L’eredità
del decennio s’intreccia con le vicende più recenti. Le scelte di
finanza pubblica degli ultimi anni – in particolare le manovre
estive del 2008 e del 2010, e le più recenti decisioni di finanza
pubblica - si sono rivelate particolarmente penalizzanti per i
Comuni, cioè i principali finanziatori degli asili. Le decisioni
prese dallo Stato nei loro confronti presentano, infatti, alcune
peculiarità, che le differenziano dagli altri interventi compiuti
durante le crisi economica. Da un lato tali decisioni non paiono
interamente motivabili con essa perché in parte assunte prima della
sua esplosione, dall’altro le Municipalità sono state colpite più
degli altri livelli di governo (Stato e Regioni). Per finire, con il
2011 scompare il “Piano straordinario per lo sviluppo dei servizi
socio-educativi alla prima infanzia” (noto come Piano Nidi),
introdotto nel 2007 dal precedente Governo. Anche se gli stanziamenti
erano stati sinora modesti, il Piano rivestiva notevole importanza
perché la sua introduzione aveva significato riconoscere la
necessità di un sostegno dello Stato ai Comuni nel finanziamento dei
nidi e aprire la strada a un percorso che avrebbe dovuto portare
l’Italia al pari degli altri paesi europei.
Il
monitoraggio del Piano Nidi si trova in: politichedellafamiglia.it
- Stato
La
determinazione di questo scenario dipende in maniera decisiva dal
governo centrale. I Comuni stanziano la quasi totalità delle risorse
pubbliche destinate ai nidi, circa l’80%. Quello che è un
finanziamento esiguo rispetto alla spesa pubblica complessiva risulta
uno sforzo finanziario notevole per le loro disponibilità.
Anche
negli altri paesi europei i servizi alla prima infanzia sono stati
tradizionalmente finanziati dagli enti locali ma il quadro è
cambiato dalla metà degli anni ‘90. Sono state avviate numerose
riforme – ad esempio in Spagna, Francia, Germania e Gran Bretagna –
con la medesima logica. Davanti alla crescente domanda di nidi delle
famiglie e all’impossibilità dei Comuni di rispondervi con le
risorse disponibili i Governi centrali hanno realizzato Piani
nazionali, dotati di ampi finanziamenti propri e legati
all’attivazione d’incisivi sistemi di monitoraggio. Lo Stato ha
così riconosciuto che per rispondere alle domande dei cittadini non
può lasciare i Comuni da soli, ma deve agire anch’esso.
L’introduzione del Piano Nidi da parte del Governo italiano, nel
2007, sembrava aprire una strada in questa direzione anche nel nostro
paese. Dal 2011 il Piano non esiste più.
- Classe media
È
probabile che l’offerta di servizi a finanziamento privato continui
ad aumentare e quella pubblica no. La domanda di posti rimarrà ben
superiore all’offerta nel pubblico, che – per sua natura - quando
non può soddisfare tutte le richieste assegna priorità alle
situazioni di maggiore difficoltà economica e/o sociale. I servizi
privati, dal canto loro, sono costosi e la diminuzione del reddito
dovuta alla crisi ha reso difficoltoso accedervi a un numero
crescente di famiglie. Si rischia così un quadro composto da servizi
pubblici rivolti alle fasce più fragili, servizi privati per i più
abbienti e, nel mezzo, un insieme sempre più esteso di famiglie non
abbastanza povere da accedere al pubblico e non sufficientemente
benestanti da pagarsi il privato.
- Lavoro
Nei
servizi alla persona, tagli di bilancio, riduzione della qualità e
peggioramento delle condizioni di lavoro vanno di pari passo. La
tendenza a produrre servizi più economici sta mettendo in evidenza
alcuni rischi su questo versante, tra cui il ricorso a forme
contrattuali meno vincolanti per il datore di lavoro e di
conseguenza più precarie per il lavoratore. A fronte di contratti
meno tutelanti, e meno remunerati, si palesa l’incremento del
divario tra protetti e non protetti, tra pubblico e privato e il
ricorso a personale con minore qualificazione, in termini di titolo
professionale - dove è possibile - o in termini di esperienza.
- Qualità
Negli
ultimi quarant’anni il pensiero educativo e la ricerca pedagogica
nell’ambito dei servizi per la prima infanzia si sono molto
sviluppati, portando i servizi italiani tra i primi posti in Europa.
La minore disponibilità di risorse potrebbe tradursi, nei territori,
in azioni finalizzate al risparmio quali l’incremento del numero di
bambini per educatore, la minore qualificazione del personale e la
riduzione dei suoi momenti di aggiornamento e supervisione. Tutti
interventi che potrebbero indebolire il valore pedagogico del
servizio e il lavoro educativo con il bambino. Si tende spesso a
sottovalutare il valore della qualità mentre le ricerche dimostrano
che riveste un ruolo centrale nel determinare gli effetti benefici
dei nidi sullo sviluppo cognitivo e comportamentale dei bambini.
Cristiano Gori
Cristiano Gori